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LE CORRENTI AMERICANE DELL'EBRAISMO
(Conferenza di Rav Luciano Meir Caro Forlì, sala del Municipio, 5/4/2001)


Vi dico subito che amo molto gli ebrei americani perché hanno, come credo gli americani in generale, un atteggiamento qualche volta un po' puerile, un po' ingenuo e molto più diretto di quello che abbiamo noi europei. Non faccio un discorso ebraico o non ebraico, ma in generale l'europeo ha dietro di sé una cultura millenaria, eccetera, e stiamo molto attenti a come parliamo.. Non sempre abbiamo una sincerità completa in quel che diciamo, perché siamo condizionati dall'ambiente, dal nostro interlocutore. Quello che è capitato di vedere, secondo l'esperienza mia, è di avere quando si parla con gli americani un rapporto molto più diretto.
Naturalmente faccio un discorso che è molto generico, con delle connotazioni, per quanto attiene all'ebraismo, molto speciali. Vi dico subito: succedono, fra gli ebrei americani, delle cose che non sarebbero concepibili qui da noi. Quando ero rabbino a Firenze ho avuto occasione di frequentare la base americana di Canderby, sapete, vicino a Livorno c'è una grande base americana che fa parte della NATO e così via. Sono andato in visita e ho avuto occasione di incontrare dei rabbini militari che operano nell'ambito della base. La prima volta che sono andato ho chiesto del rabbino e allora mi hanno mandato da un pastore protestante, "questo è il rabbino", e non riuscivo proprio a capire come ci fosse un rabbino con la croce, poi l'ho capito. Era una persona straordinariamente simpatica, la quale - era aprile, ricordo ancora, proprio la stagione in cui siamo adesso, la vigilia della Pasqua ebraica - la quale mi ha ricevuto, ma mentre mi stava ricevendo, - era un uomo di colore, giovane ma simpaticissimo - aveva tre o quattro telefoni bollenti,    stava imprecando in tutte le lingue compreso l'inglese, parlando contemporaneamente con una base americana in Germania, con Washington, con l'Alaska, con il Canada, eccetera, dicendo delle bestemmie piuttosto grosse, perché non avevano le mazzot per Pesach, il pane azzimo: "io ne ho bisogno! me le dovete mandare entro domani! come faccio?" eccetera. Io sono rimasto un po' stupito, vedere un pastore protestante che litigava per..., poi mi hanno spiegato che in quella base non c'è sempre...c'è un rappresentante del culto, chiunque sia - può essere un sacerdote cattolico, un pastore protestante, può  essere anche un rabbino  - il quale è jì rappresentante religioso. Chi ha dei problemi va da lui. Quindi successivamente ho incontrato il rabbino. A seconda di quello che c'è disponibile in quel certo momento, lì si occupa di tutto. Quindi può esserci un rabbino che deve essere anche qualificato a confessare la gente, a somministrare i sacramenti, l'estrema unzione, eccetera, è una cosa per loro naturalissima,  naturalissima,  perché  dice:  in questo  momento  io rappresento l'aspetto religioso, chi ha bisogno viene da me, non sta a guardare se sono un rabbino, un pastore protestante... Ma per loro è la cosa più naturale di questo mondo, per noi europei invece una cosa del genere è inconcepibile. Poi una volta ero rabbino a Trieste, è arrivata una portaerei in rada e mi hanno invitato a visitarla. E' un'esperienza favolosa entrare in una portaerei, chi non l'ha mai provato non ha idea di cosa sia; e il comandante della nave era un ebreo, e vedevo che anche lui si comportava... non era un rabbino, era un ebreo semplicemente, ma era il comandante della nave, ed era tutto preoccupato perché doveva dispensare le licenze. Non so che festa era, se era la Pasqua cristiana, non lo so che cosa era, ma era espertissimo nella materia, quindi loro hanno un atteggiamento nei confronti... e d'altra parte in certi settori sono più seri.
Altra esperienza: sono andato qualche anno fa in Sicilia, alla base americana di Sigonella. Siamo stati ospiti col nostro gruppo, ci hanno offerto da mangiare, hanno anche il cibo kasher, secondo il rito, hanno tutto praticamente, sono dei piccoli Stati, non manca assolutamente niente. A un certo punto io ingenuamente, con i miei amici ebrei, dopo mangiato abbiamo detto: bene, adesso recitiamo la benedizione dopo il pasto. Ci accingevamo a far questo, è arrivato molto educatamente un ufficiale che ha detto: mi dispiace ma non si può fare; nella sala da pranzo comune non ci può essere nessuna manifestazione religiosa da parte di nessuno. Se volete vi diamo una stanza, voi andate là dentro, fate tutti i riti che volete, però questo non deve interferire con la vita pubblica della base. Nella base ci possono essere dei non ebrei o anche degli atei i quali non hanno piacere che venga celebrata qualsiasi forma di culto di qualsiasi religione. Quindi nei posti collettivi nessun aspetto, non ci sono crocefissi, non ci sono preghiere, niente. Un tale vuole gestirsi le sue cose? Se le gestisce in un luogo privato. Un'altra cosa bizzarra, parlo sempre della portaerei, era che il comandante mi ha portato a visitare la sinagoga. E' per dirvi che idee diverse hanno rispetto a noi. Dunque mi ha portato a vedere la sinagoga, tutta elettronica, un bel locale con fuori tre pulsanti, in uno c'era la stella a sei punte, in un altro c'era la croce, in un altro la mezzaluna. Quindi a seconda che... un tale entra e vuole pregare ebraicamente, schiaccia e immediatamente trova un locale predisposto come sinagoga, con l'armadio con i rotoli sacri a oriente, automaticamente va verso oriente. E' vero! Hanno problemi di spazio e quindi hanno un unico luogo di culto. Un tale è musulmano, schiaccia, trac, sparisce tutto, compare un grande tappeto, sulle pareti compaiono i versetti del Corano e automaticamente si dà la direzione della Mecca. Arriva un cristiano, schiaccia la crocetta e viene fuori tutto quel che è necessario. Ora, vi immaginate una cosa del genere qua? Per noi sarebbe o ridicola o scandalosa. Per loro è naturalissimo. Ognuno prega a modo suo e deve avere a disposizione quello di cui ha bisogno. Dunque vedete che diversità di atteggiamenti nei confronti della religione; da un certo punto di vista estremamente laici. Nei posti comuni nessuna manifestazione religiosa che potrebbe turbare, qualcuno e dall'altra parte la massima libertà e il grandissimo rispetto l'uno per l'altro.

