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Il canone biblico ebraico
(Rav Luciano Meìr Caro)


Per canone biblico si intende la raccolta di quei Libri, che fanno parte del patrimonio ebraico, che molti chiamano "primo Testamento", o "vecchio Testamento" o "antico Testamento" e che per noi sono semplicemente "il Testamento". Dal punto di vista formale cos'hanno questi Libri di specifico? Noi li chiamiamo "Scritti Sacri" e cioè quei Libri che noi riteniamo non siano il parto di una mente umana, ma siamo convinti che in essi ci sia un coinvolgimento divino; cioè essi sono uno strumento attraverso il quale il Padre eterno si è rivolto al genere umano in generale e al popolo ebraico in particolare.
Si tratta di 24 Libri, divisi in tre parti, che vanno sotto il nome di Torah, Neviìm e Ketuvìm; Torah, che vuoi dire la Legge, la Norma e sono i 5 Libri del Pentateuco, attribuiti a Mosè; i Profeti, a loro volta divisi in Profeti anteriori e Profeti posteriori o profeti maggiori e minori e infine gli Agiografi, cioè una serie di Libri su argomenti vari, scritti da autori diversi in tempi diversi. Tutti questi Libri, dunque, hanno in comune la loro ispirazione divina. Che cosa significhi ispirazione, poi, nessuno lo sa; è piuttosto una specie di sensazione, che determinati Libri provengano da Dio; non è dimostrabile che provengano da Dio, ma non è nemmeno dimostrabile il contrario. Gli Ebrei in generale, così come il mondo cristiano, partono dallo stesso presupposto, che cioè questi siano Libri, leggendo i quali noi, in qualche modo, dobbiamo intuire un messaggio che proviene direttamente da Dio.
Come si è arrivati a determinare che certi Libri facevano parte del canone e altri no? E evidente che questo processo è stato piuttosto lungo nel tempo e ha avuto degli alti e bassi; la conclusione di tale processo si è avuta ai tempi del cosiddetto "secondo Santuario". Nel 530 a.E.v. Ciro, re dei persiani, consente agli Ebrei, deportati in Babilonia di fare ritorno alla loro terra e di ridare vita a un'entità statuale più o meno indipendente. Così avviene: gli Ebrei ritornano e rifondano un loro stato, dove ricostruiscono il loro Santuario. Detto così sembra molto semplice, ma è stato un processo che ha occupato molti anni e che richiama tantissimo la situazione di oggi, con la fondazione dello Stato di Israele nel 1948; se leggete i Libri di Esdra e di Neemia, sembra di leggere i giornali di oggi.
Questo periodo, che va, appunto, sotto il nome di "periodo del secondo Tempio" è una fase straordinaria della storia ebraica e si protrae dal 530 a.E.v. fino al primo secolo dell'era volgare, quando lo stato ebraico sarà ancora distrutto dall'invasione romana, che distruggeranno il secondo Tempio. Questo ritorno degli Ebrei da Babilonia è stato accompagnato da due personaggi di grandissimo spicco: Esdra e Neemia, tra l'altro titolari o autori di due Libri del canone. Mi soffermo su questa cosa, perché è importante. Forse l'ebraismo attuale è la continuazione di un ebraismo reinventato da Esdra, perché questi Ebrei rimpatriati avevano delle idee molto nebulose sulla loro identità;
c'era una forma molto generica e inquinata di monoteismo, perché l'approccio con popolazione diverse aveva creato una specie di sincretismo. Bene, Esdra dice: a questo punto dobbiamo ricostruire non soltanto l'identità politica del nostro popolo, tenuto conto che abbiamo una grossa diaspora che è rimasta in Babilonia, con la quale fra l'altro c'era abbastanza concorrenza, non dico odio, perché i rimpatriati dicevano: noi siamo i veri depositari della cultura, mentre voi vi state assimilando; e gli altri dicevano: voi siete una piccola minoranza di fanatici, i veri ebrei siamo noi. Ma succede anche così. Bene, Esdra vuole chiarire che cosa siamo esattamente noi. Cos'è che ci distingue dai popoli pagani che vivono in mezzo a noi? Ha così cercato di prendere alcuni provvedimenti, abbastanza impopolari, ad es. il volersi liberare dai sedimenti di un esilio di 70 anni; la spina nel fianco era costituita dal fatto che molti Ebrei erano ritornati da Babilonia con mogli e figli babilonesi e quindi figli saturi di cultura pagana. Esdra comanda di rimandare tutte le donne babilonesi e i loro figli. Lui ha tentato e ovviamente non ci è riuscito, perché una cosa simile era impensabile; le cose poi si sono aggiustate in qualche modo. Tra le altre difficoltà c'era anche quella di riuscire a reidentificare quali erano i veri sacerdoti, che potessero condurre il culto nel Santuario. Questi erano i problemi pratici coi quali Esdra e Neemia si dovettero scontrare tutti i giorno.
