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Il libro dei Salmi nella vita di un Ebreo
(Rav Luciano Meìr Caro)


Qualche notazione sul Libro dei Salmi
Credo sia noto a tutti che, nella Bibbia ebraica, il Libro dei Salmi è collocato in prima posizione nella terza parte della Bibbia, quella che noi chiamiamo i "Ketuvim" cioè gli "Agiografi". È costituito da centocinquanta composizioni poetiche: ci sono inni, invocazioni, ringraziamenti, lodi, proteste, tutto espresso nei confronti di Dio.
Queste centocinquanta poesie sono state divise dalla tradizione ebraica in cinque parti: noi ebrei parliamo dei "cinque Libri dei Salmi", forse in relazione alle cinque parti nelle quali si divide il Pentateuco.

Da una lettura superficiale sembra che questi Salmi in origine fossero stati composti per accompagnare i pellegrinaggi del popolo ebraico a Gerusalemme, in occasione delle tre grandi Feste del nostro calendario: la Pasqua (Pesach), la Festa delle Settimane (Shavuot) e la Festa delle Capanne (Sukkòt).
Quindi immaginiamo che le folle di Ebrei, quando convergevano a Gerusalemme per il rituale delle feste, accompagnassero la loro processione con dei canti eseguiti in forma corale; non c'è dubbio che alcuni di questi Salmi accompagnavano anche la celebrazione del culto nel Santuario di Gerusalemme.
Molti di questi Salmi, dopo la distruzione del Santuario di Gerusalemme, sono entrati nella Liturgia della Sinagoga.
L'ambiente che troviamo in essi descritto è quello   pastorale: le tende nel deserto, la vita nei campi. Poi ci sono anche frequenti riferimenti allo splendore di Gerusalemme, forse in relazione al fatto che chi intonava questi canti era diretto alla Città Santa.
Ancora una notazione di carattere tecnico: noi usiamo dividere i Salmi a seconda della attribuzione dell'autore. Ci sono dei Salmi cosiddetti "yetunim", "orfani", che si chiamano così perché non c'è titolazione e quindi non sappiamo chi li abbia scritti. Delle 150 composizioni, settantaquattro sono riferite a Davide, proprio perché il suo nome compare nella titolazione; diciotto sono di un personaggio chiamato Asaf, dodici sono dei "figli di Corah" (persone di cui non sappiamo quasi niente); due sono di Salomone; una di Mosè; una di un certo Eman e un'altra di un certo Eitan.
Quando dico che i personaggi da me citati sono gli autori dei Salmi, forse dico una inesattezza, nel senso che, in particolare per composizioni attribuite al re Davide, ci sono molte difficoltà a riconoscere sempre la sua mano; infatti, nel corso del Salmi si fa riferimento a episodi avvenuti dopo la morte di Davide. Quindi è un po' problematico pensare che il re Davide fosse in condizioni di conoscere il futuro. Inoltre, la titolazione che di solito compare sotto la forma di "Mismor le David", che traduciamo "Salmo di Davide", forse si potrebbe tradurre in altro modo: "Salmo a Davide"; cioè potrebbe essere una composizione dedicata al re Davide, oppure composta con la metrica che gli era usuale.

Altra idea che potremmo affrontare: chi ci dice che quando si parla di Davide, sia proprio il re Davide, e che con quel nome non ci fosse qualche autore, che non ha niente a che fare con il grande re?
Ancora una considerazione per aiutarci a comprendere il Libro dei Salmi: non dimenticate che sicuramente tutti, o una grandissima parte erano accompagnati da strumenti musicali, quindi si trattava di una poesia speciale, cantata. Qualcuno dice che nel periodo biblico esisteva solo quella, non c'era la poesia in senso nostro, declamata; erano tutte poesie accompagnate da strumenti musicali. Un discorso molto complesso sarebbe quello di esaminare la metrica, cioè la tecnica con la quale sono stati scritti i Salmi; fino ad ora non ne siamo venuti fuori, perché ci sono tante ipotesi, ma nessuno ha ancora capito qual era il modo con cui sono stati composti, quali accentazioni, quale il ritmo. Forse bisogna tener conto degli aspetti musicali; comunque, ne sappiamo molto poco. Alcuni elementi scaturiscono con immediatezza: quasi sempre si presenta la forma letteraria del parallelismo, che significa dire un concetto in due modi diversi, adoperando parole diverse. Per esempio: "Beato l'uomo che non segue la via dei peccatori, e non segue il consiglio dei malfattori"; si ripete il concetto con parole diverse, con un artificio di carattere poetico.
Qualche volta compare l'acrostico, cioè una forma in cui le iniziali di ogni singolo versetto messe insieme compongono dei nomi, oppure l'alfabeto. Era un altro artificio letterario.
Dicevo che alcuni Salmi hanno sicuramente accompagnato la celebrazione del culto sacrificale, e lo vediamo con una certa trasparenza; per quanto attiene invece al contenuto, direi che si può notare nelle espressioni una grande concisione, che però nulla toglie alla completezza del concetto.
Un'altra considerazione che mi permetto di sottoporre alla vostra attenzione è che il Libro dei Salmi si distingue da tutti gli altri libri biblici, dove abbiamo Dio che parla all'uomo, mentre nei Salmi c'è l'uomo che parla a Dio. Ovviamente è un uomo ispirato, un uomo carico di religiosità nel senso più lato possibile, ma è l'uomo che esprime dei sentimenti, rivolge le proprie considerazioni nei confronti della divinità.

