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Israele e Palestina

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UN MOSAICO DI VOCI:
UN VIAGGIO IN ISRAELE E PALESTINA PER SCOPRIRE, INCONTRARE, ASCOLTARE


Dal 27 aprile al 4 maggio, l'Associazione italiana Amici di Nevé Shalom-Wahat al Salam ha organizzato un viaggio in Israele e Palestina, che ha coinvolto un gruppo di 26 persone. Abbiamo scelto di avere guide locali – una ebrea, una palestinese e una cristiana – per dare voce a punti di vista diversi, accostandoli come tasselli di un puzzle. Abbiamo incontrato tante associazioni e soggetti che affrontano nel quotidiano le varie declinazioni del conflitto e lavorano per il dialogo: dal professor Sami Basha, docente di pedagogia alla Palestine University di Betlemme, alla appassionata giornalista ebrea Manuela Dviri, che ha dato vita al progetto “Saving children”, grazie al quale i bambini palestinesi vengono curati in ospedali israeliani. Da Daniela Yoel,membro di Machsom Watch (associazione di donne israeliane che fanno presenza ai check point), a Combatatnts for Peace, organizzazione che riunisce ex soldati israeliani ed ex combattenti palestinesi, alla realtà israeliana di ICAHD, che si occupa del problema della demolizione delle case. Tappe principali sono state Gerusalemme, Betlemme e Hebron, Masada, il deserto del Negev, Tel Aviv, Jaffa. Punto d'arrivo e di “sintesi” il Villaggio, nel quale abbiamo soggiornato gli ultimi tre giorni, come raccontato in seguito da Davide.


CON PAROLE MIE
di Davide Lanzarini


Ammetto di essere partito un filo preoccupato per la mia capacità di mantenermi oggettivo. In preparazione al viaggio, i miei conoscenti mi fornirono entusiasti consigli e letture: ciononostante partivo preoccupato per l'influenza che questo paese pieno di meraviglie e contraddizioni avrebbe potuto esercitare su di me. Fortunatamente l'organizzazione del viaggio sopperì a tutto questo, e mi ritrovai a osservare Gerusalemme con le sue mille luci notturne dalla prospettiva del Monte degli Ulivi, e poi a camminare al suo interno, osservando la differenza schiacciante tra la parte Est e quella Ovest, primo contrasto di una lunga serie.
Credo di aver capito che se c'è una cosa che conta laggiù è stare attenti alla dualità, perché, in una situazione di così forti tensioni, dare attenzione solo a una parte ti porta inevitabilmente a schierarti.
E, come ci hanno detto poi, tornare da Israele con meno dubbi di prima significa che non si è scavato abbastanza a fondo. Questo dualismo lo comprendi bene  girando per Gerusalemme. E bisogna sapersi commuovere davanti ai bambini nelle viuzze di Hebron come davanti al Monumento dei Bambini a Yad Vashem. Occorre indignarsi, come Daniela Yoel e le donne israeliane di Machsom Watch davanti all'inumana situazione dei checkpoint, o gli attivisti di ICHAD davanti alla demolizione delle case palestinesi. Occorre opporsi , come i Combattenti per la Pace come Sagi, incontrato al Villaggio; guardare negli occhi i commerciani di Hebron e ascoltare le voci di quanti in Palestina gridano al dialogo e invocano giustizia. Bisogna farlo: è necessario e quantomeno umano.
Ed è proprio in questo rispetto per entrambe le identità che il Villaggio mi ha colpito. Spostarsi da Gerusalemme alla quiete di Nevè Shalom-Wahat al Salam può lasciarti per un attimo rintronato. Ti chiedi che fine abbia fatto il traffico di turisti, pellegrini, venditori ambulanti e ortodossi diretti o di ritorno dalla preghiera. E forse, dopo tanta confusione,la Casa del Silenzio è quanto c'è di meglio per affrontare dentro di sé quanto si è visto e toccato con mano nei giorni precedenti. È una quiete diversa dall'assolato silenzio del Negev, che pure è pieno di vita. Lì capisci veramente perché si chiami “Oasi di Pace”. Eppure è un'oasi di pace che si affaccia su un paese in tempesta. Anche se la tempesta non la vedi, la puoi però percepire. È tutta intorno a te, nonostante la familiarità con cui i locali trattano posti di blocco, torrette fortificate o soldati in transito. A quel punto sorge la domanda: ma è un'oasi di transito o un punto d'arrivo? Mi piace pensare che sia il traguardo finale di un lungo e tortuoso viaggio che questi due popoli stanno compiendo. A Nevé Shalom, dove si pratica la pace tra le sue difficoltà e i suoi dolori, dove le due identità cercano il confronto e il rispetto delle reciproche identità, puoi veramente sognare un'oasi di pace. A Nevé Shalom l'intricato mosaico di contraddizioni lo puoi riordinare. Puoi far combaciare tutte le differenze proprio perché è di differenze che vengono riconosciute ed accettate che si parla. Annullare completamente una o l'altra delle parti in gioco, o mantenerle in contrasto in eterno, non funziona.  Devi capirle, conoscerle e riconoscerle, per poi poterle far combaciare senza che nessuna delle due  perda la sua peculiarità. È con un augurio di pace che chiudo la mia testimonianza.

 
 
 
 
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