universalismo - amicizia ec romagna

Vai ai contenuti

Menu principale:

Noè camminava con Dio: l'universalismo di Israele
(Rav Luciano Meìr Caro)


Siamo invitati a riflettere su questo personaggio biblico, che è Noè, a partire dal versetto 6, 9 della Genesi, dove è detto: "Con Dio procedeva Noè". Vi dico subito che Noè ha degli elementi caratteristici, perché è considerato un progenitore di una nuova umanità, visto che le generazioni precedenti a lui erano state distrutte a causa dei gravi peccati. Noè è considerato con grande attenzione da tutte le tradizioni religiose, anche da quella ebraica e, a mio avviso, è importante notare, che questo personaggio fuoriesce dagli schemi di carattere religioso, perché non era né cristiano, né musulmano e nemmeno ebreo, quindi ci porta in un mondo paganeggiante. Scollegato, perciò, da qualsiasi organizzazione di carattere religioso, Noè "procedeva con Dio", divenendo, così, il simbolo, un'esemplificazione di come dev'essere l'uomo per bene.
Proiettiamo subito nel testo biblico, in Genesi 6, 9, dove, appunto comincia la storia di Noè: "Queste sono le generazioni di Noè. Noè era un uomo giusto, integro tra i suoi contemporanei e Noè procedeva con Dio". Ecco, qui c'è già tutto il programma di questo personaggio. Letto così sembra una cosa molto semplice: un uomo giusto, integro, vicino a Dio. Io vi proporrò, ovviamente, la visione ebraica nei confronti di questo personaggio; l'ottica con la quale noi affrontiamo la lettura di questi testi. Lo scopo, che non mi stancherò mai di ripetere, è quello di provocare nell'ascoltatore il desiderio di saperne di più riappropriandosi del testo; quindi non state tanto a sentire quello che io vi dico, ma piuttosto adoperate le mie parole come provocazione per andare a rileggere il testo biblico e vedere se il vostro punto di vista è lo stesso oppure no. Il messaggio del testo biblico ci proviene dall'Eterno e ognuno di noi ha il diritto e il dovere di affrontarlo e fame scaturire tutti gli insegnamenti che lui crede, in buona fede, di trame.
"Noè uomo giusto e integro nelle sue generazioni e procedeva con Dio".
Non sto a entrare in dettagli di carattere tecnico sulla differenza tra giusto e integro. Che cosa vuoi dire che Noè era giusto e integro nelle sue generazioni? Ecco, qui c'è già subito una provocazione, notata con grande attenzione da tutti i grandi maestri ebrei fin dall'antichità. Il testo biblico noi lo conosciamo come un testo particolarmente telegrafico; non abbonda di descrizioni e talvolta sono più le cose che il testo sottace di quelle che dice. I silenzi della Bibbia sono molto importanti; la Bibbia lascia degli ampi spazi, affinché cerchiamo noi di scandagliare, di capire di che cosa si sta parlando.
Bene. Prima osservazione: siamo nella decima generazione a partire da Adamo ed è la prima volta nella storia dell'umanità, che a un uomo viene attribuita un'aggettivazione: Noè era un uomo giusto. Di tutti gli altri uomini prima di lui non si dice se erano belli, brutti, ecc. Che cosa vuoi dire, allora, che era giusto, che era integro, ma soprattutto che cosa vuoi dire "nelle sue generazioni"? Alcuni maestri dicono che questa locuzione va intesa in senso positivo, cioè nella generazione di Noè, dove tutti erano contaminati, dove tutti erano dei malfattori, nonostante la sua società, lui era una persona giusta. C'è chi dice che si può intendere anche in un altro senso: era giusto per le sue generazioni, valutato nella sua generazione. Se fosse vissuto in un'altra generazione, per es. ai tempi di Abramo, non era più giusto. Quindi questa sua giustizia e integrità va valutata nel suo tempo; non era giusto in senso assoluto, ma in senso relativo. Ognuno può scegliersi l'interpretazione che gli piace di più.