Le circostanze della vita ebraica e il Libro dei Salmi
L'ebreo recita i Salmi in tutte le circostanze: praticamente non c'è occasione della vita ebraica, privata o associata, che non sia accompagnata dalla lettura di qualche Salmo. Intanto, nella Liturgia: dei 150 Salmi, più di cinquanta sono entrati proprio nei nostri formulari di preghiera, quindi più di un terzo del Libro fa parte delle nostre preghiere quotidiane dei giorni feriali e festivi. Recitiamo dei Salmi nelle occasioni più diverse: in circostanze di gioia, di dolore, di sofferenza personale o collettiva, quando nasce un bambino, quando celebriamo la circoncisione di un bambino; infine, accompagnando la morte. Quando noi siamo alla presenza di un moribondo, la cosa più opportuna che riteniamo fare è di recitare dei Salmi a fianco del morente; dopo il decesso, noi passiamo più tempo possibile nel leggere il Libro dei Salmi, che viene ripetuto per ogni decesso una, due, o tre volte, a seconda del tempo che intercorre dalla morte all'inumazione.

Altro elemento importante è la recita dei Salmi in occasione dei pasti, perché la benedizione dopo il pasto è sempre preceduta, e talvolta seguita, dalla recita di un Salmo.
Ancora: sapete cos'è il midrash? Si tratta di una letteratura spaventosamente ampia, una raccolta di interpretazioni al testo biblico, che coprono una decina di secoli, fatte in ambiente sinagogale. Il rabbino, in ogni circostanza di preghiera, nei sabati o altre occasioni, ad un certo punto interrompeva la preghiera per fare una lezione sul testo biblico, di solito sul testo del Pentateuco, perché è quello che viene letto tutte le settimane nelle nostre Sinagoghe. Orbene, l'interpretazione del passo biblico che deve essere esaminato è sempre preceduta da un versetto del Libro dei Salmi, da cui si parte per arrivare dove si vuole arrivare. In queste composizioni l'ebreo - ma non solo l'ebreo, direi qualunque credente - ha cercato e cerca riparo, consolazione di fronte alle disgrazie, oppure cerca un modo di esprimere i propri sentimenti di gioia e di compiacimento. Sono espressione praticamente di tutti gli stati d'animo. Una bella definizione che ho sentito è che i Salmi sono la "colonna sonora" del popolo ebraico.
Qualcuno ha definito i Salmi "il Libro dell'anatomia dell'animo umano", perché chiunque legga i Salmi, trova sempre un passo, un versetto, una parola che gli pare scritta proprio per lui, e proprio per quella circostanza. Quindi ci riconosciamo in tutto e per tutto; qualche volta capita anche casualmente. Uno apre il Libro dei
Salmi, legge il primo versetto che gli viene sotto gli occhi e dice: "Guarda, questo è lo specchio del mio stato d'animo in questo momento!".

Considerazioni sulla poesia nei Salmi

Direi che nella tradizione ebraica c'è una dicotomia nei confronti della poesia: alcuni sostengono che è una gran bella cosa; se poi è poesia religiosa, ancora meglio! Dicono alcuni maestri che "la poesia annulla lo spirito cattivo"; se un uomo ha degli istinti cattivi, oppure è in uno stato di disagio personale, recitando una poesia trova un certo sollievo. Si fa l'esempio di Saul: ricordate, il re Saul che soffriva di depressione? Bene, hanno chiamato Davide, il quale compare nella storia in questo modo, perché suonasse a Saul determinate cose, presumibilmente accompagnando il suono con delle poesie, per placare l'animo esacerbato e amareggiato del re. Quindi, la poesia può essere un rimedio efficace per chi ha qualcosa che non funziona nel proprio animo.
Vorrei raccontarvi un midrash, cioè uno di quei raccontini che hanno sempre un che di paradossale. Il maestro che riferisce questo tipo di racconti si propone sempre di sollecitare la curiosità e possibilmente la reazione dell'ascoltatore. Di solito noi siamo portati a leggere tutto, anche il testo biblico, con una certa leggerezza. Abbiamo molta fretta e vogliamo arrivare alle conclusioni (vogliamo sapere subito chi è l'assassino!), non abbiamo la pazienza di fermarci sui singoli particolari. Il maestro che racconta il midrash vuole concentrare la nostra attenzione su qualche dettaglio che ci era sfuggito; per fare questo, talvolta se ne viene fuori con un elemento paradossale che suscita l'interesse dell'ascoltatore. Ecco cosa dice il maestro del midrash che vi racconto: "Quando il re Davide stava scrivendo il Libro dei Salmi (o quanto meno quei Salmi che sono attribuiti a lui), egli accompagnava questa composizione con una certa forma di superiorità (si dava delle arie!).
Egli diceva: "In realtà, non c'è mai stato, né mai ci sarà un essere umano così bravo nel comporre delle poesie! Cioè: io sono il migliore, il più bravo di tutti, il leader maximo, come me non c'è nessuno!". E si vantava di questo. Mentre si vantava costantemente di questa cosa - peraltro anche con un pizzico di verità - a un certo punto gli comparve una rana che stava gracidando. Riuscendo a tradurre queste sue articolazioni sonore, non particolarmente gradevoli, in un linguaggio accessibile a Davide, la rana gli disse: "Ma cosa dici? Tu non sai che il mio canto, riferito a Dio, è migliore del tuo! Cioè: io sono più brava a lodare Dio con il mio gracidare di quanto lo fai tu, se non altro perché non mi do delle arie! Tutti gli esseri umani che esprimono un suono lodano Dio: tu cosa credi di essere?". Allora Davide capì e riuscì a ridimensionarsi, tanto che finì il Libro dei Salmi con la famosa frase, l'ultimo versetto del Libro: "Ogni essere vivente loda Dio", come a dire: non solo io, ma tutti gli esseri dotati di vita in qualche modo lodano Dio.
Abbiamo considerato come la poesia possa essere terapeutica per gli stati d'animo negativi, o anche per le pulsioni cattive dell'essere umano. Ma c'è qualcuno che invece afferma il contrario, facendo riferimento proprio alla vita di Davide. Interpretando con una certa libertà il testo biblico a proposito della storia di Davide, estrapolandola anche dal Libro dei Salmi, i maestri hanno osservato che Davide - grandissimo personaggio, poeta, guerriero, uomo dall'animo molto nobile e molto ignobile, perché ne ha fatte di tutti i colori! - non ha avuto mai nella sua vita un sonno tranquillo: nella sua esistenza non c'è stata una notte tranquilla. Secondo i maestri del midrash, quando arrivava la notte, c'erano sempre dei tormenti. Oltre alle notti così disagevoli ci sono anche le disgrazie che gli sono capitate, come la morte del figlio, più quelle che ha causato lui agli altri; sicuramente non ha avuto una vita tranquilla. Ricordo anche la sua intima sofferenza per non aver avuto da Dio il permesso di costruire il santuario, che era la sua grande aspirazione: "Così come sono il più grande poeta, sarò il più grande edificatore!". Ma Dio disse di no a Davide, perché le sue mani erano sporche di sangue, e questo lo ha turbato; la Tradizione dice che egli ha avuto una vita molto tormentata, ma anche le sue notti lo erano. Non c'era il "valium" o il "tavor", e le sue lotti erano piuttosto laboriose.

