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Il profeta Elia
(Rav Luciano Caro)


Come sempre mi propongo di non insegnarvi niente, ma piuttosto di sollecitarvi a ulteriori indagini su questo personaggio.
Per collocare il profeta Elia in un contesto spazio - temporale, possiamo porci circa 800 anni prima dell'Era volgare e nel territorio del regno di Israele; voi sapete che dopo Salomone lo "Stato" ebraico di allora si è diviso in due tronconi: regno di Giuda e regno di Israele. Il regno di Giuda aveva come capitale Gerusalemme e comprendeva il territorio abitato dalla tribù di Giuda. Il regno di Israele, chiamato anche regno del Nord, era guidato da un re che non apparteneva alla dinastia davidica. Questo regno fu distrutto nel 720 prima dell'Era volgare da un'invasione assira.
Elia agisce quasi esclusivamente nel regno del Nord e tutta la sua attività è protesa a contrastare una forma di idolatria imperante e una forma di sincretismo; c'erano, infatti, degli Ebrei che continuavano ad adorare un Dio unico, ma insieme a questo adoravano anche altre divinità pagane, appartenenti alle popolazioni circostanti.
Il testo biblico e in particolare i profeti sono ricchissimi di una espressione ricorrente che suona press'a poco così: "…le alture non avevano cessato di esistere". A dire che la popolazione non aveva estirpato del tutto i culti pagani.
Per precisare ancora di più, possiamo dire che Elia agisce quasi esclusivamente durante il regno del re Acàb, uno dei sovrani meno positivi e prestigiosi della nostra storia. Egli aveva sposato la famosa Gezabele, Izevel, una regina che proveniva dalla Fenicia, la quale ha fatto di tutto, anche spinta dal suo carattere forte, per introdurre in Israele il culto del Baal, la famosa divinità fenicia. Ci era riuscita per una serie di circostanze e anche, direi, con un notevole successo.
Questo matrimonio era avvenuto in base a delle convenienze politiche, perché si voleva dar vita a un'alleanza tra Israele e il regno fenicio.
Quindi Elia si trova immerso in questa situazione così difficile e si dà da fare in tutti i modi per combattere questo fenomeno.
Di Elia non sappiamo quasi niente, perché i testi sacri non ci dicono quasi nulla sulle sue origini. Nella tradizione ebraica, anche attuale, Elia è stato poi investito di una quantità di connotazioni che spesso non trovano riscontro oggettivo nei testi. Ad Elia attribuiamo una quantità di cose positive, proiettate nel passato, nel presente e nel futuro. Elia è un personaggio che noi ci aspettiamo che torni sulla terra per annunciare la venuta del Messia. Sarà lui a dare l'annuncio che il Messia sta per arrivare.
Molti si fanno la domanda se Elia fosse davvero una persona o non piuttosto un essere angelico. Tutto questo nasce dal fatto che, secondo la narrazione biblica, Elia non è morto, ma è stato prelevato su un carro celeste e portato in cielo. Quindi, per quanto ne sappiamo noi, non è morto, non è stato seppellito, ma rimane da qualche parte e si dà da fare per determinate cose.
La figura di Elia viene presa in considerazione anche insieme a quella di un altro personaggio biblico, a proposito di problemi di bioetica e cioè il famoso Enoch. Se Elia non è morto, vuol dire che non aveva le connotazioni umane normali.
Nel libro della Genesi si parla di un certo Enoch, Chanòch, in ebraico, appartenente alle prime generazioni umane, del quale si dice che non c'è più, perché Dio l'ha preso. Mentre in tutta l'elencazione delle generazioni, si dice che le persone nacquero e poi morirono. Invece di questo Enoch, come di Elia, questo non è detto. Ma se questi due personaggi non sono morti, dove sono?
Non sappiamo che Elia sia stato sposato, ma nel caso che lo fosse stato, la moglie era da considerare vedova o no? E nel caso che avesse avuto dei figli, il che non ci risulta, questi figli avevano i diritto di ereditare le sue sostanze? Cioè, si può ereditare qualcosa da un tale che non è morto?
Sono problemi che noi poniamo, magari col sorriso, ma sempre consapevoli che è in gioco il concetto di vita umana. Che cosa si intende per vita umana? Sono in gioco gli esseri umani come li intendiamo noi, cioè che nascono e muoiono, o qualche altra cosa?
Di Elia si dice che, in realtà non era Elia, ma l'incarnazione di personaggi precedenti. Quindi Elia è un po' un personaggio da metastoria, che ci compare sotto molti aspetti.