Dicevo: siamo nella decima generazione a partire da Adamo e questo fatto non è irrilevante, perché, se leggete il testo biblico, il decimo esponente a partire da Adamo è Noè, ma se continuate ad andare avanti, il ventesimo è Abramo; quindi è come se in decima posizione ci siano sempre dei personaggi piuttosto rilevanti. Noi sappiamo qualcosa di ciò che era successo prima; infatti nei versetti precedenti ci viene raccontato che il padre di Noè, Lemek, quando nacque Noè, fece un'affermazione e disse: "Questo ci consolerà dalle nostre azioni e dalla fatica delle nostre mani" (Gen 5, 29). In ebraico ienachaménu. Qualcuno dice che il nome Noè - Noach in ebraico - viene da questa voce verbale. Qualcuno, invece, dice che il nome Noè viene dalla radice nuach, che vuol dire riposo. I nomi sono importanti per capire la personalità dei personaggi. Cosa voleva dire il padre di Noè dicendo questo? Non c'è dubbio che Noè, sopravvissuto al diluvio, è diventato padre della nuova umanità e fondatore di una nuova cultura, di una nuova visione delle cose del mondo e di come condurre le cose del mondo. Dopo il diluvio, quando Noè scenderà dall'arca, il testo dice che "cominciò Noè a diventare un uomo di terra" (Gen 9, 20), cioè ish haadamà. Terra nel senso di terreno agricolo. "E piantò una vigna". Poi si è ubriacato con l'uva ed è successo quel che è successo. Caratteristico questo fatto: prima l'acqua, con il diluvio e poi c'è il vino: è sempre in mezzo ai liquidi!
Qualcuno dice che per la prima volta si parla di uomo che coltiva la terra e va alla ricerca di una pianta nuova; Noè appare come un innovatore, uno che dà una svolta all'umanità attraverso la ricerca agricola; Noè è famoso, quindi per essere il primo costruttore marittimo (lo dico scherzando, ma non è uno scherzo), il fondatore dei cantieri e anche il primo esponente della ricerca nel campo agricolo.
Della parte precedente della sua vita non sappiamo nient'altro, salvo il fatto che ci viene subito presentato questo panorama: "Noè generò tre figli: Sem, Cam e Iafet e la terra si era corrotta davanti a Dio e la terra si era riempita di violenza e l'Eterno vedendo la terra che si era contaminata e che ogni carne aveva seguito una via di corruzione sulla terra, disse a Noè: la fine di ogni carne è giunta davanti a me, poiché la terra è piena di violenza a causa loro e quindi io mi accingo a distruggere la terra" (Gen 6, l0 ss). Quindi invita Noè a costruire l'arca per salvarsi, insieme alla sua famiglia e agli animali.
Però di come Noè vivesse prima, di come fosse, ecc. non sappiamo niente; anche questo è uno dei silenzi della Bibbia. Ha detto che era giusto, che era integro, ma non ci ha spiegato in quale modo si estrinsecava questa sua integrità, che cosa faceva per essere considerato giusto. I nostri maestri partono da una considerazione, che è questa: il testo dice, appunto che Noè era giusto tra le sue generazioni e ciò può voler dire che egli era giusto per il suo tempo, ma anche per gli uomini che vivevano attorno a lui e subito dopo dice che Noè procedeva con Dio. Da questo passo i maestri arrivano alla conclusione che ognuno di noi ha dei doveri nei confronti dei suoi simili e nei confronti di Dio, ma è più importante regolare i rapporti con i propri simili di quanto non lo sia regolarli con gli uomini; con Dio ci aggiustiamo sempre, in qualche modo; il difficile è convivere con gli altri. Di Noè è detto che era un uomo giusto tra i suoi contemporanei e procedeva con Dio; il suo rapporto con Dio ci viene proposto immediatamente dopo il suo rapporto con gli altri. Con Dio è più facile, perché Lui perdona, è misericordioso; ma è più difficile con la moglie, coi fratelli, col capoufficio, coi coinquilini e così via.