I maestri si domandano: "Ma perché? Per gravi che fossero i suoi peccati, possibile che non gli riuscisse di passare una notte tranquilla e di fare un sogno piacevole? Che cosa ha fatto di tanto grave?". Ha fatto una cosa gravissima: ha trasportato il testo biblico in poesia! Ha inventato la poesia, e questo - secondo l'atteggiamento di un maestro - è una cosa molto grave, è una forma quasi di bestemmia. Che cosa significa? Rivestire il testo biblico di un elemento di poesia, vuol dire in qualche modo travisarlo per mettere in luce le qualità del poeta. Il testo biblico deve essere apprezzato indipendentemente dalla forma con cui è espresso, perché la forma ricercata ha l'effetto che chi legge elogia l'autore e la sua poesia. Poi si va a cercare la metrica, le rime, gli acrostici, i parallelismi, e veniamo distratti dall'affrontare il vero problema: capire qual è il messaggio intrinseco del testo. Secondo qualcuno la poesia distrae. Insomma, il vero peccato di Davide è stato comporre delle poesie! Ognuno poi è libero di scegliere fra i due partiti; può stare con chi dice che la poesia è la migliore medicina per l'anima, oppure con chi sostiene che il testo biblico va affrontato per ricavarne il messaggio morale, e non per aspetti di carattere formale.

Il Libro dei Salmi nella tasca di ogni Ebreo
Oltre che nella Liturgia, noi recitiamo i Salmi in tutte le occasioni; ci sono migliaia di edizioni del libro dei Salmi che circolano nell'ambiente ebraico. È uno dei libri biblici più stampati, anche perché spesso ci sono delle aziende che per sponsorizzare i loro prodotti qualche volta stampano il Libro dei Salmi, perché va bene sempre, in ogni circostanza: qual è l'ebreo che non lo tiene in tasca? In questa ottica, a seconda della edizione che vi capita in mano, voi trovate che alcuni Salmi sono identificati con situazioni particolari. Per esempio, c'è quello che va bene per la signora che aspetta un bambino, per quella che deve partorire, per quella che si aspetta delle difficoltà nel parto, per chi ha un figlio malato, per chi deve intraprendere un viaggio, per chi costruisce una casa nuova. Ma questa elencazione è molto personale; quindi non è detto che due edizioni abbiano la stessa titolazione.
Comunque, chi ha un problema qualsiasi, sfoglia il suo Libro dei Salmi e trova sicuramente la situazione che è più vicina a quella sua personale.
Il nesso che esiste tra la Liturgia e il Libro dei Salmi ha trovato espressione già nella letteratura talmudica, là dove si dice che "chi recita il Libro dei Salmi è come se pregasse". Quindi, anche se uno li recita per corrispondere a un moto del suo animo, è come se esprimesse una preghiera a Dio. Un altro maestro sostiene: "Chi recita anche soltanto una parte del Libro dei Salmi è come se si occupasse di mettere in pratica le disposizioni bibliche", cioè non si occupa solo della preghiera, ma fa qualcosa di ancor più importante. Nell'ottica ebraica infatti, quello che è molto importante nella nostra vita non è tanto leggere e affrontare il testo biblico per migliorare il proprio bagaglio, ma mettere in pratica le cose che impariamo. Io dal testo che leggo devo imparare come condurre quotidianamente la mia esistenza. Bene, c'è un maestro che dice: "Leggendo il Libro dei Salmi è come se tu mettessi in pratica qualche cosa"; anche questa è un'espressione di carattere un po' paradossale.

