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AISG 2018

 
CONVEGNO AISG 2018

 
NUOVI CONTRIBUTI E RICERCHE SULLA STORIA
 
E LA CULTURA DELL'EBRAISMO.
 
 
Dal 3 al 6 settembre 2018, si è tenuto a Ravenna il Convegno "Nuovi contributi e ricerche sulla storia e la cultura dell'Ebraismo" organizzato dal prof Mauro Perani, presidente Aisg e Professore di Ebraico presso il Dipartimento Beni Culturali dell'Università di Bologna, con sede in Ravenna, via degli Ariani, 1.
 
Il Convegno presentava molte sezioni di studio, fra cui in modo speciale:
 
Antichità; Bibbia e Medioevo; Qabbala e Medioevo; Identità; Araldica; Storia; Filosofia; Storiografia; Stampa; Demografia; Letteratura ebraica contemporanea. I relatori, molto numerosi, provenivano da varie Università italiane: Università di Torino, Roma Tre, "La Sapienza" di Roma, Firenze, Bologna, Udine, Genova, Ca' Foscari di Venezia, Verona, Università della Calabria, del Salento, "L'Orientale" di Napoli,  Trieste, Palermo, Pisa, Istituto Telogico Marchigiano di Ancona;  e da molte Università straniere come The Open University Israel, Ben Gurion University of the Negev, CNRS di Parigi, Rothschild Foundation post doctoral Fellow Ephe di Parigi, INALCO di Parigi,  Gerda Henkel Foundation, The National Institute for Genealogical Studies, Università di Amburgo.
 
Nella sezione Filosofia molto interessante è stata la relazione del prof Giuseppe Veltri, dell'Università di Amburgo (autore del libro "Sapienza alienata. La filosofia ebraica tra mito storia e scetticismo" edito da Aracne), dal titolo "Indagine e dubbio nell'ebraismo; una lunga storia".  Veltri afferma che lo scetticismo ebraico non è una filosofia, non è dogmatico, ma è un'attitudine di vita; non semplicemente un atteggiamento di dubbio, ma molto di più. Esso avvicina la cultura ebraica a quella greco-romana, però, mentre la cultura ebraica nasce come cultura orientale, poi diventa cultura europea e trans-europea, fino a esistere a tutt'oggi, il pensiero greco-romano invece appartiene alla storia: non esiste una religione greco-romana o un pensiero greco-romano oggi, sebbene tale pensiero abbia gettato le fondamenta dell'Europa. La cultura ebraica non è monolitica, si è formata scontrandosi con altri pensieri e, in particolare con quello greco più che con quello latino.
 
Anche il cristianesimo, nato dalla cultura ebraica e greca, si connota come un fenomeno molto complesso: si discute se sia figlio o fratello dell'ebraismo; la differenza più evidente è che, mentre il cristianesimo ha una forte tendenza individualista, nell'ebraismo permane e impera la tendenza comunitaria. L'individualismo è dunque quella caratteristica che separa le due identità culturali; nella soteriologia ebraica non c'è una salvezza individuale (o è poco presente); essa è collettiva. Tale elemento è decisivo anche se non scevro di problemi e implicazioni antropologiche.
 
Secondo quanto ci insegna il Midrash, nel commento al discorso rabbinico c'è un mettere sempre un bastone fra le ruote, cioè trovare l'elemento debole, la questione che si presta alla dialettica, all'esperienza, alla logica. Platone dice: noi non conosciamo le cose, ma solo le relazioni fra le cose. Questo porta al relativismo, al riconoscere che ogni cosa è possibile. Dunque lo scetticismo ebraico è una investigazione, ma quando i pareri si sono confrontati, è impossibile arrivare a un giudizio finale. La contrapposizione resta e fa parte anche dell'esperienza di Dio, perché, dicono gli scettici, essa viene da Lui. Oggi si vive nella nostra società questa realtà di scetticismo, infatti c'è una dipendenza fra scetticismo e crisi. Lo scetticismo è un sintomo della crisi.
 