Grosso modo, molto rapidamente: i primi ebrei sono arrivati negli Stati Uniti nel XVI secolo e fra questi moltissimi, una grande componente, di marrani,
cioè quegli ebrei che, scacciati dalla Spagna nel 1492, cercavano rifugio da qualche parte. Quindi i primi insediamenti sono stati di ebrei che a loro tempo si erano battezzati per salvare la pelle o salvare gli averi. Una seconda ondata si è avuta alla metà del 1600 con dei marrani che arrivano negli Stati Uniti dal Brasile, quindi prima sono andati in Brasile, poi si sono trasferiti negli Stati Uniti. E' nel XK secolo che comincia la grande migrazione dall'Europa, una migrazione soprattutto askenazita; quando dico askenazita non so se sia molto chiaro. Gli ebrei si dividono - se c'è una cosa in cui gli ebrei sono molto bravi è nel dividersi, eh? - si dividono in almeno tre grandi gruppi, ognuno dei quali è diviso in centomila sottogruppi. I tre gruppi sono: gli ebrei cosiddetti italiani, quelli che sono stanziati in Italia da circa 2000 anni. Qual è la differenza fra i vari gruppi? Soprattutto il modo di pregare, la pronuncia dell'ebraico e le preghiere, il canto delle preghiere e l'ordine delle preghiere. Le preghiere sono sempre le stesse, solo che c'è un salmo prima, un salmo dopo, delle cosette che sono impercettibili, per le quali sono successe delle guerre però! E  poi, oltre  a  questo  aspetto  della liturgia  e  della pronuncia dell'ebraico, anche alcune differenze di carattere soprattutto culinario, perché a seconda delle proprie origini, ognuno si porta dietro le proprie tradizioni. Quindi gli ebrei italiani, che sono la grande minoranza nel mondo, si portano dietro le tradizioni cosiddette italiane. Pare che siano i più antichi ebrei che sono nella diaspora, perché esisteva una comunità ebraica a Roma quando ancora esisteva lo Stato ebraico nel primo secolo, prima della distruzione ad opera dei Romani. Poi ci sono gli ebrei askenaziti, cioè quegli ebrei che erano stanziati nell'Europa settentrionale ed orientale. Noi, così, con una parola molto generica, diciamo ebrei tedeschi; non sono tedeschi, perché c'è di tutto, ci sono russi, polacchi, ungheresi, austriaci. E' gente che si porta dietro una pronuncia dell'ebraico tutta particolare, che ha delle assonanze con la lingua tedesca e slava e dei modi di mangiare tradizionali. Mangiano delle porcherie assolute, per me; per loro sono dei manicaretti, non so se avete mai sentito parlare del Gefilte fish. Tra l'altro la lingua che hanno inventato, lo jiddish, una specie di dialetto in cui c'è ebraico, russo, polacco, gergo, c'è di tutto. Il Gefilte fish è un loro cibo prelibato che consiste in un pesce, credo che sia una carpa, lavorato in modo tale, con dello zucchero, delle carote, qualcosa di atroce, veramente, ma che per loro è.la quintessenza, ma per noi è quella cosa che quando è buonissimo non sa di niente, e, quando non è buonissimo, fa schifo. Ecco, (ridendo) questa è la mia connotazione di ebreo italiano. No, ecco, che so io, un polinesiano, se gli date la pastasciutta, non so fino a che punto sia capace di apprezzarla.
Quindi, ebrei italiani, ebrei askenaziti, grossa componente, e gli ebrei sefarditi.
Per sefarditi intendiamo quegli ebrei stanziati nel bacino del Mediterraneo, Africa settentrionale, penisola iberica. Questi quindi, vicini al concetto arabo e spagnolo, con tutte le connotazioni, le diversità del modo di pregare, pronuncia diversa... gli ebrei sefarditi mangiano il cuscus, non mangiano mai il Gefilte fish, ma il cuscus, che è un cibo di origine araba. Ecco, va beh, queste sono le tre grandi componenti dell'ebraismo. Un tale che stia al di fuori e cerchi di capire le differenze tra loro, non le capisce, perché sono talmente impercettibili che dall'esterno non si riconoscono. Ecco.
La grande migrazione negli Stati Uniti avviene nel XIX secolo dalle comunità askenazite, quindi dall'Europa settentrionale e orientale che erano sottoposte a grandi forme di persecuzione. Dal 1800 in poi ci sono negli Stati Uniti alcune manifestazioni, ma piuttosto rare, di antisemitismo, non certo quelle che abbiamo avuto in Europa, ma in generale gli ebrei erano, nella società americana, connotati, apprezzati, per la grande voglia di lavorare, per l'entusiasmo, per uno spirito particolarmente cosiddetto americano. Dovete sapere che gli ebrei sono sempre all'avanguardia, quando arrivano in un posto sono all'avanguardia in tutte le cose, in quelle positive e in quelle negative. Se un ebreo arriva in un posto di pettegoli, lui diventa il più grande pettegolo, arriva in un posto di industriali, diventa il più grande industriale, in un luogo dove ci sono dei premi Nobel, lui diventa il più grande premio Nobel. Quindi noi siamo sempre un passo avanti agli altri, ma anche nelle cose negative, eh. Quindi non sempre nelle cose positive. Dunque avevano un grande spirito imprenditoriale americano, di chi arriva in un paese nuovo e vuoi intraprendere nuove iniziative.