Un salmo per ogni giorno della settimana
È stato stabilito già nella letteratura talmudica che ci siano Salmi particolari collegati con determinati giorni della settimana, anche festivi, o con determinate situazioni; ogni giorno della settimana è accompagnato da un Salmo, che io devo aggiungere alla Liturgia del giorno. Per esempio, la domenica (che noi consideriamo il primo giorno della settimana, che si conclude con il Sabato, lo Shabbath) noi accompagniamo la nostra preghiera con la lettura del Salmo 24 (23). Forse qualcuno si domanda cosa c'entra la domenica con questo Salmo; io vi invito a leggerlo, ma ve ne posso dare un brevissimo campione. Il Salmo 24 dice:
"Di Davide. Salmo. Del Signore è la terra e quanto contiene: il mondo, con i suoi abitanti. È lui che l'ha fondato sugli oceani e sui fiumi l'ha stabilito. Chi potrà salire sul monte dell'Eterno? Chi potrà presentarsi al suo luogo santo?".
Questa è una delle tante traduzioni, l'importante è il senso generale.
Ci si chiede allora cosa c'entri tutto questo bel discorso con la domenica: il primo giorno della settimana nell'ottica ebraica si dice che "sono dell'Eterno la terra e quanto contiene, l'universo e i suoi abitanti". Sapete cosa hanno inventato i nostri maestri?
Queste parole sono particolarmente adatte alla domenica, il primo giorno della Creazione, perché in questo giorno l'Eterno era veramente padrone assoluto di tutto; infatti non c'era nessun essere animato: non esisteva l'uomo, non esistevano gli animali, e non esistevano nemmeno gli angeli.
Dietro questo concetto c'è un elemento che fa pensare, ed è anche molto bello, secondo me: quando l'Eterno decide di creare le cose animate, in particolare l'uomo, si sottrae volontariamente una parte della proprietà del Creato. L'uomo è visto come socio, collaboratore di Dio nell'opera della Creazione; dal momento in cui ha creato l'uomo, Dio è padrone, ma un poco meno di prima. E questo Egli lo ha fatto deliberatamente, per dare all'uomo una certa responsabilità sul Creato.
Il secondo giorno, il nostro lunedì, noi leggiamo il Salmo 48 (47), un Salmo dei figli di Corah, che forse erano una famiglia di specialisti nel suonare alcuni strumenti o nell'accompagnare il canto, comunque dei personaggi legati a questo mondo di poesia. Il Salmo 48 (47) dice così:
"Salmo. Dei figli di Corah. Grande è l'Eterno e molto celebrato nella città del nostro Dio, nel suo sacro monte. Bella altura stupenda, gioia di tutta la terra è il monte di Sion, all'estremo Settentrione, città del grande re".
Bisogna studiare e approfondire per comprendere quale sia il nesso tra questo salmo e il lunedì.
Passo direttamente al Salmo 94, che è per il mercoledì, quarto giorno della Creazione, e poi tralasciamo gli altri. Il collegamento di questo Salmo forse è più trasparente. Ecco un brano del Salmo 94:
"Dio della vendetta, o Eterno! Dio della vendetta, rivelati! Levati, o Giudice della terra, rendi ai baldanzosi la meritata ricompensa".
È ironica la cosa, perché vuol dire: "Ai baldanzosi dagli la punizione giusta"; è forte, e dimostra che il linguaggio a volte è molto, molto pesante. L'autore si rivolge a Dio chiedendo di fare vendetta. L'interpretazione ufficiale tradizionale è che nel quarto giorno sono stati creati il sole, la luna e gli astri: cosa c'entra la vendetta? Si chiede la vendetta nei confronti degli esseri umani che hanno travisato la Creazione adorando queste cose create, invece di adorare Dio, che è il Creatore di tutto. Forse il riferimento è anche agli egiziani, ai babilonesi, che coltivavano il culto degli astri. Il Salmo dice in pratica: "Signore, punisci quelle persone che della tua Creazione non hanno capito niente".
Mi fermo un momento sul Salmo 92, collegato con il giorno del Sabato.
In questo caso il discorso è più trasparente, nel senso che la titolazione è abbastanza precisa:
"Salmo, canto per il giorno del Sabato: E' bello prestar lode all'Eterno e cantare al tuo Nome, o Altissimo Dio".
E' una bella poesia nella quale ci si compiace di lodare Dio e noi leggiamo questo Salmo in occasione del sabato più volte al giorno: al venerdì sera, al sabato durante la preghiera mattutina e serale.

"Hallel", "la lode" nella festa
C'è ancora un gruppo di Salmi che vanno dal numero 113 al numero 118, che noi definiamo con il termine generale di "hallel" lode a Dio.

Questi Salmi fanno parte proprio della Liturgia ufficiale dei giorni delle festività ebraiche che non sono il Sabato, ma la Pasqua, Sukkòt e così via. In questi giorni festivi noi aggiungiamo alla preghiera i Salmi di lode a Dio proprio perché ci danno una intonazione di gioia, di effervescenza di sentimenti nei confronti della Divinità. Quando diciamo "la lode" generica ci riferiamo all'Hallel, a quel gruppo di Salmi, con una piccola notazione: questi Salmi sono letti completamente in quelle feste "che sono tutte feste", e con certe omissioni in quelle feste "che non sono tutte feste".
Voi direte: "Cosa vuol dire?". Vi faccio subito l'esempio. Voi sapete che la Festa di Pesach, la Pasqua ebraica, dura otto giorni. Nei primi due giorni noi leggiamo questi Salmi in forma completa, negli ultimi sei giorni li leggiamo in forma abbreviata; per quale motivo? Forse perché ci si è stancati? Non è quello il problema; anche qui ricorre un raccontino, che ci fa pensare, un midrash. Pesach è la festa che celebra l'uscita del popolo ebraico dall'Egitto, e il clou di questo manifestarsi della volontà di Dio si è avuto nella traversata del Mar Rosso. Bene: nella nostra tradizione noi diciamo (non so bene perché) che tutto quello che l'Eterno ha fatto per portare la liberazione del popolo ebraico, le piaghe contro l'Egitto, i miracoli, non è niente di fronte alla manifestazione di Dio allorché aprì il mare per far passare all'asciutto il popolo ebraico. Il midrash racconta che in quell'occasione la più umile, la più ignorante tra le bambine del popolo ebraico, ebbe una percezione della Presenza divina come non ha mai avuto il più grande dei Profeti. In quel momento si ebbe la plastica, materiale visione e sensazione della presenza di Dio. Questa è la tradizione che ci portiamo dietro.
Nei primi due giorni di Pesach (la liberazione), noi diciamo l'Hallel in forma completa. Gli ultimi sei giorni, che ricordano in qualche modo la traversata del Mar Rosso, diciamo l'hallel solo a metà. Ma perché, se celebriamo proprio l'elemento più importante?
Si racconta che, personificando un po' l'Eterno, quando gli ebrei riuscirono a completare all'asciutto il passaggio del Mar Rosso, che poi si richiuse sugli egiziani inseguitori, Mosè intonò la famosa "cantica del mare", che si interrompe a metà. Perché questa interruzione? Perché sarebbe intervenuto Dio dicendo: "Le mie creature stanno affogando e voi cantate? Sono persecutori, nemici, disgraziati, selvaggi, ma sono degli esseri umani, sono mie creature. Questa vostra gioia non può essere completa, perché è vero che voi vi siete salvati dalla schiavitù, siete diretti verso l'indipendenza, verso la terra che Dio vi ha dato; ma la vostra gioia deve limitarsi, perché c'è qualcuno che sta morendo!". E quando qualcuno sta morendo, anche se si tratta del peggiore degli individui, abbiamo poco da compiacerci. Ecco perché nei sei giorni finali della Festa della Pasqua noi non recitiamo l'hallel intero. Sì, siamo contenti, ma meno dei primi due, perché finché si trattava della liberazione, c'era la massima contentezza; muoiono gli egiziani e siamo meno contenti, perché sono creature che perdono la vita.
Sempre parlando di Liturgia, allorché inizia la Liturgia dell'entrata nel Sabato, noi facciamo precedere la preghiera del venerdì sera dalla lettura di sei Salmi, uno per ogni giorno della Creazione, che si conclude con il Sabato.
Poco fa ricordavo che abbiamo l'uso di trascorrere il tempo in cui siamo alla presenza di un moribondo o di un defunto, leggendo i Salmi; non solo, ma abbiamo la tradizione di trascorrere la notte del giorno di Kippur leggendo il Libro dei Salmi, anche più volte. Kippur è uno dei giorni più sacri della Liturgia ebraica; è caratterizzato da 25 ore di completo digiuno e di astinenza da qualsiasi piacere fisico, per ottenere da Dio che ci perdoni. Le persone che non hanno problemi di salute e si sentono di farlo, trascorrono la notte di Kippur, dove non sono proposte delle liturgie, leggendo proprio i Salmi.

