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Le festività autunnali del calendario ebraico

Il primo mese del calendario ebraico è Tishrì, che cade in settembre-ottobre ed è chiamato, nella nostra tradizione "il mese dei forti", perché racchiude in sé diverse ricorrenze importanti, impegnative, che sono il Capodanno, il Giorno di Kippùr, la festa di Succòt o delle Capanne e subito dopo Sheminì 'Atzeret e Simchat Torah.
Il mese successivo, Cheshvàn, invece, non presenta nessuna ricorrenza al di fuori dei sabati; l'altro mese in cui non ci sono feste è Elùl, l'ultimo dell'anno.
Fanno eccezione delle funzioni collegate con la pioggia che venivano celebrate anticamente nel mese di Cheshvàn, per chiedere le piogge nella giusta misura.
Nella Mishnà si racconta di un personaggio particolare, di nome Chonì, al quale Dio concedeva tutto quello che chiedeva e perciò a lui si ricorreva nei casi più disperati. Così, una volta in cui, nonostante le preghiere e i digiuni dei rabbini nel mese di Cheshvàn, la pioggia non veniva, chiesero aiuto a Chonì, il quale tracciò un cerchio per terra e si pose lì in piedi, dicendo a Dio che non si sarebbe mosso finché non giungesse la pioggia. E cominciò a piovere. Ma siccome non pioveva abbastanza forte, lui insiste e chiede più pioggia. Ma siccome non smetteva più, lo chiamarono di nuovo e lui ottenne che smettesse di piovere. Da quel giorno gli rimase il soprannome di "Chonì che fa i cerchi".

I maestri discutevano sull'atteggiamento da tenere nei confronti di questo tale, perché alcuni lo ritenevano uno stregone, altri lo rispettavano. Alla fine la cosa cadde.

Tenete conto di quanto sia importante nella tradizione ebraica il tempo. Altre culture hanno dato importanza allo spazio, ad es. attraverso la costruzione di luoghi sacri; per gli Ebrei, invece, è fondamentale il tempo, forse per il fatto che è stata loro sottratta la possibilità di avere una terra, una dimora stabile.
D'altra parte anche il testo biblico ci dà un'indicazione in questo senso, offrendoci come primissima parola della Bibbia il "bereshìt", cioè "in principio", un elemento temporale. Non entriamo nel fondo di questo mistero, perché ci perderemmo.
La Legge orale, cioè la Mishnà e il Talmud, che è il completamento della Legge scritta, comincia anch'essa con un elemento di carattere temporale, infatti la prima frase della Mishnà è questa: "Da quando, da che ora, si legge lo Shemà nella preghiera della sera?". Sembra strano che cominci così, senza nemmeno spiegare cosa sia lo Shemà.

Per tornare al testo biblico, c'è tutta una terminologia che riguarda la santità. Noi diciamo che Dio è santo, kadòsh e questa santità è attribuita ad altre realtà, ma non ai luoghi. La prima cosa che viene consacrata, santificata, nel testo biblico è nientemeno che il Sabato, il settimo giorno.
Ma torniamo alle nostre feste.
Dal giorno di Capodanno a Yom kippur passano dieci gironi, nei quali ognuno di noi è invitato a compiere una seria indagine sul proprio comportamento, chiedendosi come si è trascorso l'anno appena passato. E questo va fatto con estrema serietà, perché non posso ingannare Dio o me stesso.
Il 10 di Tishrì è il Giorno di Kippùr, in cui ci è proibito ricercare il piacere, il divertimento in tutte le sue forme, come il mangiare, il lavarsi, ecc. e questo allo scopo di concentrarsi su Dio.
I maestri dicono che Dio dà una prima sentenza, un primo giudizio a Capodanno e poi lo lascia in sospeso per i 10 giorni che intercorrono fino a Yom kippùr, per vedere come noi ci comportiamo in questo tempo e nel Giorno di Kippùr, se la nostra penitenza è sincera, completa.

Noi riteniamo che gli errori che commettiamo sono di due tipi: ci sono quegli errori che coinvolgono i nostri simili e quelli che coinvolgono Dio. Ma è chiaro che in certi casi si offende Dio e anche il prossimo. Quindi i 10 giorni dell'anno che precedono Kippùr devono essere dedicati alla riconciliazione coi nostri simili, perché non posso arrivare al giorno di Kippùr e volermi riconciliare con Dio, se prima non l'ho fatto coi miei simili.
Noi crediamo che quasi sempre ci sia la possibilità di rimediare al male fatto.
Dunque, il processo per ottenere il perdono dei peccati è questo: anzitutto riconoscere il male fatto; poi riconoscere le proprie responsabilità; mettere in atto tutto ciò che è possibile, con tutte le mie facoltà, per rimediare il male fatto; fatto questo devo ottenere il perdono della persona che ho offeso, recuperare il rapporto con lui.
E' chiaro che anch'io devo dispormi a perdonare chi mette in atto tutti questi passaggi per ottenere da me il perdono. E se io non perdono, come faccio a chiedere il perdono di Dio?
Fatto tutto questo, devo ripromettermi di non fare più gli sbagli di prima, di non mettermi più nelle situazioni che mi hanno portato a peccare. Solo a questo punto posso pensare che Dio mi perdoni.

(Rav Luciano Caro In occasione dell'incontro dell'Associazione a Bertinoro la domenica 25 ottobre 2009)

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