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Le dispute col mondo non ebraico
(Rav Luciano Caro)


L'argomento è piuttosto ampio e variegato e io cercherò di offrirvi una disanima vaga su questo argomento. Faccio notare che le cosiddette dispute, ma potremmo chiamarle anche confronti, dibattiti, conferenze, non si sono realizzate nel passato e non si realizzano oggi soltanto fra cristiani ed ebrei, ma anche fra ebrei e non ebrei più in generale. Anche se è vero che alcune delle dispute col mondo cristiano sono quelle più tristemente note, caratterizzate da elementi anche piuttosto negativi, antipatici. E i confronti di oggi, all'interno del dialogo ebraico cristiano, sono la continuazione di quello che avveniva nel passato.
Devo dire che questi confronti sono comunque utilissimi, in particolare perché mettono in luce che molto spesso i contrasti tra le nostre culture sono generati dall'ignoranza; gli ebrei non hanno un'idea precisa di cosa significhi cristianesimo o islàm, ma allo stesso modo nemmeno i cristiani e i musulmani conoscono l'ebraismo e ne coltivano una visione molto distorta.
I nostri confronti, allora, ci aiutano a chiarirci le idee su ciò che ognuno di noi è. Ma bisognerebbe sempre tenere presente che la verità assoluta non la possiede nessuno, ma la conosce solo il Signore Iddio. A noi sta muoverci con molto rispetto nei confronti delle tradizioni diverse dalle nostre, mentre cerchiamo di portare avanti quella che è la nostra tradizione e cultura.
Vorrei offrirvi una carrellata molto ampia di quelle che sono state le dispute di carattere religioso nel passato. Di solito lo scopo delle dispute era quello di dimostrare la veridicità della propria dottrina, ma anche di attirare dalla propria parte degli adepti.
Si discute e si dibatte su problemi teologici o di tradizione anche nella speranza che qualcuno accetti di seguire la dottrina proclamata. E' chiaro, che in questa ottica, un bravo predicatore avrà più possibilità di uno poco capace nel parlare.

Per parlare di questo argomento, occorre che vi presenti, almeno a grandi tratti, il midrash, cioè quelle raccolte di materiale omiletico, nato praticamente insieme al testo biblico. I nostri maestri cercavano di sviscerare il più possibile i passi della Scrittura, proponendo molte ipotesi, ponendo domande e offrendo risposte, per sollecitare negli ascoltatori un rapporto il più vivo possibile con la Bibbia, cioè che aiutasse a mettere la propria vita a confronto con quanto veniva letto e ascoltato nelle Scritture.
Così in molti midrash si trovano degli esempi di dibattiti e confronti serrati anche con culture non ebraiche, proprio nel tentativo di sollecitare l'attenzione, di sollevare problemi e interrogativi.
Il primo passo di polemica presente in un midrash chiama in causa niente meno che Abramo. Ma attenzione! Voi non troverete certamente scritto nella Bibbia che Abramo abbia litigato con qualcuno su problemi teologici. Ma se Abramo è stato praticamente l'inventore del monoteismo, scalzando la fede negli dei così diffusa nella sua società, nel suo tempo, sicuramente questa sua presa di posizione deve aver suscitato dei problemi attorno a lui. Lo sappiamo: come spesso accade, chi porta avanti un'idea nuova, viene considerato come minimo pazzo, spostato.
Il vantaggio di Abramo era quello di essere una persona di grande prestigio e soprattutto ricco. L'elemento della ricchezza giocava sicuramente a favore delle sue idee monoteiste.
Allora, i nostri maestri immaginano che Abramo abbia avuto una discussione con Nimrod. Chi era Nimrod? E' un personaggio citato nel testo biblico, che pare fosse un grande politico dei tempi antichi o forse il fondatore delle grandi civiltà babilonesi, un personaggio mitico. Ma quando i maestri parlano di Abramo e Nimrod, in realtà non parlano di quei due personaggi storici, ma parlano dei personaggi del loro tempo.
Nel racconto Nimrod esprime la sua superiorità, tanto da ritenersi il padrone del mondo e Abramo vuole confutare questa affermazione in una discussione teologica ante litteram. Abramo parte da un dato naturale inconfutabile e cioè che il sole sorge ad oriente e tramonta ad occidente e lancia la sfida a Nimrod, se veramente è lui il padrone del mondo e della natura, di stravolgere questo ordine e far sì che il ciclo del sole sia capovolto, sorgendo a occidente e tramontando a oriente.

Questa è la prima sfida, a cui segue anche la provocazione di svelare i pensieri che Abramo aveva per la mente. Ovviamente Nimrod è perdente: né è capace di dominare la natura, né di avere un controllo sul pensiero dell'uomo.