I simboli nell'armonia geometrica dei Salmi
Vorrei fare una precisazione, quasi per darvi un input. Si è detto che i Salmi hanno un aspetto di poesia, anche se non riusciamo a capire bene come funziona. Comunque, non c'è dubbio che c'è una forma di armonia o di carattere letterario, o di carattere armonico, se teniamo conto della musica che li accompagnava.
Una ricerca relativamente recente, fatta in Israele, ha portato ad una scoperta, o meglio, una riscoperta; una persona, che ha dedicato la sua vita a questo mondo dei Salmi, è arrivato a formulare un'ipotesi, a mio avviso molto vicina alla realtà. Secondo lui, nei Salmi, oltre che esserci un'armonia fonetica e musicale, c'è anche un'armonia geometrica. Non è facile spiegare queste cose; questo autore ha scritto una serie di saggi su questo argomento, dicendo che molti Salmi, forse tutti, dovevano soddisfare il senso estetico di chi li recitava dal punto di vista del suono, dell'udito. Uno sente recitare il Salmo, lo recita a sua volta, lo canta, e quindi c'è un'armonia che riguarda il senso dell'udito, e successivamente l'intelletto; ma il primo impatto è con l'udito.
Orbene, studiando con molta attenzione come sono composti questi Salmi si è giunti a formulare l'ipotesi che originariamente fossero ordinati graficamente in modo tale da rappresentare delle figure.
Molti Salmi erano scritti in forma o di triangolo, o di quadrilatero, o di circolo, o di una serie di triangoli che si intersecano. L'ipotesi è che chi scriveva il Salmo voleva soddisfare anche il senso della vista, non solo quello dell'udito: il Salmo si vede piacevolmente e rappresenta un qualche cosa che può avere un significato.
Pensate al triangolo, che tra l'altro è la metà del simbolo più noto dell'Ebraismo, la stella a sei punte, fatta con due triangoli equilateri che si intersecano. Cosa c'entra questo con la dottrina ebraica? Non lo sappiamo. In che modo la stella a sei punte è diventata il simbolo dell'ebraismo? Forse inventata da quel Davide di cui parlavamo prima; infatti noi la chiamiamo "scudo di Davide", perché era il simbolo di Davide. Forse per il fatto che (con una implicazione di carattere di segnale stradale: un triangolo per il Codice Stradale significa "attenzione!") i due triangoli della stella ebraica sono uno rivolto verso il basso e uno verso l'alto, quasi a simboleggiare quella che deve essere la nostra esistenza in questo mondo.
Noi dobbiamo contemporaneamente guardare al basso, cioè i nostri simili, e puntare all'alto, nei confronti di Dio. Se riusciamo a contemperare in modo equilibrato queste due esigenze, noi rispondiamo alle esigenze di Dio.
Questa ricerca è stata fatta da Jacob Bezek, il quale ha lavorato soprattutto sul computer. Infatti oggi c'è tutto un filone che studia il testo biblico sottoponendolo ad una indagine computerizzata e ne escono cose straordinarie! Ma al di fuori di questo, già i nostri antichi maestri (e mi riferisco a duemila anni fa, quando il computer non c'era) erano arrivati a considerazioni analoghe. Il Salmo 67, per esempio, è congegnato in modo tale che può rappresentare una menoràh, il candelabro a sette bracci: c'è un equilibrio perfetto tra il numero delle parole. Il primo versetto è costituito da gruppi di tre lettere, meno la parte centrale che ne ha solo due; poi, risulta che la parte del "braccio" del candelabro corrisponde esattamente a quello dell'altra parte, con una simmetria perfetta. Quindi, questo Salmo può essere riprodotto come una menoràh, che era uno dei simboli del Santuario.
Già i maestri del Talmud dicevano: "Colui che recita questo Salmo tutti i giorni, non da un testo qualsiasi ma leggendolo da questa forma, è sicuro che in quel giorno non gli capita nulla di male, perché si pone sotto la protezione di Dio".
L'ipotesi è interessante, perché dimostra che era già stato intuito qualcosa del genere: il Salmo è rappresentato con le parole dei vari versetti che lo costituiscono, parole che sono in perfetto equilibrio come numero di lettere. Per cui, lo studioso di cui parlavo, Bezek, dice che il Salmo 67 era composto in questa data forma, che era il modo originale per soddisfare l'interesse e il senso estetico di chi vedeva il Salmo.
La cosa poi è stata abbandonata ed è caduta nel dimenticatoio, perché per scrivere i Salmi in questo modo c'era bisogno di grandi spazi, di molta carta e di materiale che non sempre era sottomano, quindi non tutti ne potevano disporre. Allora si è rinunciato a questa cosa che ha una sua implicazione di carattere estetico e si è ripiegato sulla forma letteraria.