La maggior parte di questi ebrei - oggi quando parliamo di ebrei americani, anche noi ebrei diciamo: ah, il riccone, è arrivato lo zio Sam che ci porta i dollari - ma la maggioranza di questi ebrei americani, alla fine dell'Ottocento, erano mercanti ambulanti, quindi dei poveracci che cercavano di far carriera. Quindi pensate che dal 1890 in poi un terzo degli ebrei che stavano in Europa emigra negli Stati Uniti e cambia il suo sistema di vita; sono usciti dai ghetti europei e danno vita a un'altra modalità di condurre la propria esistenza. Si forma una quantità di organizzazioni, di confraternite, di organizzazioni sul piano assistenziale, sociale, e si viene a creare da allora in poi un originale pluralismo religioso. Parlo sempre della comunità ebraica, della quale parleremo... subito praticamente, pluralismo religioso fra tre componenti dell'ebraismo; non si parla più di askenaziti, sefarditi, italiani, ma si pala di ebrei ortodossi, ebrei riformati, ebrei conservatori - o conservativi. Una quantità di federazioni, finché nel 1914 si viene formando un'organizzazione chiamata Joint che coinvolge tutti gli aspetti della vita ebraica americana organizzata, soprattutto allo scopo assistenziale. Quindi tutte queste componenti, anche molto diverse sul piano ideologico, si confonderanno per dare origine a un'organizzazione. Al di fuori delle differenze di carattere religioso interno, collaboreranno. La Joint fra l'altro si è data moltissimo da fare dopo la seconda guerra mondiale con degli aiuti notevolissimi alle comunità europee che stavano cercando di ricostruirsi dopo la Shoah, dopo la persecuzione. Quindi un'organizzazione potente e forte anche con delle implicazioni nei confronti del governo americano, quindi una lobby abbastanza considerevole. Oggi ci sono negli Stati Uniti circa... non esiste un'organizzazione comunitaria come la nostra, non ci sono delle comunità con degli iscritti, per cui io vi posso dire all'incirca quanti sono gli iscritti alla comunità di Bologna, di Torino eccetera, hi America non c'è l'iscrizione a una comunità, ma l'iscrizione a una sinagoga, anche a causa delle grandissime distanze. Un ebreo che abiti a Los Angeles per andare da un estremo all'altro della città, credo che gli ci vogliano due o tre ore di macchina. Credo. No? Ci sono, grosso modo negli Stati Uniti, circa sei milioni di ebrei, divisi in tantissime organizzazioni che si caratterizzano per un grande impegno nella lotta contro le discriminazioni razziali di qualsiasi genere. Il problema importante, che non riusciamo a capire, almeno io non riesco a capire, credo che sia difficile da capire per noi, è che i rapporti con le comunità di colore americane sono un po' freddini o di contrasto, nonostante che si tratti di due minoranze tutte -due perseguitate per motivi di carattere... ci si aspetterebbe che collaborassero insieme, ma non corre buon sangue, non so bene il perché. Ancora un'altra delle connotazioni degli ebrei americani, parlo in termini sempre molto generici, è la grande attenzione verso il femminismo, quindi comandano le donne praticamente, solo che in Europa comandano senza darlo a vedere, là comandano, ma vogliono anche che la cosa si sappia e quindi, così... non andrò mai negli Stati Uniti. Debbo dire ancora che soltanto il 50 % degli ebrei americani, quindi parliamo di grossi numeri, parlavo di sei milioni, si riconoscono in qualche modo in qualche organizzazione ufficiale. Quindi circa la metà degli ebrèi americani vivono la loro ebraicità in forma quanto mai individuale. Quindi, dovendo andare a una sinagoga, se gli capita ci vanno, se no non ci vanno, tenendo conto di un aspetto: che ci si deve iscrivere a una sinagoga, anche per la gran quantità di persone. Un tale in Europa vuole andare a una sinagoga, entra in sinagoga ed è finito il discorso. Là no, bisogna prenotarsi, perché ogni sinagoga vive coi proventi di chi frequenta la sinagoga. Quindi, vuoi venire a celebrare la festa da noi? bene, a meno che tu sia un poveraccio, devi pagare una quota di iscrizione, perché noi abbiamo problemi di riscaldamento, di manutenzione, e quindi... e soltanto il 50% si riconosce in questo. Questo, grosso modo.

Adesso cerchiamo di fare un passo indietro e torniamo in Europa, prima della grande migrazione verso gli Stati Uniti. Siamo verso la fine del Settecento e nell'Ottocento; nell'ambito ebraico europeo ha origine quel grande movimento che va sotto il nome di Illuminismo, cioè gli ebrei che fino allora avevano vissuto nei ghetti in una condizione di compressione da parte dell'esterno, cominciano a sentire la necessità di aprirsi al mondo esterno, e di dedicarsi non solo agli studi tradizionali, ma di dedicarsi alle grandi conquiste della scienza con grande apertura mentale. E' cosa molto bella, solo che ha causato un movimento di riflusso nell'ambito dell'ortodossia ebraica europea, nel senso che si temeva che questa apertura avrebbe allontanato dalla cultura originale ebraica. Quindi si sono creati due mondi nel mondo ebraico europeo: quelli proiettati verso la scienza, l'Illuminismo, l'apertura verso gli altri popoli e così via, e chi invece sosteneva che noi dobbiamo concentrarci nella nostra cultura e vivere in una specie di ghetto, anche se non imposto dall'esterno, col timore che questa apertura verso l'esterno costituisca una specie di abbagliamento, per cui praticamente si scivoli rapidamente nell'assimilazione. I due mondi si scontrano, qualche volta con delle conseguenze che ci portiamo dietro ancora noi oggi, perché c'è ancora questo dualismo fra questi due modi di vedere le cose. Qual è il fondamento di questa divergenza di idee? Il fondamento è questo: il ghetto è costituito da una forma di cultura di trincea, potremmo chiamarla così, per cui si dice: a noi non manca niente, abbiamo i nostri testi sacri, abbiamo la Bibbia, abbiamo il Talmud, i nostri commenti, i nostri testi giuridici eccetera, dobbiamo occupare il nostro tempo nello studio di queste cose. La controparte dice: ma no, questo va molto bene, però bisogna completarlo con una visione globale delle cose. Nasce questo concetto, che era abbastanza estraneo alla cultura ebraica, della distinzione che c'è fra la religione e l'ebraismo. Gli illuministi pensavano che si può essere ebrei anche se non si è religiosi. Altri dicevano: come è possibile concepire l'ebraismo al di fuori degli stretti canoni della religione? Quindi è questo un po' il punto, che noi stiamo vivendo ancora oggi. C'è chi sostiene che al di fuori dell'osservanza religiosa abbiamo un ebraismo molto blando, un ebraismo da salotto, che serve a poco e va diluendosi nel tempo. E c'è invece chi sostiene che chi ha soltanto l'aspetto religioso, ha un ebraismo di chiusura: vi state