Rileggetevi il testo biblico. Per es. voglio attirare la vostra attenzione su due termini che ricorrono nella narrazione biblica riguardante Elia e cioè "il vento" e "la tempesta". Dio si manifesta spesso in mezzo alla tempesta. Poi c'è, molto forte, in Elia, la gelosia nei confronti di Dio e della sua causa. Elia sosteneva Dio con grande zelo e spesso con violenza. Allora, questo estremismo religioso, proprio di Elia, è da considerare positivo o negativo?
Nella nostra tradizione talmudica troviamo due posizioni contrastanti, perché c'è chi si schiera dalla parte di Elia e chi, invece, afferma che la difesa dei valori, anche sei più sacri, non va mai fatta attraverso la violenza.
Elia parla spesso dello spirito divino, l'alito divino, il vento divino, cioè delle manifestazioni della natura attraverso le quali noi possiamo riconoscere la presenza di Dio.
A Elia sono attribuite qualità molto positive, come la grande rettitudine, la sete di verità.
Ma nel testo sacro troviamo anche alcuni elementi, che a noi sembrano secondari; per es. il fato che lui indossasse una specie di tunica di pelle, un manto nero.
Ellia è chiamato, nella tradizione, Tishbit, che può fare riferimento a una città, ma non  siamo sicuri; qualcun altro lo chiama ghiladìt, che vuol proveniente dal Chilàd, che è una regione della terra di Israele, a est del lago di Tiberiade, al confine con la Siria.
Cosa può interessare a noi che abitasse nel Ghilàd? Intanto precisiamo che lui risiedeva lì, ma non vi era nato e il Ghilàd, rispetto allo stato di Israele, era lontano dalla vita politica, per cui si sentiva meno l'influsso del re e della sua regina fenicia.
Il nome Elia significa "Dio è il mio Dio"; scomposto, infatti, diventa Elì, cioè "Dio mio" e Yah, che è un'abbreviazione del Nome di Dio. Quindi abbiamo "Yah è il mio Dio".
A volte si trova questo nome con una u finale - Elihau - ma dice poco, non ha un significato particolare e si può trovare anche con altri nomi: Yeshayahu, Irmeyahu.
Penso che conosciate tutti gli episodi più caratteristici della vita di Elia, ad es. la sua sfida ai profeti di Baal, da lui organizzata sul Monte Carmelo. Il popolo si muoveva saltellando ora su una gamba ora sull'altra, cioè adorando ora Dio ora Baal, perciò Elia, per far ritornare il popolo al culto del vero Dio, organizza la sfida coi 400 sacerdoti degli dei pagani.
Potete leggere per intero l'episodio al cap. 18, 20-40 del primo libro dei Re: Elia lancia la sfida che consiste nel verificare quale Dio accenderà il fuoco del sacrificio, se il Baal o il Dio di Israele. Alla preghiera insistente dei sacerdoti non c'è risposta alcuna, mentre appena Elia invoca Dio, Egli manda il fuoco, che consuma l'olocausto. Questo prodigio fa esultare il popolo, che, almeno momentaneamente, riconosce il Signore come vero e unico Dio di Israele, con quell'espressione "Dio è il vero Dio", che poi è entrata nella liturgia ebraica, soprattutto in quella della fine del Giorno di Kippùr, in cui viene ripetuta sette volte.
Un elemento importante che troviamo nella Bibbia, è quello della siccità, interpretata da Elia come manifestazione della volontà di Dio di punire il popolo per il suo atteggiamento pagano. In quell'occasione Elia dice delle cose che ci lasciano un po' perplessi. Per es. quando afferma, davanti al re e a tutto il popolo: "Le chiavi della pioggia sono in mia mano. Non ci sarà pioggia fino a quando lo dirò io". Sembra quasi che Elia voglia attribuire a se stesso delle capacità che spettano solo a Dio.
Elia trasmette la sua eredità ad Eliseo appena prima di essere accolto in cielo.
Ho raccolto alcuni elementi dalle nostre fonti tradizionali post-bibliche sul profeta Elia.
Tutte le volte che noi, popolo ebraico, ci troviamo di fronte a situazioni di emergenza o di tensione diciamo che interviene il profeta Elia. Pensate che quando noi celebriamo il rito della circoncisione ai bambini, c'è in quasi tutte le comunità, una sedia particolare, che viene chiamata il trono di Elia; o è una sedia vuota o è la sedia in cui si siede la persona che tiene sulle ginocchia il bambino da circoncidere.