Il punto focale del Salmo 92
A questo proposito ritorno al Salmo 92 (91), che è quello del Sabato. Se mi consentite ve lo leggo; vi prego di fare attenzione al concetto generale, non ai particolari:
"Salmo. Canto. Per il giorno del sabato.
È bello rendere lode all'Eterno e cantare al tuo nome, o Altissimo,
proclamare al mattino la tua bontà, la tua fedeltà lungo la notte,
sulla lira a dieci corde, sul liuto, sull'higgaion insieme all'arpa.
Perché quanto tu fai, Signore, è per me cagione di gioia
e le opere delle tue mani mi muovono al canto.
Quanto è grande ciò che tu hai fatto, quanto profondi i tuoi pensieri!
L'uomo insensato non sa e lo stolto non capisce che,
se i malvagi spuntano come l'erba e fioriscono tutti i malfattori,
sono però destinati all'eterna rovina,  
mentre tu sei eternamente Eccelso, o Dio".

Quest'ultimo versetto, "mentre tu sei eternamente Eccelso, o Dio", è il più corto di tutti; nel testo ebraico sono quattro parole.
"Ecco, i tuoi nemici, o Signore, i tuoi nemici, ecco, periranno,
saranno sterminati tutti i malfattori,
mentre tu terrai alto il mio corno come il bufalo
e io sarò cosparso di olio splendente.
Vedrò con i miei occhi la disgrazia dei miei avversari
e i miei orecchi udranno la sconfitta di quelli che mi assalgono.
Il giusto fiorirà come palma, crescerà come cedro del Libano;
coloro che sono piantati nella casa dell'Eterno,
fioriranno negli atri del nostro Dio.
Nell'estrema canizie daranno ancora frutti, saranno pingui e rigogliosi,
affinché si sappia che retto è l'Eterno, mia fortezza
e non esiste in lui ingiustizia".

Detto così è banale, anche perché queste cose si possono gustare solamente nella lingua originale; nella traduzione viene a mancare tutto il ritmo originario.
Comunque nel Salmo c'è una disparità tra il versetto 9, fatto di sole quattro parole e i restanti versetti, relativamente lunghi.
Il parallelismo di cui vi parlavo - quell'artificio letterario per cui si dicono le stesse cose con parole diverse - si vede nel versetto 3: "...proclamare al mattino la tua bontà, e la tua fedeltà nelle notti"; ma anche nel versetto 5: "... quanto tu fai, o Signore, è per me cagione di gioia e le opere delle tue mani mi muovono al canto".
Dunque, mentre tutti i versetti sono composti di due parti, quello centrale è soltanto di quattro parole: "... tu sei eccelso eternamente, o Dio".
I nostri maestri (ma non c'è bisogno di tanta scienza) hanno osservato che questo versetto 9, nel contesto del Salmo, è preceduto e seguito da cinquantadue parole esatte. Vedete che c'è anche un equilibrio nel numero delle parole? Non voglio approfondire troppo, ma se qualcuno avrà la compiacenza di farlo, vedrà che c'è persino un equilibrio nel numero delle lettere e una certa assonanza tra le vocali.
Quindi, nei Salmi ci sono degli aspetti che ci fanno pensare, e che vanno persi quasi completamente da un lettore che li legga in un altra lingua. Sembra quasi che questo Salmo 92 sia centrato su un punto focale: "... tu sei eccelso eternamente, o Dio", cioè: "L'unica cosa veramente superiore sei tu, o Dio. Tutto il resto sono chiacchiere che facciamo noi, esseri umani".