Al di fuori di questo c'erano anche altri elementi, di carattere più ideologico: che cosa siamo noi? Che cosa distingue un Ebreo e un pagano; dov'è la linea netta? Era sempre rimasta qualche linea di paganesimo anche all'interno del popolo ebraico e quindi Esdra pensa che fosse giunto il momento di ricostituire il vero ebraismo. Tra le altre cose volle ricostituire la lingua ebraica, eliminando i dialetti assiro e babilonese. Inoltre si pensò a riappropriarsi anche della forma delle lettere; pare che gli Ebrei scrivessero l'ebraico adoperando lettere cuneiformi o cose del genere. Quindi si consultarono alcuni testi proprio per vedere come realmente era fatto l'alfabeto. Questa cosa gli è riuscita; ma, cosa paradossale, questo nuovo alfabeto ebraico, ricostruito dai testi antichi, ha preso il nome di asshurìt, cioè ebraico assiro. Così per ebraico assiro si intende l'ebraico originale: un nome che è esattamente il contrario di quello che doveva essere.
Un'altra questione era questa: quali sono i Libri che circolano, che per noi hanno valenza religiosa? Potete immaginare come circolasse una serie di letteratura, di libri di vario genere, alcuni visti di buon occhio, altri meno, ma la *ente non aveva la percezione di quali fossero importanti e quali no. Esdra stabilisce che è giunta l'ora di fare chiarezza su questa cosa. Ha cominciato questa operazione, durata molti decenni e portata a termine dai cosiddetti 'uomini della Grande Assemblea", che era un organismo a metà strada tra un organismo politico e un organismo religioso, inventato da Esdra. Egli aveva cioè riunito alcune persone saggi alle quali erano richieste risposte cogenti sulle problematiche che noi vi poniamo. Non sappiamo quasi niente di questo organo, fuori del nome, anche se è citato molto spesso anche nel Talmud; probabilmente perché funzionava bene e in silenzio ed è andato avanti per circa trecento anni. Da esso è nato quello che è grosso modo l'ebraismo attuale. Esdra, iniziatore e questa grande assemblea hanno, tra gli altri problemi, trattato la questione dei Libri da conservare o no.
Bisogna tener conto anche di una difficoltà pratica, che cioè i libri, anticamente, si conservavano sotto forma di rotoli, scritti su pezzi di pelle, poi cuciti e arrotolati. Come noi oggi ancora facciamo per il rotolo della Torah che leggiamo nei riti sinagogali. Questa forma particolare rendeva la produzione molto dispendiosa, sia per il materiale che per il tempo, che anche per la lettura, perché trovare un punto particolare di una meghillà era ben difficile. Anche per questo non valeva la pena conservare e venerare libri che non avessero vero valore. Dal 500 in poi esisteva un'ampia letteratura ebraica, che però è così andata perduta per grande parte, perché non è stata riconosciuta come di valore religiosa. Alcuni di questi libri sono citati nelle Scritture, ma noi non li conosciamo più; ad es. il "libro delle guerre di Dio" o il "libro della storia dei re di Giuda e di Israele". C'erano altri libri che, per qualche motivo, pur essendo per contenuto molto simili ai Libri sacri, non sono stati ammessi nel canone e quindi sono andati un po' in disuso e poi ritrovati.