rinchiudendo in un ghetto da soli. E quindi bisogna conservare le nostre tradizioni, ma aprirsi al grande mondo. C'era da parte di cosiddetti ortodossi un grande timore verso le nuove idee, come sempre accade, no? C'era stato, non dimentichiamolo, Galileo, c'era stato Cartesio, c'era stato Copernico eccetera, portatori di una visione nuova, di un atteggiamento nuovo nei confronti della vita, e queste cose spaventavano tutto il mondo religioso europeo, ma anche il mondo ebraico, per cui si erano creati dei movimenti di reazione, muro contro muro, e i due movimenti tendevano a isolarsi sempre più. C'era il timore che queste nuove teorie avrebbero distrutto la secolare tradizione, avrebbero distrutto la secolare cultura ebraica. C'è stata da parte degli ortodossi, a mio modestissimo avviso, l'errore di non capire che i tempi erano maturi per un'apertura, che si potevano benissimo salvare l'una cosa e l'altra, che si può, essere strettamente legati alla propria cultura, alla propria tradizione, ma anche aperti verso... non sono in contrasto le due cose, la scienza e la fede, e cose di questo genere. E d'altra parte, la controparte, chiamiamola così, questi grandi illuministi, hanno una forma di abbagliamento nei confronti del mondo moderno, con una serie di illusioni di questo tipo: adesso non esistono più persecuzioni, siamo tutti uguali, andiamo incontro a una specie di pseudomessianesimo, in cui la distinzione delle religioni non c'è più, siamo tutti sullo stesso piano, e dobbiamo convivere tutti insieme allegramente; sì, ci sono alcune divergenze di carattere... ma poi di poco conto, sì, i cristiani hanno 'sta storia di Gesù, noi non ce l'abbiamo, ma è un dettaglio di nessuna importanza particolare. Siamo aperti alle nuove idee, alle idee sociali. Insomma c'era 1' illusione che tutto sarebbe andato bene, e viceversa non va bene ancora adesso. Sappiamo quante divergenze religiose ci sono perfino nell'ambito di una stessa religione e quindi questo che si sperava nell'Ottocento, cioè la creazione di una società del tutto nuova, connotata da grandissima apertura, da grandissima tolleranza, viceversa non si è affatto realizzata. Noi, a tutto questo uragano che si è scatenato 150 anni fa, siamo vicini ancora adesso e ne sentiamo le conseguenze. Sta di fatto che la seconda guerra mondiale ha poi travolto tutto. Perché poi i nostri persecutori non sono andati per il sottile, a perseguitare l'ebreo ortodosso e non quello illuminista e così via. Se non ci fosse della tragedia, farebbe ridere leggere le disposizioni delle cosiddette leggi razziali italiane, nelle quali si andavano a guardare le percentuali di sangue ebraico che avevano: tu hai una nonna, quanto vale una nonna ebrea in percentuale di sangue ebraico? Il 25 %, e due nonne? Sono il 50 %. No, non hai nessuna nonna, ma hai però un bisnonno. Bene, sarà il 12 %. Cose che farebbero sorridere se non si fosse trasformato in una tragedia. Di importante c'è poi questo, che ogni ebreo, nel passato, e ancora oggi, di qualunque corrente faccia parte, in qualunque corrente lui si riconosca, è convinto che il suo ebraismo è quello vero. Quindi voi prendete ebrei di estrazione diversa, e ognuno di loro è convinto: io sono il vero portatore di valori ebraici, tu non capisci niente. E' successo qualcosa di analogo anche nella distinzione fra ebrei e cristiani, no? Il cristianesimo ha sostenuto, e forse sostiene ancora, che loro sono la vera Israele, voi non avete capito niente, siamo partiti insieme, ma voi siete rimasti fermi e noi siamo andati avanti, i veri portatori del concetto della Bibbia siamo noi. E gli ebrei ribattono: voi non avete capito niente, voi avete travisato tutto, eccetera. Ma ognuno in buona fede pensa di essere lui nel vero e che tutti gli altri sbaglino. La stessa cosa credo che succeda nell'ambito di tutte le religioni, eh, non è una grande invenzione nostra. Comunque io volevo darvi una connotazione rapidissima di come sono divisi gli ebrei, in particolare quelli americani, che si portano dietro delle distinzioni che sono avvenute soprattutto in Germania, suddivisioni che sono avvenute in Europa se le sono portate dietro e le hanno poi sviluppate laggiù.
In pratica possiamo parlare di ebrei ortodossi. Anche se gli ebrei ortodossi veramente non esistono, perché sono divisi in tanti di quei sottogruppi, per cui è difficile distinguere gli uni dagli altri, no? Che cosa distingue gli ebrei ortodossi, benché in forma molto tagliata col coltello? Il considerare valida e cogente per noi, vincolante ecco, più che altro vincolante, la normativa ebraica che scaturisce dai testi biblici e dall'interpretazione che dei testi biblici è stata data dai maestri del Talmud. Ortodossia significa riconoscere quella che noi chiamiamo la halakhà, la normativa, cioè l'interpretazione talmudica delle disposizioni che si trovano nel testo biblico. Quindi mettendo sullo stesso piano la cosiddetta legge scritta e legge orale. Questi sono gli ortodossi. Le leggi scritte e le leggi orali sono un tutt'uno e questo dal punto di vista della pratica, della prassi. Sul piano dottrinale vi sono tra gli ortodossi una serie di divergenze, ma che possono allegramente convivere, che sono ad esempio: tutti sono d'accordo sul fatto che la Bibbia è una forma di rivelazione da parte di Dio. Quindi & Bibbia vista come opera che è scritta da qualche essere umano, ma sotto ispirazione divina. Se poi andiamo a interpretare che cosa si intende per rivelazione e ispirazione, allora ci accapigliamo, ma tutti sono d'accordo che è di origine divina. Come, non lo sappiamo. Poi c'è il concetto dell'esistenza di una parte spirituale dell'uomo che sopravvive alla morte fisica, e l'attesa di un mondo futuro, nel quale si realizzeranno i programmi del cosiddetto messianesimo, cioè una società congegnata molto diversamente da quella che è la nostra. Ecco, queste cose sul piano ideologico, diciamo che sono genericamente riconosciute da tutti gli ortodossi. Al di fuori di queste idee, la cosa importante è mettere in pratica la normativa. Un aspetto sul quale gli ortodossi sono abbastanza in conflitto fra di loro, è l'atteggiamento nei confronti del ghetto e dell'emancipazione. Il ghetto è stato un bel momento per gli ebrei, ma il fatto di essere costretti a vivere tutti insieme, quindi a dare origine a una società molto unitaria, è stata una cosa bella o no? Qualcuno dice: bellissima, perché nel ghetto ci hanno costretto a essere tutti osservanti. E qualcuno dice: no, l'osservanza deve scaturire dalla propria volontà, non dalle costrizioni del mondo esterno. Si può discutere all'infinito. Qual è l'atteggiamento degli ortodossi nei confronti delle altre correnti religiose ebraiche? E' un atteggiamento quanto mai diversificato.