Il Salmo 92 letto in chiave di midrash
Se permettete, a questo punto vorrei dedicare un po' di tempo per darvi un'idea di come si può affrontare la lettura di un testo biblico, in particolare di un Salmo, in chiave di midrash.
Vedete anche voi che tutte le cose che dico, o buona parte di esse, hanno solamente lo scopo di suscitare la vostra curiosità e di invitarvi a leggere il testo con maggiore attenzione. Presupponendo che abbiate presente il testo del Salmo 92, riprendo le parole con cui comincia: "Salmo canto per il giorno del Sabato".
Il maestro fa alcune osservazioni e dopo vedremo da dove è partito per dire queste cose. Tutto quello che riguarda il Sabato è doppio. Quando esisteva il Santuario, era opportuno portare in uno dei suoi locali il pane di presentazione; la stessa cosa facciamo noi in occasione dei pasti del Sabato, preceduti da una benedizione a Dio che ha creato il pane, però con due pani, come erano due i pani presentazione portati nel Santuario.
Di Sabato c'è il pane doppio; c'è la doppia dose di manna che scendeva al venerdì per il Sabato; il sacrificio del Sabato era doppio, perché veniva celebrato un sacrificio per tutti i giorni feriali, più uno che riguardava il Sabato; il premio per chi osserva il Sabato è doppio; gli avvertimenti indirizzati per osservare il Sabato sono doppi.
Qui devo fare una precisazione: nel testo dei Comandamenti, che troviamo due volte nella Bibbia, una volta nel Libro dell'Esodo e l'altra nel Deuteronomio, quando si parla del Sabato c'è una differenza. Nell'Esodo c'è scritto: "Ricordati del giorno del Sabato per santificarlo"; nel Deuteronomio si dice: "Osserva il giorno del Sabato per santificarlo". Quindi, ci sono due versioni. Ma il Comandamento cosa dice? Dobbiamo "ricordare" o dobbiamo "osservare"? La tradizione sostiene che questi Comandamenti erano stati annunciati dalla voce di Dio, la quale, non essendo una voce umana, era in grado di pronunciare due parole contemporaneamente, cosa che noi non siamo capaci di fare. Infatti, gli ascoltatori hanno sentito due parole, ma chi l'aveva emessa ne aveva detto una sola; c'è un duplice avvertimento riguardante il Sabato: osserva e ricorda.
Immaginate gli allievi di questo maestro! Gli astanti avranno pensato che avesse preso un colpo di sole, per fare un discorso simile: tutto quello che riguarda il Sabato è doppio! Ma cosa c'entra?
Il maestro parte da una considerazione sull'inizio del Salmo, che dice: "Salmo canto per il giorno del Sabato". Ma è un canto o è un salmo? Ci sono due parole per dire la stessa cosa; di solito i Salmi si intitolano o con mismor (canto), oppure si chiamano shir, (poesia, composizione, canzone). A questo Salmo, che è parte del Sabato, viene attribuita una doppia titolazione, quasi fosse due composizioni diverse: poesia e sonetto, diremmo noi, canzone e ballata.
Anche a proposito della poesia che riguarda il Sabato c'è un elemento doppio.
Un altro maestro, presumibilmente in un altro secolo (ma non interessa l'autore!), parlando del Salmo del Sabato, dice: "Vanità elle vanità - dice Qohelet - vanità delle vanità, tutto è vanità", Qohelet è il nome dell'Ecclesiaste, ed è un testo biblico molto bello, pregnante, interessante, pieno di significati, che comincia proprio con le parole "Vanità delle vanità, vanità delle vanità, tutto è vanità" (Qohelet 1,1), spesso citate come forma proverbiale.
Voi immaginate della gente che è andata a sentire una lezione dell'illustre maestro per commentare il Salmo del Sabato e lui comincia con un versetto che sembra non c'entrare proprio niente. E non c'entra niente! Ma ci dobbiamo abituare al meccanismo dei maestri. Essi partivano dal presupposto che il testo biblico fosse noto a memoria a tutti, cosa che oggi purtroppo non accade. Il maestro continua e spiega: "Il primo giorno cosa ha creato Dio? Il cielo e la terra. Il secondo giorno ha creato il firmamento; il terzo giorno ha separato l'acqua dal terreno; il quarto giorno ha creato il sole, la luna, le stelle; il quinto giorno ha creato gli esseri che popolavano l'acqua e quelli striscianti; il sesto giorno ha creato l'uomo".
Non c'era bisogno di un grande maestro che ci dicesse queste cose! Bastava leggere il primo capitolo della Genesi. Ma viene stabilito un rapporto tra tutte queste cose: tutte le cose create da Dio sono vanità! E si fa un conteggio, sempre con quell'avvertimento di fare attenzione alle parole che si dicono.
Ecco la domandina, adatta a un bambino di seconda elementare: in quel versetto del Libro dell'Ecclesiaste di quante "vanità" si parla? Contiamole: "Vanità delle vanità, vanità delle vanità, tutto è vanità". Sono sette, perché la prima espressione, "Vanità" al singolare, vale una; la seconda, "delle vanità" al plurale, vale almeno due; e sono tre vanità. Poi ripete: "Vanità delle vanità", e sono in tutto sei. Infine, "tutto è vanità", e sono sette.
Tutta la Creazione non è altro che vanità. Attraverso la bocca di Qohelet, Dio disse: "Tutto quello che esiste è soltanto vanità, perché è caduco: è creato, vive, un giorno non ci sarà più. L'unica cosa che non è vanità è il Creatore!".

Il sabato salvezza dell'uomo

Qui si sta facendo una filosofia sulla valenza delle cose create. Il discorso è provocatorio. Ricordate: allorché Dio creò l'uomo, gli disse: "Tu sei polvere e alla polvere tornerai" (Genesi 1); cioè "Non ti credere di essere un gran personaggio, perché ci sei, ma un giorno finisci anche tu".
Il settimo giorno Dio creò il Sabato, e nel piano che Egli aveva fatto era previsto di considerare anche il Sabato una cosa vana. E Dio si voltò di qua e di là per cercare un elemento negativo nei confronti del Sabato, ma non riuscì a trovarlo. Sapete cosa è successo? Io vorrei che poteste tornare su queste cose perché contengono elementi molto profondi. Successe che l'uomo, fin dal primo giorno in cui fu creato, peccò e Dio si disponeva a punirlo immediatamente. Espongo i fatti quasi come una sceneggiatura: l'uomo fu creato il venerdì sera, proprio all'ultimo momento, prima che entrasse il Sabato; l'ultima cosa creata da Dio fu l'uomo.
In realtà, la creazione dell'uomo ha avuto questa scansione:
in un primo momento Dio pensò di creare l'uomo;
nel secondo momento si consultò con gli angeli se crearlo o no;
nel terzo momento raccolse la terra dalla quale sarebbe stato creato l'uomo;
nel quarto momento radunò la terra raccolta,
nel quinto momento gli ha dato una forma umana,
nel sesto momento gli diede dei tessuti,
nel settimo momento gli inspirò l'anima.
Nell'ottavo momento, dopo otto secondi dalla creazione, l'uomo fu in piedi;
nel nono momento Dio diede un ordine all'uomo: non mangiare…
nel decimo momento, l'uomo ha disobbedito: la purità dell'uomo è durata un secondo. Dio aveva detto: "Non fare così", e l'uomo lo ha fatto subito;
nell'undicesimo momento Dio giudicò l'uomo;
nel dodicesimo momento Dio cacciò l'uomo dal giardino dove l'aveva collocato.
Egli stava per realizzare nei confronti dell'uomo la sentenza finale, una condanna a morte, cioè: "Non sei degno di vivere, perché la prima cosa che hai fatto è disobbedire". Proprio in quel momento ebbe inizio il Sabato e l'uomo si rivolse a Dio e gli disse: "Signore Iddio, perché mi punisci?". Dio non lo stette a sentire. Ma il Sabato si rivolse a Dio e disse: "Signore Iddio, la prima cosa che mi fai fare è ammazzare un uomo! Non va bene, perché resterò nella storia come il giorno in cui Dio ha punito l'uomo!". Quindi il Sabato ha preso le difese dell'uomo, tanto che Dio diede ragione al Sabato e salvò l'uomo.
La salvezza dell'uomo è avvenuta perché il Sabato ha preso le sue difese. Ecco cosa significa "Salmo canto per il giorno del Sabato".
Questo Salmo lo ha scritto Adamo, che ha ringraziato il Sabato per averlo salvato dalla morte che si meritava.