Secondo la narrazione biblica, però, sembra di poter intuire che Abramo abbia piuttosto riinventato il monoteismo e non sia lui l'inventore di esso; infatti Adamo conosceva l'unico Dio e con Lui parlava e allo stesso modo faceva Noè. Dunque possiamo ricavare una presunta immagine che i nostri maestri avevano dell'umanità, cioè che fosse nata monoteista e poi si sarebbe in seguito guastata, per tornare al monoteismo con Abramo.
Vi cito un piccolo midrash, sempre su Abramo come fondatore del monoteismo. Nei primi capitoli della Genesi c'è scritto: "Queste sono le generazioni del cielo e della terra nel loro essere creati". Ma che espressione è, questa? E poi, dopo aver annunciato questo, perché il testo non ci offre questa storia.  I nostri maestri pongono la loro attenzione sul termine molto particolare "nel loro essere creati" e si accorgono che è composto dalle stesse lettere della parola Abraham, Abramo. Questo, quasi a sottolineare che, quando Dio si accingeva a creare il cielo e la terra, teneva conto di Abramo, che ha portato la più grande rivoluzione riguardo alla concezione di Dio. Insomma, Dio sembrava aspettare Abramo, prima di completare l'opera della creazione. Senza Abramo forse non si sarebbe arrivati alla creazione.
I maestri del midrash ci dicono queste cose e ce le offrono non come verità già assodate, ma come elementi di studio, di ricerca, di interrogazione.
Torno un attimo indietro. Sapete che originariamente il testo biblico era scritto a mano, senza vocali, senza divisione in capitoli o versetti e perciò noi riteniamo come originale solo il testo fatto di consonanti. La tradizione dice che il testo originale era fuoco bianco su fuoco nero, o fuoco nero su fuoco bianco, quasi a immaginare che le lettere non avevano la conformazione che conosciamo noi, ma era un testo fiammeggiante, che si stagliava dietro uno sfondo brillando o bruciando. La Parola di Dio è un fuoco divoratore; perciò dobbiamo stare bene attenti a non deformarlo, a non violarlo. Ma se tu non la deformi e rimani affascinato dal testo biblico, allora questo Fuoco divino ti divora, perché ti penetra dentro.
Successivamente pare che il testo biblico fosse congeniato con delle lettere dell'alfabeto non solo senza vocali, non solo senza distinzioni in capitoli e versetti, ma anche senza distinzione fra una parola e l'altra. Tutte le parole erano scritte di seguito. Per cui se leggiamo il testo biblico in questo modo, il significato cambia e porre delle divisioni è già un'interpretazione, un arbitrio. Chi ci dice che nel testo originale le parole fossero davvero suddivise nel modo che conosciamo noi?
Per esempio il primo versetto della Bibbia, il famoso bereshit barà… "In principio creò Dio…". Ma perché principio? Quale principio? Perché non leggere barà shir, cioè "(Dio) ha creato il canto". Ancora una volta la domanda: "Cosa vuol dire questo?"; un'interpretazione dice che la creazione è stata il canto di Dio.
La nostra tradizione parla di un povero personaggio, che quando si metteva a pregare, senza le grandi preghiere dei maestri, proclamate in modo aulico, con magnificenza. E come pregava lui? Semplicemente pronunciando le lettere dell'alfabeto: alef, bet, ghimel, dalet… Come a voler dire a Dio che lui non era capace di formulare delle frasi e allora offriva all'Altissimo l'alfabeto, perché fosse Lui a mettere al giusto posto le varie lettere.
Comunque il problema del testo biblico è molto complesso, perché se è parola di Dio, essa richiede che noi ci avviciniamo con infinita modestia, senza la pretesa di trovare un'immediata risposta.
Allora nel testo biblico originale, senza vocali, ogni tanto ci sono delle incongruenze, che non sappiamo spiegare. Ad es. nella parola bereshit, la prima lettera, la bet è scritta più grande delle altre e se non fosse scritta più grande, per noi quel testo è fasullo, è falsificato.
Nella parola "nell'essere creati di loro" c'è una he, questa volta scritta più piccola. Che sia in connessione col fatto che Dio ha cambiato il nome ad Abramo, aggiungendo proprio una he?
Ma torniamo alle nostre dispute e in particolare al famoso storico ebreo Giuseppe Flavio del I sec. dell'Era volgare. Di lui abbiamo l'opera "Le guerre giudaiche" e "Le antichità giudaiche", che è una cronistoria dell'epoca precedente a lui. Giuseppe Flavio è stato il primo a tramandare l'importanza del tramandare le notizie storiche nel modo più onesto possibile.