Dalla polemica: non avete capito niente, voi travisate l'ebraismo, eccetera eccetera, a un grande senso dell'amore: va beh, tutto sommato siete ebrei anche voi; sbagliate, ma comunque fate parte della grande famiglia ebraica. Queste cose avvengono nel mondo ortodosso, nel quale ci sono delle piccole minoranze spaventosamente rumorose, con delle connotazioni veramente oltremodo estremiste. Ci sono i cosiddetti  Natzur ha qarta, non so se li avete sentiti nominare, ebrei ortodossi i quali sostengono che non bisogna nemmeno servirsi della lingua ebraica, perché la lingua ebraica è una lingua sacra, e quindi non possiamo adoperare la lingua ebraica per comperare un dentifricio o comperare un paio di mutande. Questo sarebbe una... E quindi l'ebraico non si adopera, salvo che nelle preghiere. E quindi questa gente si sono dati nome Natzur ha qarta, è un'espressione aramaica in cui la carta non c'entra niente, significa "i custodi della città": noi siamo i custodi della città nel senso della polis, noi siamo i veri detentori della custodia della civiltà ebraica. Rigorosissimi, sono quelli che, tra l'altro, applicano ancora a se stessi quei modi di vivere caratteristici dei ghetti della Polonia. E siccome i ghetti in Polonia, loro li considerano un momento favorevole della storia ebraica,   la gente andava coi ricciolini, ci mettiamo i ricciolini anche noi, siccome in Russia gli ebrei andavano con il colbacco di pelliccia, perché faceva freddo, bene, anche a 40° all'ombra continuano a mettersi il colbacco di pelliccia. E' una forma di riconoscersi, anche dal punto di vista esterno, nei modi di vivere di quello che era un mondo schifoso da vivere, perché persecuzioni, eccetera, però nel loro immaginario era l'ideale. E quindi ho parlato dei Natzur ha Qarta, ma ci sono gruppi ancora più a destra di loro eh, non pensate. Ognuno a modo suo. Però fan tutti parte, in qualche modo, della cosiddetta ortodossia. Al vertice, parliamo degli Stati Uniti, al vertice di questo mondo ortodosso americano, c'è la cosiddetta Yeshivà University, una grande istituzione culturale, una grande università, un'accademia di studi ebraici, particolarmente prestigiosa, particolarmente ricca, e che sforna illustri scienziati nel campo dello scibile ebraico eccetera. E fa rivivere la cultura ebraica in qualche modo. Tra le altre cose che connotano ancora gli ebrei ortodossi c'è la sinagoga, soprattutto per quanto attiene la distinzione nella sinagoga tra uomini e donne; separati, questa era l'antica tradizione, e questa è un po' una specie di parola d'ordine, uno entra in una sinagoga, vede posti separati, e immediatamente: sono in una sinagoga ortodossa.  Le preghiere recitate in lingua ebraica secondo le formule tradizionali e così. E grande importanza viene attribuita allo studio della cultura ebraica, intesa nel senso soprattutto dei testi classici: la Bibbia, il Talmud, il Midrash, ^ Kaballah, e così via. Un elemento molto importante, e chiudo con questa gente, è costituito dall'atteggiamento nei confronti delle conversioni all'ebraismo, che spno accettate però solo allorché il candidato alla conversione da garanzia di saper bene quello che fa. Quindi, vuoi convertirti all'ebraismo? Tu devi metterti a studiare, e siccome dal punto di vista della normativa ebraica una conversione è irreversibile, prima di accoglierti, noi vogliamo essere sicuri che tu sai bene che cosa-ci si aspetta da te, a quali obblighi vai incontro, e solo quando abbiamo una forma di garanzia che questo signore è convinto e consapevole e sicuro di sé, che non abbia a pentirsi, lo accogliamo. Questo è il mondo ortodosso.
Devo ancora fare una brevissima descrizione del Chassidismo,
che è   una branca del mondo ortodosso con delle connotazioni tutte speciali. Questo mondo dei Chassidim è nato nell'Europa orientale anche questo, in America ce ne sono una grande quantità, è un movimento fondato in Polonia nel 1700, che trae le proprie origini dalla Kabalah, cioè dalla mistica ebraica. In contrasto con chi aveva   un   atteggiamento   molto   severo   nei   confronti   della   propria   esistenza, dell'esecuzione della precettistica e così via, c'era chi sosteneva che, colti o incolti, sono graditi a Dio per l'amore e l'allegria che deve connotare l'esecuzione dei precetti. L'importante non è tanto l'esecuzione formale dei precetti, quanto lo spirito con cui la si fa: con l'allegria, con i balli, con i canti, eccetera eccetera, facendo partecipare alla preghiera tutti gli aspetti del proprio corpo, quindi se io pregando ballo, Dio è contento, perché io impegno in questa attività tutte le fibre del mio corpo. Non sono tanto importanti le conoscenze che io ho, quanto l'entusiasmo che io metto in queste cose. Questo è il mondo dei Chassidim, i pii si chiamavano. Una loro connotazione specifica è quella della presenza di un rebbe, il famoso rebbe al quale le varie comunità fanno riferimento, una specie di santone, chiamiamolo così, il quale diventa l'arbitro assoluto della vita di tutti, ma non in senso autoritario; tutti fanno riferimento a questo rebbe il quale decide, rappresenta in qualche modo la comunità nei confronti della Divinità: non è importante che io sappia tutto, basta che lo sappia lui, non è importante che io viva nella stretta ortodossia, ma lui sì, perché lui con la sua vita in qualche modo espia anche i miei peccati, anche se io non mi comporto come devo. Comunque io devo far riferimento a lui per qualsiasi cosa: mi devo sposare? Gli vado a chiedere se secondo lui è giusto. Devo cambiar mestiere, devo aprire un negozio? Devo andare dal rebbe. E' il rebbe che decide cosa è giusto e cosa è sbagliato. Rebbe vuol dire rabbino, ma non nel senso dello studio, è là stessa parola, ma ha una connotazione diversa. E' il carisma, che questa persona impersona in se stesso, ma non solo lo impersona in se stesso, è qualcosa che poi tramanda ai propri figli. Delle dinastie di rebbe ci sono. Quando sia morto il rebbe, lui trasmette queste qualità a uno dei figli maschi, se non ci sono figli maschi a uno dei generi. Ma è lui che decide, è una specie di re. Sono dinastie attorno alle quali circolano delle atmosfere miracolistiche, "questa persona fa i miracoli", gli amuleti, alcuni atteggiamenti di superstizione che hanno molta presa sulla gente, quella non preparata. E nei confronti di questa gente, che non ha mai respinto l'ortodossia, c'è una sottile, ma strisciante polemica col mondo ortodosso, il quale dice: ma voi mi state travisando l'ebraismo; in qualche modo questo ebraismo cui date vita voi, è tutto speciale, si avvicina molto al cristianesimo. I cristiani hanno il punto di riferimento in Gesù, voi avete il Rebbe, e quindi c'è questo elemento: ah, voi non avete capito niente, il Rebbe è un grande santone, non è un demiurgo. E qualcuno dice sì, e qualcuno dice no. Ecco. Questi chassidim sono affluiti negli Stati Uniti in grande numero e quindi nell'ambito dell'ortodossia americana c'è tutto, tutte queste cose che vi ho detto adesso.