Tutte quelle cose che il testo non ci dice sull'infanzia di Mosè, sulla sua vita, ecc, vengono in qualche modo completate dall'insegnamento midrashico, che ci offre sempre delle sollecitazioni, delle provocazioni per cavarci fuori dalla nostra indifferenza. È come se io chiedessi a voi di immaginare come era la vita di questo Noè. I nostri maestri notano che questa cosa è riportata anche nel libro di Enoch, ad es., dove si parla della giovinezza di Noè e si dice che quest'uomo era sicuramente amato da Dio ed era nato dopo un annuncio (dov'è scritto che era stata annunciata la sua nascita? Da nessuna parte; viene inventato!); poi che le sue conoscenze provenivano da Dio, che si trattava di un bimbo precoce, che conosceva i misteri della natura e il futuro e tutto questo per speciale predilezione di Dio; inoltre si dice che in gioventù era stato perseguitato, ma nell'età matura fu considerato un salvatore. Il libro di Enoch ci descrive in particolare che questo bambino, quando nacque, era bellissimo e alla sua nascita, la casa si è riempita di luce. Tutto questo rimanda alla frase detta dal padre: "Questi ci darà consolazione", proprio perché aveva notato queste circostanze così speciali. Un altro elemento, forse un po' scherzoso, è che, appena nato, sfuggì alle mani dell'ostetrica, ha aperto ia bocca e ha benedetto Dio. Quindi è nato già adulto; si è liberato della sua fanciullezza il giorno stesso della nascita e la prima cosa che ha fatto è stata quella di riconoscere l'esistenza di Dio e benedirlo. Dico questo cose per sollecitare in voi la ricerca delle analogie; di molti personaggi, infatti, si dicono cose simili. Per esempio queste descrizioni possono farci venire in mente la nascita di Mosè: le circostanze eccezionali e cioè la persecuzione; poi la madre, quando lui nacque, lo vide che era tov, che vuol dire buono e bello. Ma cosa vuoi dire che la madre lo vide che era bello? Qual è quella madre che, alla nascita del figlio, dice: "Questo è brutto; lo buttiamo via!"? Per tutte le madri il proprio figlio è bello! Allora i maestri interpretano che la madre di Mosè ha visto che c'era del bene nella nascita di questo bambino e anche lì si dice che in quel giorno la casa si riempì di luce; tale e quale alla storia di Noè. Non c'è dubbio che la storia di Noè, così come ci viene presentata dal libro di Enoch, riflette una serie di miti e mitologie che circolavano nell'antico oriente su un personaggio simile a Noè. Può essere nella realtà babilonese, sumerica, ecc; ma anche nella cultura ellenica è frequente il ricordo di personaggi nati in circostanze speciali, che poi provvedono a salvare l'umanità. La differenza tra questi miti orientali e l'insegnamento della Bibbia, però, è notevole, perché i miti giungono alla conclusione che il personaggio, salvatore dell'umanità, a un certo momento è stato assunto al pantheon delle divinità: gli dei se lo son presi con sé e l'han fatto diventare una specie di Dio. Il testo biblico non dice questo di Noè; anzi presenta poi delle connotazioni anche negative di Noè, che figura, così, come ogni uomo, che è un impasto di cose negative e cose positive. Il testo biblico accetta i qualche modo i miti circolanti allora, ma li cambia in un suo modo tutto proprio. Anche nei manoscritti di Qumran si trovano alcuni passi su Noè.






Vi trasmetto un midrash, proposto dai nostri maestri, ì quali soggiungono questo: "Allorché Adamo ebbe commesso il suo peccato del frutto, Dio si rivolse a lui così: "Sia maledetta la terra a causa tua. Dovrai mangiarla con sofferenza tutti i giorni della tua vita per ricavare il cibo dalla terra con il sudore della fronte"". Si parla di terra, di sofferenza legata al lavoro per ricavare il nutrimento. I nostri maestri, a questo punto, immaginano che Adamo si sia rivolto a Dio e gli abbia detto: "Signore Dio, non sei un po' troppo severo? Per un piccolo frutto una punizione per tutta la vita? Vita, poi, significa la vita mia o quella di tutti gli esseri umani? Fino a quando dura questa maledizione?"; Dio avrebbe risposto: "Questa maledizione durerà fino a quando nascerà un bambino circonciso dalla nascita". Ogni tanto capita che nascano dei bambini che non hanno bisogno di subire la circoncisione, perché mancano già di quel pezzettino di pelle che dovrebbe venire tagliato - la natura ha fatto il self-service, diremmo noi! - Nella tradizione nostra nascere così, vuoi dire avere una speciale benedizione da parte di Dio. Torniamo a Lemech, il padre di Noè, il quale, quando nacque il bambino disse: "Questi ci porterà consolazione dalle nostre azioni e dalla sofferenza delle nostre mani"; sofferenza o fatica: è la stessa parola che Dio aveva usato parlando con Adamo. È' per questo che i maestri hanno dedotto che Noè fosse nato circonciso ed è per questo che il padre aveva detto che quel bambino li avrebbe salvati e li avrebbe consolati; fino ad oggi per ricavare il pane dalla terra bisognava lavorare col sudore della fronte, adesso la maledizione è finita. Di qui i maestri hanno argomentato che Noè è diventato ish haadamà, un lavoratore della terra e che abbia inventato gli strumenti per lavorare il suolo; fino ad allora Adamo aveva lavorato con le mani, da adesso si comincia a lavorare con gli strumenti adatti.
Ripeto ancora di fare molta attenzione tra le cose che dice il testo e quelle che vengono inventate e offerte come provocazione per riflettere di più e capire ciò che è successo effettivamente.