Il Salmo per il Sabato della Creazione e del mondo futuro
Se posso proseguire per qualche minuto, vorrei commentare l'espressione "Salmo canto per il giorno del Sabato".
Dice un maestro: La parola di Dio esce da Dio e si stempera in sette suoni e da questi sette suoni, nelle settanta lingue, e la parola di Dio funziona come un martello che picchia sopra una roccia; ne fuoriescono decine di migliaia di scintille, tutte diverse l'una dall'altra. Questa è la parola di Dio. Quando tu leggi questo "Salmo canto per il giorno del Sabato", non pensare che sia una cosa banale, che sia semplicemente una composizione poetica, ma tieni conto che ogni parola di Dio si estrinseca in centinaia di migliaia di significati, così come percuotendo una roccia con un martello ne scaturiscono scintille così numerose che non si possono nemmeno contare. Perciò, quando leggi dei testi, non correre, fermati sulle parole perché ognuna di loro ha un suo significato.
Un altro maestro dice: "Sabato" non è semplicemente un termine col quale si definisce un giorno della settimana. Shabbath in ebraico vuol dire cessazione e si chiama così perché Dio ha cessato la sua opera creativa dopo i sei giorni della Creazione, perché aveva compiuto il suo lavoro; quindi il Sabato è il "giorno della cessazione". Ma - soggiunge il maestro - non vuol dire solo quello; "giorno del Sabato" significa che sarà il giorno della cessazione di tutte le sofferenze per gli uomini, il giorno in cui essi impareranno a cessare le loro controversie, il giorno in cui cesseranno le guerre nel mondo. Quindi questo "Salmo canto per il giorno del Sabato" non si riferisce al Sabato della Creazione, ma a quel giorno, a quell'era in cui ci sarà la cessazione - non dell'opera creatrice di Dio, che non finisce mai - ma di tutte le implicazioni negative del comportamento dell'uomo.
Riguardo alla famosa frase centrale "E tu sei eccelso eternamente, o Dio", un maestro che è piuttosto forte nell'esprimersi, la interpreta in un senso che rasenta quasi la blasfemia, ma cercate di capire lo spirito con cui vengono dette queste cose. Diceva Rabbi Berachià: "Tanto, tu hai sempre ragione! Tu sei eccelso, sei superiore; noi ci arrabattiamo, facciamo, disfiamo, urliamo, ma chi ha l'ultima parola sei sempre Tu".
È quasi una forma di protesta: tu ci hai creato, ci hai dato una specie di libertà, ma la parola finale è tua. Come dire: questa tua reazione non è tanto democratica! Ripeto: tutte le cose che vi dico sono per sollecitarvi a rileggere con attenzione quello che di solito si legge con una certa velocità.

I "giusti" secondo Dio

Il Salmo 92 alla fine diceva: "Il giusto fiorirà come una palma".

Che significa l'immagine della palma? Come la palma ha la caratteristica di proiettare la sua ombra lontano, così i giusti proiettano la loro influenza benefica lontano. Ecco cosa ha la palma di speciale: come in un paese assolato l'ombra che essa proietta è una cosa molto bella, così anche l'ombra positiva del giusto si proietta lontano, fino al mondo futuro.
Il Salmo continua: "crescerà come il cedro del Libano; coloro che sono piantati nella casa dell'Eterno, negli atri del nostro Dio, fioriranno. Daranno frutti nell'estrema canizie, saranno pingui e fiorenti, affinché si sappia che retto è l'Eterno".
Anche qui c'è una risposta paradossale.
Sapete chi sono i giusti di cui si sta parlando? Sono i bambini della scuola elementare! Gli unici giusti che l'Eterno considera validi da tenere nella sua casa sono i bambini che imparano adesso a balbettare, a leggere: sono piantati, radicati alla presenza di Dio. E quando si dice "Daranno frutti nell'estrema canizie", di chi si parla? Un maestro suggerisce che si tratti di Abramo, il quale secondo il testo biblico ebbe figli quando era in tardissima età.

Spero di avervi dato una panoramica, forse un po' disordinata, di quale sia l'ottica ebraica nell'affrontare questi testi.  
Noi riteniamo (lo dico con molta modestia e semplicità) che scopo precipuo del messaggio che Dio ci ha indirizzato attraverso il testo biblico sia proprio quello di insegnare a tutti gli esseri umani - e non solo agli ebrei - a saper vivere secondo determinati parametri, che noi chiamiamo "periodo messianico", quello della cessazione delle guerre e di qualsiasi forma di violenza. Che sarà, soprattutto, il periodo del riconoscimento unanime da parte di tutti gli esseri umani della esistenza e della sovranità di Dio. Da parte nostra c'è sicuramente questa chiave di lettura.

(Conferenza tenuta a Verona, il 14 gennaio 1999 in occasione della Giornata per la Conoscenza e il Dialogo Ebraico

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