Poi ci sono i cosiddetti dissidenti, i dissidenti che sono i discendenti della riforma, i cosiddetti ebrei riformati, ed è un movimento che è nato in Germania, nel XVIII secolo, come conseguenza dell'Illuminismo di cui vi parlavo prima. Tra questi, tra i promotori di questa nuova visione del mondo ebraico, - è interessante questo evento, andrebbe studiato, andrebbe approfondito, - moltissimi medici ebrei, formatisi all'Università di Padova. Questo movimento di riforma inizia - certo ha avuto dei gradi, no? - è iniziato con il desiderio di ampliare la formazione scolastica. Nelle nostre scuole dobbiamo non soltanto insegnare la lingua, la tradizione, i testi ebraici, ma anche  insegnare le altre materie. C'è, come vi dicevo prima, la religione vista come un insieme di riti, che riguardano solo un aspetto della nostra vita. C'è la parte rituale, ma ci sono anche altri aspetti. Questi nel 1817 organizzano per la prima volta ad Amburgo in Germania una loro sinagoga, nella quale vengono abolite la distinzione fra gli uomini e le donne, nella quale si comincia a pregare non più solo in ebraico, ma piano piano introducendo preghiere nella lingua del posto dove si abita. E' sciocco dire le preghiere in ebraico per chi non sa l'ebraico, pensavano. Noi parliamo in tedesco, in inglese, in che so io, in ferrarese, in italiano, quello preghiamo. E ci sono altri aspetti, tipo: il copricapo per gli uomini, è una reminiscenza antica che non ha molto senso, perciò togliamo anche quello. Ci sono nelle nostre preghiere degli aspetti che possono non essere capiti bene dal mondo circostante. Li togliamo. Siamo nel 1800... Quando noi preghiamo: "Dio, ripristina il culto sacrificale nel Santuario", non va bene, chi è che vuole il culto sacrificale? Togliamolo. "Dio facci tornare nella nostra terra". Niente. Noi stiamo così bene all'estero, perché dobbiamo tornare? E quindi niente, piano piano si vuole ridurre l'ebraismo, estetizzarlo in qualche modo, renderlo più appetibile, meno difficile per gli ebrei, e più apprezzabile dal mondo non ebraico. Dobbiamo evitare tutte quelle cose che ci distinguono troppo dagli altri, o che ci rendono la vita più difficile. Quindi cambiamenti nel rituale, abbreviamenti delle preghiere, sottrarre alle preghiere tutte quelle parti che non sono di moda, il capo scoperto, nessuna distinzione fra uomini e donne, eccetera eccetera. E poi l'adorazione di un Dio universale. Il nostro Dio è il Dio di tutti gli altri, quindi è un Dio molto generico che non ci chiede particolari attenzioni nel modo di condurre la nostra esistenza. E la Torah, intesa come complesso di normative, ha perso il suo valore. Quelle norme andavano bene per i tempi antichi, ma tutte queste norme di carattere alimentare, - che loro interpretavano nel senso di norme igieniche, - oggi non hanno più senso e quindi, sì, ha un valore universale la Torah, eccetera, ma non è cogente dal punto di vista della normativa. Grande è l'ottimismo di questa gente nella realtà della diaspora. La diaspora è una bella cosa perché ci da la possibilità di proiettare verso il mondo esterno le grandi capacità morali che abbiamo, noi ebrei, e di assorbire dagli altri le cose buone che hanno gli altri. Poi, grande spiritualità. Noi non dobbiamo soffermarci sull'applicazione delle norme, dal punto di vista formale, ma dobbiamo soprattutto dedicarci allo spirito. E, elemento di grande importanza questo, una maggior apertura per quanto riguarda le conversioni. Un tale vuole convertirsi all'ebraismo? Perché devo fare tutte queste indagini? Se mi chiede di convertirsi, devo accettare. Poi sono fatti suoi se vorrà osservare, non osservare, eccetera. Io devo registrare la volontà di questa persona, accoglierla e basta. La cosa è finita così. Hanno fondato anche loro una grande scuola, di grande prestigio, eh, la Union College,
di Cincinnati, dove vengono presentate queste cose in modo meno sintetico di quanto ho fatto io oggi. Pare che questa gente, questi riformati, siano oggi negli Stati Uniti circa 1.200.000 persone; su sei milioni, un milione e 200.000 siano loro. Le donne rabbino... Perché le donne non possono essere rabbino? Tutte queste cosette che creano una grande perplessità a chi non è abituato a queste cose. Ma soprattutto   l'elemento   importante   che   distingue   i  riformati   dagli   ortodossi,   è l'importanza che vien data alla prassi della normativa ebraica e per quanto riguarda l'aspetto dell'accoglimento di proseliti di conversione. Gli ortodossi vogliono una conversione motivata, seria, consapevole, accertata e quelli: perché devo fare tutte queste indagini? Io non devo entrare nella privacy di qualcuno. Vuoi diventare ebreo? Diventa ebreo. Basta. Finito. E' una tua decisione, io devo registrarla e basta. Ho avuto delle esperienze personali. Quando ero rabbino a Firenze mi è capitato più volte di avere delle grosse discussioni con gli ebrei americani. Tutte queste distinzioni a loro non interessavano. Ricordo ancora oggi una discussione che ho avuto con una coppia di americani che è venuta da me e ha detto: noi vogliamo sposarci, siamo ebrei. Ho detto benissimo, sono contentissimo. Ah, bene, quando facciamo la cosa? Beh, dico, guardate, mi dovete dare almeno sei mesi di tempo. Io devo accertare chi siete, chi non siete, da dove venite, da quale comunità, se siete ebrei davvero, se non ci sono condizioni che ostano al vostro matrimonio secondo la legge ebraica... e quelli si sono messi a ridermi in faccia: ma tu sei matto, noi vogliamo sposarci domattina. E avevamo ragione tutti e due. Loro partivano da questo presupposto: noi ti facciamo una dichiarazione, che siamo ebrei e che non ci sono motivi che ostano al nostro matrimonio, tu, ufficiale di stato civile, devi prenderle per buone e non hai il diritto di andare ad accertare. Quindi si fa così, se non lo fai ti possiamo denunciare per omissioni in atti d'ufficio. Io, dico, non mi sento di fare una cosa di questo genere, perché non posso celebrare un matrimonio fra due persone che non conosco, quindi non so se siete ebrei, potreste essere fratello e sorella, per quanto ne so io. Cosa ne so? Negli Stati Uniti uno va dal giudice di pace, e quello lo sposa. Se poi siamo noi ad aver detto delle bugie, siamo noi che ne pagheremo le conseguenze, ma tu devi registrare questa nostra volontà e io non ero... programmato per un atteggiamento di questo genere. Quindi, capite, dal loro punto di vista avevano ragione, ma avevo ragione anch'io. Quindi ho detto: sentite, volete sposarvi? Voi domattina andate dal console americano di Firenze, vi sposate lì davanti e tutti felici e contenti, siete marito e moglie. Se poi vi interessa sposarvi ebraicamente, venite da me fra sei mesi e se le scartoffie saranno in ordine vi sposerò, se non lo saranno, tanti auguri. Mi guardavano male, veramente, eh? Pensate la diversità di atteggiamento; è un mondo burocratico: noi abbiamo dichiarato queste cose, a te che interessa, chi sei tu, quali scartoffie?