Un'altra osservazione. Nel libro di Ezechiele, uno dei profeti maggiori, al cap. 14 si propone il nome di tre personaggi che sarebbero degni di salvare l'umanità a causa del loro comportamento; essi sono Giobbe, Daniele e Noè. La vita di particolare moralità, attribuita a questi personaggi, sollecita da Dio il perdono per tutti gli uomini. Nell'ambito del tema della nostra giornata è importante costatare che di questi tre, due non sono ebrei, perché né Noè né Giobbe risultano ebrei. Dal punto di vista universale, noi riconosciamo che queste persone salvano l'umanità indipendentemente dalla loro collocazione religiosa, etnica, dal colore della pelle e così via.
Ancora. Ci si domanda, da parte dei nostri maestri: ritorniamo al problema originale: "Ma che cos'ha fatto Noè di così importante da essere considerato giusto e integro?". Rivolgendosi a Noè l'Eterno disse: "Ti salvo dal diluvio, perché te ho visto giusto davanti a me" (Gen 7, 1). Ma cosa vuol dire che Dio l'ha visto giusto davanti a Sé? Ma questo testo biblico cosi conciso di solito, non poteva solo dire: "Ti ho visto giusto"? Perché aggiunge anche "davanti a me"? I nostri maestri, attentissimi ad ogni piccolo particolare, dicono che in realtà l'eroe di tutta la vicenda, grazie al quale è venuta la salvezza per tutta l'umanità, non era Noè, ma la moglie. Ricordate che il testo dice più volte che Noè si salva con la moglie, coi tre figli e le mogli dei tre figli; se Dio le ha salvate queste donne, delle quali non sappiamo neanche il nome, vuoi dire che c'era un motivo; se erano colpevoli anche loro, faceva fuori anche quelle, magari facendo un piacere pure a Noè che si trovava un'altra moglie. No, se Dio le ha salvate, vuoi dire che erano degne di salvezza. I maestri, allora, interpretano l'espressione: "Ho visto te giusto davanti a me" in questo senso: non importa che tu sia giusto o no, ma davanti a me tu mi sei presentato come giusto, perché caratteristica della moglie di Noè era quella di giustificare sempre il marito agli occhi di Dio. Quindi era lei che continuamente parlava bene del marito.

Ritorno al primo versetto che abbiamo letto: "Queste sono le generazioni di Noè. Noè era un uomo giusto, integro tra i suoi contemporanei e Noè procedeva con Dio". In questo versetto ci sono una quantità di cose superflue; per es. ricorre il nome di questo personaggio tre volte. La soluzione che viene proposta è questa. Prima osservazione: tutte le volte che nel testo biblico viene ripetuto il nome di un personaggio due volte di seguito, vuol dire che si tratta di un personaggio di eccezione. La stessa cosa ritorna quando Dio si rivolge ad Abramo per dirgli di sacrificare il proprio figlio, lo chiama così: "Abramo, Abramo!". Ugualmente con Mosè. L'interpretazione dei maestri è che questa persona è degna di vivere in questo mondo ed è degna di vivere nel mondo futuro; è meritevole di una vita eterna, qui e nell'ai di là. Non tutti si meritano una vita nell'al di là.
Ma perché, in questo caso, Noè viene chiamato tre volte? Perché Noè è stato uno di quei personaggi biblici che hanno avuto una triplice composizione della loro esistenza, cioè è possibile scindere la loro esistenza in tre fasi separate. Noè è vissuto nel periodo del pre-diluvio, cioè quel periodo storico in cui i suoi contemporanei erano depravati e perciò lui ha assistito a quello che era il mondo prima; poi ha assistito al momento drammatico del diluvio e infine ha assistito al post-diluvio. Quindi si vede bene che la sua vita si può dividere in tre parti. Se pensiamo a Mosè, troviamo la stessa cosa: prima alla corte del faraone, poi si rende conto della situazione dei suoi fratelli e infine diventa liberatore di Israele.
Il numero tre è caratteristico di Noè anche per i seguenti motivi: perché aveva tre figli, perché può esser considerato inventore dei cantieri navali, dell'agricoltura e della strumentazione.
Altra domandina: perché Dio è ricorso allo strumento del diluvio e dell'arca per distruggere 'umanità e salvare Noè? Non poteva fare diversamente? Ad es. far venire un bell'infarto a tutti gli esseri umani, così tutto finiva in trenta secondi. Avete pensato al tempo che ci avrà impiegato Noè per costruire l'arca? I nostri maestri dicono trent'anni e questo perché Dio sperava che l'umanità si ravvedesse. Nonostante il fatto che Noè abbia potuto informare i suoi contemporanei di quello che stava per accadere loro, essi lo prendevano in giro. Quindi questo strumento voleva avere lo scopo di dare tempo all'umanità di ravvedersi. Ma era anche un test per Noè: perseverare per trent'anni nel portare avanti un lavoro del quale non si vedeva l'immediata utilità, non era cosa facile. Anche perché potevano venirgli mille dubbi sulla veridicità della parola di Dio o accasciarsi davanti alle difficoltà: "Sono vecchio, ho i reumatismi, i miei figli non mi danno retta". Quindi Dio attende e mette alla prova tutti, l'eroe e gli altri.