Che rapporto intercorre fra scetticismo ed ebraismo? Lo scettico è visto con sospetto, per il fatto che dubita e diffida di ogni credenza . Il suo dubbio è sconcertante, sconvolge e sgomenta. le sue domande possono disorientare, rovesciare opinioni ferme e sicure. Tutto questo ritorna in modo particolare nell'ebraismo. La sfiducia e il sospetto sono di frequente applicati all'ebraismo, considerato che una delle sue caratteristiche essenziali è discutere in modo critico ogni aspetto della vita. Questo è già evidente nel Talmud. Nell'ebraismo l'arte di imparare  non significa imparare a memoria qualcosa e ripeterlo all'infinito. Comporta invece un aumento continuo di dubbi su ciò che il maestro pensa e dice. Nel periodo talmudico e anche nei tempi successivi l'obiettivo dell'apprendimento era quello di fare al rabbi la (giusta) domanda, per trovare il punto debole della sua argomentazione. Mettere in dubbio l'autorità del filosofo, o rabbi, ricercare sempre, imparare a discutere e dubitare, non è altro che un'attitudine scettica: la ricerca è infatti eterna e si è eternamente discepoli.
 
Nella sezione Letteratura ebraica contemporanea, ho ascoltato con piacere
 
Stefano Perfetti dell'Università di Pisa, trattare il tema Le maschere di re David: metamorfosi ebraiche in Leonard Cohen
 
Leonard Cohen, fu cantautore e letterato, intellettuale, insignito di premi letterari, una voce nuova della letteratura canadese, insieme ad altri autori che intrecciano la loro ebraicità con tratti esistenziali, fra cui Abraham Moses Klein  che ha portato l'influenza di ebraico e Yiddish nella sua poesia, narrativa e giornalismo facendo un ritratto dettagliato e nostalgico, pieno di pathos, della vita ebraica.
 
La biografia di Leonard Cohen è molto interessante: vi si incontrano yeshivot lituane, imprenditori canadesi, monasteri buddisti. La sua famiglia era benefattrice della sinagoga di Montréal.
 
La composizione maggiormante intrisa di riferimenti biblici, ma anche di allusioni erotiche e di sentimenti contrastanti di ribellione è "Alleluya",  del 1984 .L'episodio a cui la canzone si riferisce è quello famoso di 2 Samuele 11, in cui Davide sale sulla terrazza della reggia e di lì vede Betsabea, moglie di Uria l'Ittita, fare il bagno. Davide, in preda a manie di grandezza,  la manda a prendere e giace con lei, compiendo adulterio. Il re dunque è confuso e perplesso, preda dei suoi moti umani. La prima strofa di Alleluya parla del re David musico, come proiezione di L. Cohen stesso. Nella seconda strofa compare la dimensione erotica, con procedimento psicoanalitico: Betsabea diventa attiva, come Dalila che carpisce il segreto di Sansone. Davide è vinto dalla lussuria e il suo agire lo condurrà alla rovina.
 
Gettata la maschera Cohen-David si rivela per quello che è: ricercatore della parola, ossia poeta. La forza della parola è tale da levarsi in un Alleluya, non importa se disperato o sacro. David-Cohen compie un ultimo atto di superbia, ergersi di fronte  al Dio della canzone cui si è votato. Da tanta carnalità sconfitta nasce l'Alleluya, in cui si sciolgono tutte le tensioni. Dunque alla fine non il Miserere, ma un Alleluya di abbandono. Si coglie un'iridescenza di luce in ogni parola, nelle contraddizioni irrisolte c'è una ragione. E una possibilità della teofania anche nelle debolezze. E' una riconciliazione, una resa totale. Non c'è differenza fra perdere e vincere.
 
Altre opere in cui Cohen si richiama al re David sono Before the story da The Spice-Box of Earth e Book of Mercy, raccolte di poesie in cui troviamo  valori della regalità davidica, desiderio di redenzione e pentimento, processi psichici in cui il sacro passa per il carnale: l'ossessione di Cohen per le figure bibliche è un ebraismo post moderno, libero, con processi di esperienza esistenziale (e chassidica) e con fortissimi richiami liturgici.
 
 
Giovanna Fuschini
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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