Quindi c'è stata la nascita di questo movimento di ebrei riformati, che ha suscitato poi una certa reazione e si è creato, un po' per volta, un movimento a metà strada, il cosiddetto conservatorismo, o ebraismo conservatore, che ha una linea molto incerta, un po' a metà strada fra le due suddette connotazioni.
Questi ebrei conservativi o conservatori hanno un impegno molto diffuso per la lingua ebraica, vogliono ripristinare la lingua ebraica nelle preghiere, hanno degli atteggiamenti incomprensibili per noi, ma per loro sono regolarissimi, è proibito per esempio di Sabato guidare la macchina, ma per andare in sinagoga si può. Come si fa nelle grandi distanze americane? Io sono lontano 15 Km dalla prima sinagoga, ho diritto in quanto ebreo di andare in sinagoga, ci vado a piedi? Quindi se devo prendere la macchina per andare in sinagoga, la posso prendere. E' un riconoscere che è proibito prendere la macchina, ma se per certi scopi, diventa permesso. Un'altra cosa è la figura del rabbino. Il rabbino è importante che sia ortodosso in pubblico, ma quello che fa in privato non c'interessa. Quindi io a casa mia voglio mangiare del maiale? mangio del maiale, però quando sono nei posti pubblici, devo attenermi alla normativa. Sono tutte cose che per noi non sono comprensibili. Hai una funzione? Quando sei nella tua funzione devi condurre un certo..., quando sei a casa tua fai quello che vuoi, che m'interessa? Non è possibile per noi europei una cosa del genere, per loro va benissimo. Tra l'altro anche loro sono dell'avviso, non così clamorosamente come i riformati, della grande importanza della donna. Anche loro sono per fare delle donne rabbino, e così via. Questi conservativi, chiamiamoli così, conservano però una grande attenzione n^j confronti del Sabato, nei confronti del cibo Kasher o norme alimentari, soprattutto nella vita pubblica, nella pratica della mila, cioè della circoncisione, e soprattutto nell'accettazione dei neofiti, delle conversioni. Grosso modo ci sono tre grandi gruppi: gli ortodossi, i riformati, e qualcuno che sta in mezzo, e tutto questo all'americana. Ancora una grande caratteristica che hanno questi ebrei conservatori o conservativi, è la centralità che attribuiscono alla terra d'Israele: noi riconosciamo il fatto che l'origine del mondo ebraico è in terra d'Israele e che la realizzazione degli scopi per i quali noi esistiamo è in quella terra. Cosa che non hanno i riformati, che si trovano benissimo nelle nazioni dove... uno si sente all'americana al mille per mille e non ha nessunissima intenzione di attribuire una importanza particolare alla terra d'Israele. Questo a grandi linee. Vi potrei ancora parlare, ma non voglio tediarvi, poi non abbiamo ancora molto tempo. Questi sono i nuclei fondamentali, poi ci sono i ricostruzionisti, una piccola branchia di ebrei conservatori, un gruppo nato nel 1934, che si propone come scopo principale di combattere l'assimilazione: noi ebrei dobbiamo continuare a mantenere soprattutto la nostra identità, perché abbiamo delle particolarità, delle peculiarità della religione ebraica. E con un atteggiamento molto positivo nei confronti del sionismo. Quindi il loro pallino è concentrato verso la lotta contro l'assimilazione. Ci sono poi gli assimilazionisti, che la pensano esattamente al contrario, che noi dobbiamo, in quanto ebrei, pur continuando a essere ebrei, rinunciare a qualunque forma di identità specifica. Non bisogna fare assolutamente niente per mantenersi ebrei, ma lasciare che le cose vadano come devono andare, e quindi se è deciso dalla storia che noi ci dobbiamo assimilare, bene, ci assimiliamo, vuoi dire che la storia è indirizzata verso questo programma, e tenendo conto del fatto che conservarsi ebrei in una società aperta come quella occidentale è particolarmente difficile. Quindi perché dobbiamo metterci nei pasticci e crearci dei problemi psicologici quando la tendenza è verso l'assimilazione?

Questi i gruppi principali. Voglio anche aggiungere questo per concludere, che fra tutti questi gruppi di cui vi ho parlato, se guardiamo gli ultimi cinque dieci anni, c'è una certa diluizione degli aspetti più estremistici; c'è un certo riavvicinamento. Gli ortodossi sono più propensi a un colloquio con i riformati, che prima vedevano come fumo negli occhi, e i riformati capiscono che sono andati nella strada della riforma un po' troppo alla svelta e quindi stanno facendo un pochino di marcia indietro, riavvicinandosi ai conservatori. Questi gruppuscoli assimilazionisti, ricostruzionisti, e chi più ne ha più ne metta, tendono a sparire. Quello che succederà in futuro non lo so. Di fatto c'è però, come vi dicevo all'inizio, che tutti questi gruppi, riformati, ortodossi, eccetera, però collaborano molto intensamente fra di loro quando si tratta di operazioni di carattere filantropico. Quindi in cosa di questo genere non si sta a guardare: quello è riformato, quello non è riformato, e si collabora insieme e ci si presenta come un blocco unico quando ci sono queste problematiche da affrontare.