Questo autore è stato ignorato per lungo tempo dagli ebrei, perché lui era stato un militare al tempo della guerra contro i Romani che poi distrussero il tempio e Gerusalemme nel 70 dell'Era volgare. Bene, Giuseppe Flavio era il responsabile del fronte nord di Israele, in Galilea; ha combattuto, ma a un certo punto ha capito che la guerra era già persa e ha cominciato a cercare un accordo coi Romani. Ha dimesso la divisa e si è presentato nel campo dei Romani, facendosi assoldare dal comandante romano, che gli ha chiesto di stendere le cronache della guerra dal punto di vista dei Romani. Poi è stato deportato a Roma, dove ha cercato di darsi da fare per migliorare le condizioni degli Ebrei.
Solo in tempi molto recenti sono state rivalutate le sue opere. In esse si fa accenno a delle dispute tra ebrei e pagani e se ne parla come realtà molto normali, fatte con toni pacati, tranquilli.
Gli Ebrei, lo sappiamo, hanno sempre incuriosito il mondo occidentale e perciò i confronti erano molto diffusi, molto comuni, quasi sorgevano spontanei, appunto fomentati dalla curiosità.
Un passo del talmud, citato anche da Giuseppe Flavio può essere un'esemplificazione di come fossero queste dispute. Ve lo leggo: "Chiesero dei filosofi agli anziani ebrei di Roma: Se Dio odia così tanto il culto idolatrico, perché non lo annulla, Lui che è onnipotente?". E se non lo ha fatto, vuol dire o che non è Dio o che non è onnipotente. Gli ebrei avrebbero risposto che se l'idolatria riguardasse qualcosa di cui il mondo non ha bisogno, Dio l'avrebbe annullata già da tempo, ma il culto idolatrico è soprattutto rivolto alle forze della natura, le stelle, il sole, la luna, ecc. e allora Dio dovrebbe forse distruggere le forze della natura perché alcuni stolti le adorano? Il mondo non può andare in perdizione a causa di alcuni stolti.
E' detto in forma puerile, ma la cosa è sottile. E penso che questo discorso si possa trasferire anche al nostro mondo di oggi. Il modo funziona come deve funzionare e se ci sono delle persone stolte che adoperano male le forze della natura, a causa loro non si può distruggere l'universo; Dio vuole conservare la creazione.
Quando nel I secolo dell'Era volgare sono nati i nuovi cristiani, all'interno del mondo ebraico, ovviamente le discussioni e riflessioni si sono moltiplicate, con confronti serratissimi durati anche decenni, tra chi affermava la bontà di questa nuova dottrina e chi, invece, la rifiutava.
Ma tutto questo avveniva in una forma amichevole, aperta e ciò fino al Medio evo, perché le discussioni nascevano non dall'inimicizia, ma dal desiderio di conoscersi reciprocamente.
E' al tempo dell'Inquisizione che le dispute assumono la caratteristica dello scontro, dell'inimicizia ed erano portate avanti per dimostrare, in modo specifico, che la dottrina ebraica era malvagia in se stessa. E questi scontri avevano molto spesso dei risvolti concreti amarissimi di persecuzioni antiebraiche. Nella migliore delle ipotesi le persecuzioni finivano con il provvedimento di bruciare i libri ebraici in modo sistematico, specialmente il Talmud.
Da parte cristiana si è cercato in modo molto forte di inficiare il Talmud, proponendolo come libro pieno di bestemmie anticristiane. Si faceva finta di organizzare dei dibattiti, che erano già precostituiti, cioè si sapeva in anticipo chi doveva partecipare e come doveva andare a finire e si concludevano con la condanna degli Ebrei, la loro cacciata dalle città e la distruzione dei libri ebraici. E questo è avvenuto un po' dappertutto: Spagna, Olanda, Francia, ecc.

Dal 1200 in poi si sono verificati una serie di dibattiti o contese, volute dalla parte più retriva del mondo cristiano, che voleva mettere in cattiva luce gli Ebrei. Queste cose venivano organizzate in modo che fossero degli Ebrei convertiti e battezzati a sostenere la parte cristiana, perché la testimonianza di un convertito era più valida, più convincente.
Personalmente devo costatare che molto spesso in discussioni con fratelli del mondo musulmano mi trovo a mio agio, le cose vanno benissimo; ma quando parlo con rappresentanti dell'islàm che si sono convertiti all'islàm, allora il discorso diventa impossibile, perché hanno delle posizioni di un estremismo pazzesco. E io finisco per litigare con tipi così, perché deturpano il vero islàm.