Quale sia stato il vero criterio di selezione, non lo sappiamo. Perché alcuni libri dentro e alcuni fuori, non lo sappiamo. Alcuni parametri, però, si possono intuire. Ad es. un libro dove non venga citato il nome di Dio, è meglio lasciarlo perdere; per questo c'è stata grande discussione su alcuni libri dove non si parlava di Dio, come il Qoèlet, o Ester. Anche sul profeta Ezechiele o sul Cantico ci sono stati grossi dubbi e discussioni.
Un altro parametro era costituito dal fatto che esistesse il Libro in lingua originale; di alcuni libri sembra che circolassero delle traduzioni non in ebraico e quindi non sono stati conservati. Credo che questa sia stata la sorte dei Maccabei, che circolavano soprattutto in greco.
Un ulteriore elemento è che alcuni Libri sacri erano letti in circostanze particolari, per cui ormai erano entrati nel patrimonio religioso di Israele, della sua cultura popolare; forse il Cantico per i matrimoni o per lo Shabbàt.
Per quanto riguarda la Torah e il libri profetici non ci sono state quasi per niente difficoltà, se non in casi isolati, forse perché i libri profetici sono ricchissimi di questa espressione: Così dice l'Eterno, il che significa che qui è Dio che parla. In Ezechiele ha costituito problema il primo capitolo, perché troppo difficile da comprendere da parte della gente. La descrizione del carro usa anche parole incomprensibili, come l'enigmaticissimo chasmàl, che indica qualcosa di elettrico, di energetico, ma non si sa spiegare bene. Un midrash racconta che avevano pensato di sottrarre alla lettura pubblica Ezechiele, perché un ragazzino aveva capito che cos'era questo chasmàl ed è morto bruciato. Invece poi il Libro di Ezechiele è stato accettato nel canone. Il primo capitolo di Ezechiele, insieme al primo capitolo della Genesi, secondo la tradizione ebraica, è fortemente sconsigliato che si legga da soli; bisogna leggerlo insieme a un compagno, perché sono troppi difficili e da soli si può andare facilmente fuori strada.
Non bisogna dimenticare che questo lavorio dell'accettazione dei testi, era accompagnato da un altro lavoro, che era quello della fissazione del testo, perché molti libri erano solo ripetuti a memoria e non esistevano testi scritti. Quindi occorreva stabilire qual era il testo più vicino all'originale. Inoltre bisognava fissare la vocalizzazione; sapete che nell'ebraico originale non esistevano vocali, né divisioni in capitoli e segni di interpunzione. Questa operazione è stata molto lunga e si è conclusa nei primi secoli dell'era volgare; forse nell'VIII-IX secolo se ne parla ancora di questo. Per quanto riguarda il testo della Torah, che dovrebbe essere quello più vicino a noi, esiste anche il testo samaritano, conservato dai Samaritani, che si discosta molto dal testo tradizionale nostro.
Però possiamo dire che all'incirca 250 anni prima dell'Era volgare abbiamo una situazione di testi sacri molto vicina alla nostra.
Nel testo della mishnà c'è un tentativo di definire quali sono i testi sacri e quali no. Si dice che i testi sacri sono quelli che rendono impure le mani. Cosa vuoi dire? Pare che ai tempi del Santuario c'era la terumà - elevazione, una forma di offerta, cioè la parte che il contadino doveva prelevare dal suo raccolto dandola direttamente ai sacerdoti, i quali avevano l'obbligo di mangiare questa cosa in stato di purità rituale. Sembra che i sacerdoti, quando ricevevano questi prodotti, qualunque cosa fosse - grano, frutta, ecc. - la riponessero da una parte, proprio per sottolineare che bisognava mangiarlo con una certa attenzione, in condizioni particolari. E dicevano: siccome questa cosa ha una sua sacralità, mettiamoci insieme anche quei Libri che hanno una certa sacralità. Poi si. sono accorti, dopo qualche decennio, che i magazzini dove si deponevano le offerte, erano sovente visitati dai topi; così queste derrate alimentari, a contatto coi topi, perdevano la sacralità e se la perdevano loro, la perdevano anche i libri, per cui i sacerdoti che li toccavano, contaminavano le loro mani. Da qui la tradizione popolare che i testi che contaminano le mani sono sacri.