Questo perché si dice che Elia assiste ad ogni circoncisione di un bambino ebreo; cioè Elia viene visto come protettore del bambino, per preservarlo da eventuali danni che potrebbero essergli arrecati nel corso dell'operazione. E lo protegge anche dall'influenza negativa degli spiriti gelosi. Si dice che nell'universo ci sono delle forze negative, che sono gelose del fatto che il bambino viene circonciso e che entrano in azione specialmente nella notte precedente l'operazione di circoncisione. L'intervento di Elia blocca questa influenza negativa.
Vista da un'altra visuale, la presenza di Elia, sta ad indicare una risposta critica di Dio nei confronti di Elia, ricordando quell'affermazione di Elia nei confronti di Dio, in cui gli dice per due volte che i suoi figli, gli Israeliti hanno tradito il patto dell'alleanza.
Sapete che la parola berit, "patto", vuol dire, sì, patto, ma in particolare fa riferimento alla circoncisione, che è il patto per eccellenza, cioè l'esecuzione di una manifestazione che ci ricorda il patto tra i discendenti di Abramo e Dio.
Perciò Elia si arroga un diritto che non gli era stato dato, proclamando davanti a Dio che i suoi figli hanno abbandonato il patto; per questo Dio lo costringe ad essere presente ogni volta che il patto viene richiamato attraverso una circoncisione.
E' tipico della cultura ebraica cercare sempre di vedere le cose da due angolature differenti; noi rifuggiamo dalle verità assolute.
Ci sono altre circostanze in cui noi Ebrei diciamo di essere protetti da Elia. Ma ci sono anche tradizioni non ebraiche che sostengono che c'è stato qualche persecutore degli Ebrei che ha dovuto fare i conti col profeta Elia, che si è eretto a difensore del suo popolo, impedendo al persecutore di turno di far del male a Israele.
Volevo accennare al fatto che, secondo una tradizione, Elia non sarebbe un personaggio storico, ma l'incarnazione di Pinchàs. Chi era Pinchàs? Proviamo a contestualizzare. Delle popolazioni locali avevano cercato di contrastare gli Ebrei in vari modi; ma vedendo che non riuscivano nel loro intento, né sul campo di battaglia, né sul campo ideologico, hanno tentato un'altra forma di attacco, usando l'efficacissima arme delle donne.
I Madianiti hanno pensato di sedurre gli Ebrei usando delle donne, mandate in mezzo all'accampamento ebraico. Davanti a questa situazione, con una invasione di belle donne che entrano nell'accampamento, Mosè non sa cosa fare e con lui altri personaggi importanti. Allora interviene Pinchàs, discendente di Aronne e Mosè. Siccome c'era un altro funzionario ebreo che si stava appartando con una di queste signore, non in maniera nascosta, ma clamorosamente, davanti a tutti, suscitando lo sbigottimento di tutti. Mentre nessuno sapeva come reagire, interviene questo Pinchàs, che con una lancia trafigge i due, forse addirittura attraverso la tenda in cui si era appartati.
Quindi anche Pinchàs è stato uno zelante assertore dei principi del rispetto della divinità. Anche in questo caso abbiamo la duplicità: Pinchàs viene ricordato come salvatore del popolo ebraico, perché, col suo intervento, ha placato la pestilenza che stava per investire il popolo, ma viene anche condannato perché, di fatto, ha ammazzato due persone. Chi era lui per togliere la vita?
Ma il Signore interviene affermando che Pinchàs avrà un premio per aver distolto l'ira divina da Israele e il premio è questo: da quel momento in poi sarà portatore di un berit shalom, cioè un patto di pace. Proprio lui, che aveva ucciso con violenza, viene condannato ad essere pacifico!
Orbene, qualcuno dice che questo Pinchàs era Elia, visto che sono accomunati dagli elementi caratteristici della violenza e del patto.
Si dice che Elia, a un certo momento, afferma che non sarebbe piovuto finché non l'avrebbe detto lui. Vedete? Anche questa espressione è duplice: è bella perché parla in nome di Dio, ma è anche brutta, perché Elia si sta attribuendo delle caratteristiche divine.
Nella storia dei re si ricorda anche che Elia, fuggendo dalla regina Gezabele, si rifugia presso una donna, che lo ospita. Nel corso del suo soggiorno presso questa signora, che, fra l'altro, era molto povera, ma grazie alla presenza di Elia, riesce a prosperare economicamente, succede che il figlio della signora muore. E lei dapprima si scatena contro Elia, attribuendo a lui la colpa della morte del bambino. Ma Elia riesce a far risuscitare il bambino, praticandogli una forma di respirazione bocca a bocca, una specie di rianimazione.