Bene, io credo di avervi dato una pallida idea delle cose come stanno e adesso vedremo, se voi avete pazienza e mi invitate fra 50 anni, vi dirò come si sono evolute le cose e questa può essere una forma di garanzia per la mia sopravvivenza e per la vostra e quindi... però, ripeto, se mi è consentito dare una piccola valutazione sulla situazione attuale, è che si stanno diluendo le differenze, perché tutti i gruppi si accorgono di essere andati un pochino troppo in là, e quindi gli ortodossi di essere stati troppo chiusi; il sorgere della riforma è dovuto alla chiusura dell'ortodossia. Quindi se gli ortodossi fossero stati un pochino più aperti verso le nuove forme di vita, forse non si arrivava a questa forma di scissione e d'altra parte i riformati sono andati un po' troppo in là, cioè hanno cercato una forma di ebraismo che di ebraico non ha quasi più niente, ecco. Per cui credo che di questo ci si renda conto un po' per volta.                                              

Risposta a una domanda:                                                                                            
II problema grosso oggi, proprio quello grosso grosso grosso, è quello delle conversioni. Perché è vero, è ebreo chi è nato da una donna ebrea, però se una donna è diventata ebrea non sottoponendosi alla procedura prevista dalla normativa ebraica, i riformati la considerano ebrea, noi non la consideriamo ebrea. Per cui il grosso problema non è tanto verso gli ebrei di oggi, ma nei confronti dei loro figli. Ecco, il figlio di un'ebrea riformata, cioè di un'ebrea che sia entrata nell'ebraismo senza essersi sottoposta alle procedure di norma, per loro è ebreo, per noi no. Non c'è una tradizione, c'è la norma. La normativa dice che è ebreo chi nasce da donna ebrea, che è ebreo chi lo è diventato per volontà propria sottoponendosi a una procedura che è volta ad accertare che questa persona sappia quello che fa, ma questo deve essere accertato non per una questione razzistica, ma per una questione di interesse della persona stessa. Se uno mi dice: voglio diventare ebreo, mi farebbe molto comodo dirgli di sì subito, ma non lo posso fare; chi mi dice che questa persona sappia esattamente cosa vuoi dire? E se io l'accetto e fra qualche tempo lui non è più contento e si fa battezzare, diventa musulmano, mau mau, eccetera, sono io che mi sento responsabile di averlo portato in una situazione nella quale lui si trova a disagio: viceversa io posso condurlo all'ebraismo solo se sono sicuro che lui sa quello che fa, sa quali sono le conseguenze del suo operato ed è convinto. Poi, se cambierà idea, io ho fatto tutto quello che era possibile per evitare che prenda delle cantonate, perché un tale, ripeto, un tale che è diventato ebreo e poi non osserva le regole dell'ebraismo, che razza di ebreo è lui? Si sentirà a disagio. Un ebreo che sia ebreo per nascita, se non osserva, sono fatti suoi. Risaliamo a Mosè, praticamente, risaliamo alla normativa: la normativa è codificata, possiamo accettarla o non accettarla, trae origine dal testo biblico, è interpretata dai maestri del Talmud, dice questo: ci sono tre modi di essere ebreo: per nascita, per volontà propria o per volontà dei genitori. E in tutti e tre i casi, dopo presa la decisione, la strada è irreversibile. Cioè se un tale è ebreo per nascita, o lo è diventato per propria volontà, o lo è diventato per volontà dei genitori, da quel momento lui continua a essere ebreo. Qualunque cosa faccia pensi creda eccetera. Allorché si crea un fatto di questo genere, un padre ebreo che abbia avuto rapporti con una donna non ebrea, e abbia avuto un figlio, allorché il padre venga a chiedere: voglio ebraicizzare mio figlio, e la madre dica sono d'accordo, (bisogna metterlo per scritto), sono d'accordo e non mi opporrò assolutamente a una educazione ebraica di mio figlio e al fatto che mio figlio pratichi l'ebraismo - è fondamentale l'atteggiamento della madre, io non sono ebrea, ho avuto questo bambino che non è ebreo per nascita, ma il padre è ebreo, vuole farlo ebreo, io non mi oppongo, farò di tutto per accompagnarlo su questa strada - noi possiamo considerarlo ebreo subito, salvo fino a quando questo signore diventa maggiorenne. All'età di 13 anni se è un maschio, di 12 se è una femmina, io gli chiedo: senti un po', i tuoi genitori hanno deciso così, cosa ne pensi tu? Se lui dice: sono d'accordo, è considerato ebreo da quando i genitori me lo hanno portato, se dice no - lui ha ancora la possibilità di esprimersi - si considera tutta la procedura di ebraicizzazione come non avvenuta. Ha detto no. In tutti gli altri casi, di un adulto che si converta all'ebraismo, di un tale che sia nato ebreo, quello, qualunque cosa faccia o dica, continua a essere ebreo. E' questo che pone delle problematiche. Io l'accetto a diventare ebreo, ma se quello non è più contento, sono io il responsabile della sua infelicità, perché ho creato una situazione anomala. E quindi ci devo andare molto cauto.
Questi avvicinamenti avvengono quasi sempre per motivi matrimoniali e quindi creano situazioni che si ripercuotono nella generazione successiva. Perché loro considerano i figli ebrei, e noi non li consideriamo tali. Quindi questo crea poi questa dicotomia proprio. Comunque l'argomento è molto complesso. Quando si parla di persone, poi, ognuno è convinto di essere nel giusto.                                                                 

Risposta a una domanda:
Gli ebrei ortodossi italiani. Gli ebrei italiani sono ebrei all'italiana.
Mentre gli ebrei americani in genere sono più coerenti, dicono: io non osservo perché non lo ritengo giusto e quindi scelgo una certa strada, gli italiani invece vivono in una situazione straordinariamente ambigua, nel senso che le nostre comunità ebraiche italiane sono ortodosse di etichetta, riformate di fatto. E noi conviviamo con questa situazione allegramente. Loro vogliono che il rabbino sia ortodosso, che nella vita pubblica delle comunità ci sia l'ortodossia, però che li lasci tranquilli, loro vogliono viversi il loro ebraismo come gli pare, non parlatemi di osservanza del Sabato, non parlatemi di-Mentre un americano dice, no, io non ci credo in queste cose, quindi non le pratico perché credo che siano sbagliate, l'italiano dice: non entriamo in questo argomento. Sarebbe bello osservare, ma io no, perché non mi è comodo. All'italiana proprio, eh? E d'altra parte, a fronte di questa ambiguità, c'è questo fatto positivo che l'ebraismo italiano ha prodotto dei personaggi straordinari, molto al di sopra di quella che è la propria composizione numerica. Noi abbiamo dato origine a personaggi straordinari nel campo dello scibile ebraico, abbiamo prodotto delle cose notevolissime, pur vivendo in questa situazione di ambiguità. E' un ebraismo che viene chiamato proprio ebraismo all'italiana, all'acqua di rose, nel quale si dice e non si dice, e ciò nonostante il rabbino deve essere ortodosso, guai se qualcuno mi vedesse prendere un autobus di Sabato, ma scandalo nazionale!! Diventerebbe qualche cosa dell'altro mondo, però tutti allegramente vanno in macchina. Anche non per andare in sinagoga. Dicevo però che il numero di quelli che si avvicinano all'osservanza è in aumento, soprattutto fra i giovani. Siamo in questa fase. I giovani, perché cercano delle radici. Noi ai nostri giovani abbiamo insegnato a non credere a niente: questo non serve a niente... la famiglia fa schifo, la religione non serve a niente... Questi giovani si trovano ad avere tutto sul piano materiale, ma a non avere punti di riferimento, e stanno cercando affannosamente degli esempi. Quindi i giovani di oggi, quelli che oggi hanno vent'anni, sono molto migliori dei loro padri, a questi effetti, sono più seri, stanno cercando qualche cosa in cui riconoscersi. E questo non solo per gli ebrei, penso, eh, ma in generale. Noi viviamo in questa ambiguità. Non dimentichiamo che c'è stata la guerra. C'è stata anche una forma di choc per gli ebrei italiani, no? Siamo rimasti veramente choccati da ciò che è successo, sbigottiti, privi di puntelli, privi di punti di riferimento, le comunità hanno dovuto ricostruirsi da sotto zero, praticamente. Per cui anche questo ha la sua importanza.


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