Un altro elemento è che si fa distinzione, sempre nella mishnà, tra quei testi che è obbligatorio salvare di sabato in caso di incendio; se in una casa, di Shabbàt, scoppia un incendio in una stanza dove sono conservati i libri sacri, noi possiamo entrare a contatto col fuoco - sempre che non si metta a repentaglio la vita - per salvarli.
La tradizione normativa ebraica ha stabilito le seguenti norme da tenere nei confronti dei testi sacri. Primo: dobbiamo comportarci con rispetto. Non posso prendere in qualsiasi modo un Libro sacro tra le mani, né adoperarlo per altri scopi, ad es. come supporto per appoggiare altre cose. Non bisogna però cadere nell'idolatria. Un'altra attenzione è il cosiddetto shirtùt; si tratta di una questione di carattere tecnico: per scrivere gli antichi testi, adoperavano un supporto o di pelle o di pergamena, sul quale lo scriba doveva tracciare le righe prima di scrivere, in modo che la scrittura sia regolare e bella. Quindi quando un tale scrive un testo sacro, deve adoperare questo metodo, per creare un testo bello e piacevole da leggere. Chi trascrive un Libro sacro, deve farlo da un testo scritto e non a memoria; questo ha fatto sì che nei nostri testi originali si sono conservati degli errori, ad es. nella Torah ci sono, ogni tanto lettere un po' più grandi o un po' più piccole o lettere ali'incontrario o cose che non riusciamo a capire, o lettere che hanno un puntino sopra o sotto. Ci sono due ipotesi: questi segni, che noi non capiamo, hanno un loro significato, quindi se una lettera è scritta più grossa, vuoi dire che deve essere scritta così; oppure è accaduto semplicemente che uno scriba 1000 anni fa, 6000 anni fa o 2000 anni fa ha fatto una lettera più piccola o più grande, o gli è caduta una goccia di inchiostro, che ha creato un piccolo punto. Comunque quando noi trascriviamo un testo sacro, non abbiamo il diritto di cambiarlo minimamente, ma dobbiamo fare un'operazione fotocopia; anche se una cosa sembra un errore, tu trascrivilo così, perché non sei tu che devi giudicare.

Ancora, un testo, considerato sacro, è proibito distruggerlo o bruciarlo. Ove ci sia un testo non più utilizzabile, per qualsiasi motivo, non posso buttarlo via, ma devo riporlo nella ghenizà, cioè un ripostiglio apposta e lo metto via in modo decoroso, in modo che sia, poi, il tempo a distruggerlo completamente. Tale ghenizà - ripostiglio - esiste in tutte le comunità ebraiche e può essere una stanza, un armadio, un cassetto, dove vengono deposte tutte quelle cose, o anche solo frammenti di esse, che non possono più servire per la vita sinagogale. Si può intervenire in questo modo: prendere tutto il contenuto della ghenizà, ogni tanto, e andare a seppellirlo al cimitero, o anche assieme a una persona importante che muore. Grazie a questo si sono conservati dei testi che altrimenti si sarebbero perduti per sempre. 150 anni fa è stata trovata una ghenizà, che era una stanza murata e nascosta, piena zeppa di materiale, anche importantissimo e non conosciuto. Forse una cosa simile può essere capitata anche a Qumràn.
Un midrash molto bello dice che le lettere dei sacri in decomposizione, dovunque si trovino, non vanno perse, ma si staccano dalle pagine e vanno a finire nelle penne degli scribi di oggi; a dire che il testo scritto dal dito di Dio non cambia, ma continua a raggiungerci, in ogni tempo e in ogni luogo, così come Lui ce lo ha voluto far conoscere, poiché Hashèm è buono ed eterna è la sua Chésed per noi.


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