Nel 1342 una disputa è avvenuta persino a Pechino. Nel 1240 a Parigi è avvenuta una grossa disputa, in cui alcuni ebrei erano stati obbligati dall'autorità ecclesiastica a partecipare; la disputa è durata  ben 2 anni e si è conclusa ovviamente con la sconfitta degli Ebrei e la conseguente distruzione nel fuoco di tonnellate di libri ebraici sulla pubblica piazza.
Tutto si è concluso nel 1247, allorché le autorità civili hanno restituito agli Ebrei i pochi libri rimasti, perché avevano capito che si era trattato di una montatura.
Di queste distruzioni di libri nel fuoco, avvenute anche in Italia, abbiamo delle testimonianze drammatiche, tragiche, ma anche grottesche. Veniva decretato di bruciare i libri, ma c'era qualcuno che li metteva da parte invece di bruciarli, perché voleva utilizzare la pergamena, le copertine, la carta, magari rivendendola. Molte di queste cose sono state utilizzate come rilegature e copertine di libri di archivi notarili, ecclesiastici, comunali. Ci sono degli studiosi che si occupano proprio del recupero di questo materiale, smontando i faldoni e sono stati ritrovati anche dei frammenti di opere o sconosciute o conosciute, ma di cui non si ritrovavano più copie.
Non più tardi di due mesi fa, sono stato chiamato ad Alessandria, perché nell'archivio era caduto un falcone, che, rompendosi, ha rivelato delle parti di un libro ebraico antico.
Anche nel corso delle seconda guerra mondiale sono state saccheggiate molte sinagoghe e tanto materiale sacro, appartenente ai rotoli della Torah, per es., è stato usato per farne delle borsette, degli stivali, delle cose in pelle. Ci pensate? Io mi vergogno perfino a dirlo.
In una di queste dispute, avvenuta a Barcellona attorno al 1200, la parte ebraica era costituita niente meno che dal famoso rabbino Moshè ben Nachman, il Nachmanide, che è uno studioso straordinariamente importante della nostra tradizione, medico, filosofo, cabalista, di una modernità straordinaria, che mi sconvolge. Lui era stato obbligato a partecipare alla disputa contro un certo ebreo convertito, Pablo Cristiani, sotto minaccia che, se non l'avesse fatto, gli ebrei della città sarebbero stati sottoposti a delle multe spaventose e poi cacciati via.
Ci è pervenuto il verbale della disputa, che si trova in un libro di Mauro Perani dal titolo "Nachmanide esegeta cabalista".
Questo potrebbe dare una buona idea di come avvenivano queste dispute. La parte ebraica molte volte non aveva neanche la possibilità di parlare, di esprimersi e veniva messa a tacere. Nemmeno il re, che veniva invitato a partecipare, poteva dire molto, perché il potere ecclesiastico era più forte.
Significativa la conclusione. Il re si alzò e se ne andò e così la disputa ebbe termine. Il re congedò il Nachmanide dandogli anche dei denaro, ma invitandolo ad allontanarsi di là. Infatti lui emigrò in Palestina.
Oggi le cose continuano, ma con un rispetto molto grande, permettendo gli uni agli altri di mantenere le proprie idee, anche se non si capiscono per niente. Per es., per me la Trinità è assolutamente incomprensibile, ma accetto che per i cristiani questa cosa sia essenziale, genetica.
Lo stesso vale per la dimostrazione dell'esiste di Dio? Posso dimostrare l'esistenza di Dio? Se qualcuno mi dimostra inconfutabilmente che Dio non esiste, la cosa mi può riguardare a livello razionale, ma a livello emotivo non mi interessa per niente, perché io Dio ce l'ho dentro e non me lo toglie nessuno, fa parte del mio patrimonio genetico, è nel sangue, nel latte che ho preso da mia mamma.

Maimonide, il più grande razionalista che abbiamo avuto chiede: "Come si fa a conoscere Dio?". Dio non si può conoscere. Se lo vuoi conoscere, guarda la natura, guarda le stelle e ti rendi conto che tutta questa creazione prevede un atto deliberato, sapiente da parte di qualcuno che aveva la possibilità di farlo. Ma questa è sempre una forma indiretta di conoscenza di Dio.
Un tale chiese al maestro se lui conosceva Dio e il maestro rispose: "Se lo conoscessi, lo sarei".
Ci sono delle cose razionali e delle altre no, però hanno il loro valore, perché ce le portiamo dentro. Quindi volere dibattere sulla trinità fra un cristiano e un ebreo, è tempo perdere, perché si parla di cose che non si possono capire, con un linguaggio incomprensibile alle due parti. Piuttosto, allora, approfondiamo le cose che capiamo. E studiamo il testo.


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