Ma la cosa interessante è notare il legame tra Elia e l'immortalità. Elia dispensa la vita e la morte; in questo caso, come anche nel caso della siccità.
Occorre tener conto di quello che sta dietro il racconto biblico.
Secondo la tradizione ebraica, quando un tale pronuncia una parola o un'espressione, la cosa detta assume una sua valenza; non c'è niente di indifferente, soprattutto nel campo della parola. Non ho bisogno di ricordarvi che Dio ha creato il mondo con la parola.
I maestri ci invitano a fare sempre attenzione a come parliamo, perché ogni parola pronunciata ha una sua vita, una sua penetrazione nella realtà individuale e nella realtà cosmica; non c'è niente di indifferente per quanto attiene al linguaggio che adoperiamo.
I maestri della mistica ebraica si domandano se pregare non sia un atto di insubordinazione nei riguardi di Dio. Forse che Dio ha bisogno delle mie lodi, delle mie parole? E quando chiediamo qualcosa a Dio, esercitiamo dei poteri che non abbiamo; perché mai Dio dovrebbe ascoltare la mia o la vostra preghiera? Chi prega, osa parlare a Dio o per esaltarlo con la lode o per chiedergli delle cose. Come se la preghiera si trovasse quasi al confine con la bestemmia.
Qualcuno dice che Dio ha creato la parola e ha fatto in modo tale che la parola non è mai indifferente. Dio non sta ad ascoltare quello che gli diciamo noi, o non ha bisogno dei nostri consigli, ma se io pronuncio qualcosa con dei buoni sentimenti, questa cosa penetra in qualche modo dentro Dio e ha un suo effetto.
Permettetemi solo una piccolissima interiezione. Nel testo biblico, quando Mosè scende dal monte Sinai dopo che Dio lo aveva avvertito della perversione degli Ebrei, che si erano fatti il vitello d'oro, deve cercare di venire a patti con Dio, che voleva distruggere tutto il popolo e crearne uno nuovo dai discendenti di Mosè. Mosè non ha capito subito che quello, in realtà, era una specie di test che Dio gli stava facendo, per vedere come avrebbe reagito; e Mosè reagisce bene opponendosi a questa proposta di Dio e invitando Dio ad uccidere anche lui insieme al suo popolo. Ma siccome Mosè non aveva commesso niente, non poteva ucciderlo e quindi Dio era come costretto a salvare tutti.
In quella frase particolare, pronunciata da Mosè, in cui dice a Dio che se avesse realizzato il progetto di distruggere gli Ebrei, ci sono delle parole molto forti; dice proprio così: "…cancellami dal libro che hai scritto". Cosa vuol dire? Probabilmente di cancellarlo dalla vita, oppure di cancellarlo dalla Torah, il Libro scritto da Dio.
Succede qualcosa che ci lascia molto perplessi; in tutta la Torah, a partire dal cap. 2 dell'Esodo, che narra la nascita di Mosè, c'è continuamente il nome di Mosè in tutti i capitoli successivi. Solo in una serie di capitoli che sono in relazione a una data in cui Mosè è morto, il suo nome non appare, ma ci sono delle locuzioni strane. Dio si rivolge a lui: "Tu, fai questo, fai quello", ma non lo chiama mai per nome. Che strano! Quante volte compare l'espressione: "Dio parlò a Mosè dicendo…". Qualcuno dice che sia proprio in conseguenza a questa affermazione che Mosè aveva fatto: "Cancellami dal libro!".
Ma torniamo al nostro Elia. Abbiamo visto come lui avesse affermato, a nome di Dio:  "Non ci sarà pioggia, finché non lo dico io" e Dio non lo può smentire, perché Elia parlava in suo nome. Ha detto male, una cosa sbagliata, che poteva risparmiarsi, ma ormai l'ha detta.
A questo proposito dicono i maestri che ci sono tre chiavi che Dio non consegna a nessuno, delle quali si serve Lui solo, senza intermediari: queste tre chiavi sono la chiave della vita, la chiave della pioggia e la chiave della resurrezione dei morti. Queste tre cose le fa Dio e le fa personalmente lui e non si serve di nessun intermediario per realizzarle.

Vorrei che pensaste un po' a questi concetti.
Orbene Elia si era appropriato della chiave della pioggia, quando ha detto: "Non pioverà,se non quando lo dirò io". Dio gli avrebbe chiesto di restituirgli la chiave della pioggia e gli avrebbe affidato momentaneamente la chiave della vita; questo è il caso della resurrezione del bambino, che era morto come punizione di Elia, che aveva detto una frase che non doveva dire.
A me non interessa di sapere se le cose sono andate così, ma ci sono delle cose nel nostro universo che succedono e sono assolutamente nelle mani di Dio. Dico questo per le implicazioni che possono avere nella nostra esperienza umana. Cioè dobbiamo stare molto attenti, quando cerchiamo di manipolare la materia, i geni umani; non è che non si possa o non si debba fare, ma occorre molta attenzione, perché stiamo manipolando qualcosa che non ci appartiene.
Anche le chiavi della natura sono nella mani di Dio; i grandi movimenti che consentono all'universo di vivere appartengono a Dio solo.
Riguardo alla salita di Elia in cielo, nel carro di fuoco, qualcuno dice che sia stato portato niente meno che nel giardino dell'Eden, nel paradiso, dove lui accompagna la gente che va al di là. Ecco di nuovo un'implicazione che unisce Elia alla vita e alla morte.
Attraverso dei raccontini inventati i nostri maestri vogliono insegnarci qualcosa.
Si racconta di un tale, un benestante, al quale sono capitati degli inconvenienti economici e si è impoverito, per cui ha dovuto trovarsi un lavoro. Sul lavoro gli capita di incontrare Elia che gli dice di avere un messaggio da parte di Dio, che gli vuole regalare 7 anni di grande prosperità. E gli chiede se li vuole subito o alla fine della vita. E il tale gli chiede se mai fosse uno stregone, un indovino. In più dichiara di non avere niente da dargli in cambio, e gli chiede di lasciarlo in pace. Ma Elia gli si presenta altre due volte; al che il tale gli dice di doversi consultare con sua moglie. Avvenuto il confronto con la moglie, decidono di rispondere in modo affermativo e di chiedere subito i 7 anni di prosperità. Attenzione, pur nel ridicolo, le mogli vengono sempre presentate come simbolo della saggezza.
Quindi, continuando nel raccontino, la vita di questo tale muta in maniera rilevante e diventa molto ricco. Ma sua moglie cosa fa? Comincia a dispensare tutti quei beni fra i poveri. Alla fine dei 7 anni Elia torna per dire che la situazione deve tornare come prima; ma la moglie interviene in favore del marito e sottolinea il loro comportamento giusto durante gli anni della prosperità, per cui non si meritano di ritornare poveri. Allora parla Dio stesso che riconosce la giustizia dei due e li lascia nella condizione favorevole. Vedete che Elia appare come portavoce di Dio.
C'è un frase caratteristica nel Talmud che vorrei sottoporre alla vostra attenzione. Sapete che il Talmud presenta tante discussioni, portate avanti a lungo, con diversi argomenti, tanto che, a volte, non si arriva neanche alla conclusione. Allora, quando non si riesce più ad andare avanti, si usa una frase, che suona così: "Teiku". Nel linguaggio moderno è diventata un'espressione usata nel calcio, per indicare il pareggio, ma in realtà è l'acronimo di: "Il Tisbita (cioè Elia) è quello che darà la soluzione ai problemi controversi". Come se si volesse dire che, dopo aver detto tutto quello che c'è da dire su un determinato caso e non si è riusciti ad arrivare a una conclusione, si lascia la cosa in sospeso, finché non tornerà Elia ad annunciarci che viene il Messia, allora lui ci darà la soluzione giusta.Quindi vengono attribuiti a Elia la capacità di tornare sulla terra e di dare la soluzione ai problemi rimasti irrisolti.
Un'ultima cosa. Elia è tra gli invitati alla cena pasquale, il famoso Seder. Noi mettiamo i posti a tavola per i convitati, e anche un posto vuoto con un bicchiere, per Elia, perché potrebbe arrivare ad annunciare che viene il Messia. Ci aspettiamo che Elia venga soprattutto in circostanze di tensione. E cosa centra la cena pasquale? E' perché noi diciamo che nella notte di Pasqua gli Ebrei sono stati redenti dalla schiavitù egiziana e, nella stessa circostanza, ci sarà comunicata la redenzione finale. Quindi se il Messia viene e l'annunciatore del Messia viene, dovrà essere sicuramente la sera di Pesach.
Ma anche in questo caso qualcuno vede l'aspetto negativo; cioè il bicchiere è messo in modo accusatorio, per sottolineare il ritardo di Elia. Tutti gli anni c'è il suo bicchiere pronto, ma lui non arriva.

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