Cessa il diluvio e a un certo punto il testo dice: "Dio si ricordò di Noè" (Gen 8, 1); quindi l'acqua comincia a defluire e scomparire. Molti si domandano, però, cosa voglia dire questa espressione. Cosa m'importa se si è ricordato o no! E la risposta che ci propongono i maestri - potete non accettarla; anzi, dovete non accettarla! Dovete cercarne un'altra! - è questa: ricordare non vuol dire solo farsi venire in mente, ma anche - per lo meno nell'ebraico biblico, ma anche nel nostro parlare comune-, che Dio ha tenuto conto di Noè. Ma di che cosa ha tenuto conto? Risposta dei maestri: l'anno nel quale Noè è stato dentro la barca, è stato per Noè un anno infernale. Immaginate la vita quotidiana di questo signore lì dentro? Intanto la preoccupazione: morti tutti, morti i miei amici, ci sarà stato il mare saturo di cadaveri, uno spettacolo allucinante; ma poi - così dicono i maestri cercando di configurare la situazione - Noè in quell'anno non ha mai chiuso occhio, perché era straordinariamente preoccupato ed occupato nel prendersi cura degli animali che erano dentro l'arca, nel dar loro da mangiare. Lì dentro c'era di tutto: c'erano le formiche, i batteri, le zanzare, gli elefanti, i dinosauri, i serpenti ... c'era tutto e ognuno di questi animali aveva le sue esigenze. Era lui che doveva provvedere a dargli da mangiare e provvedere anche che non litigassero fra di loro, perché se la tigre si fosse mangiata un agnello ... quindi lui doveva provvedere a tenerli separati. Insomma, è stato un anno di straordinaria fatica, nella quale ha dimostrato di sapersi assumere la responsabilità nei confronti del nuovo creato; ecco di cosa ha tenuto conto Dio. L'ha messo lì a passare l'anno, per vedere se era degno della sua considerazione; non è che Dio si è ricordato di Noè, ha tenuto conto di come si era comportato. Non si è messo, Noè, in quell'anno, a leggere la settimana enigmistica o il Corriere della sera aspettando che smettesse di piovere, ma si è dato da fare tanto da non dormire nemmeno. Ecco come si è meritato la salvezza.
Ancora una piccola osservazione. Il testo biblico ci dice che la sentenza di Dio nei confronti dell'umanità, di distruggere l'umanità, è stata dovuta alla violenza - hamas - se c'è qualche cosa che Dio non tollera, non tollera la violenza. Quando la violenza diventa endemica nella nostra società Dio non perdona, la cosa non funziona. L'umanità non funziona, quindi bisogna provvedere a distruggerla e crearne una nuova. Violenza non solo nel senso del forte che dà le bastonate al più debole, ma violenza allorché una persona approfitta della sua posizione per esercitare un dominio nei confronti dei più deboli. C'è una violenza fisica, ma c'è anche una violenza morale del datore di lavoro nei confronti del dipendente, dei genitori nei confronti dei figli, e viceversa. Quando la violenza diventa endemica, Dio non ce la fa più a sopportare; perdona tutto, ma non quello.

Devo ancora aggiungere due o tre notazioni rapidissime: i nostri maestri hanno tratto da tutto il racconto di Noè l'insegnamento dei famosi sette precetti noachidi. Leggendo con attenzione il testo, se n'è ricavata un'interpretazione che Dio, in questa occasione, ai successori di Noè, quindi, alla generazione di Noè salvato dal diluvio dette delle disposizioni che noi ebrei riteniamo obbligatorie per tutti gli esseri umani. Ci sono sette norme fondamentali che l'umanità deve mettere in pratica per essere perfettamente in regola nei confronti di se stessa, nei confronti della società e nei confronti di Dio. Agli ebrei verranno date delle norme molto più dettagliate, ma un essere umano che non sia ebreo per essere perfettamente a posto, deve mettere in pratica sette disposizioni fondamentali. Chi fa così, secondo il pensiero ebraico, è degno della vita futura. Un ebreo , per essere degno della vita futura deve mettere in pratica 613 disposizioni, invece a un non ebreo bastano solo sette. Quali sono? Il divieto di idolatria, non sto a entrare nei dettagli, idolatria significa attribuire qualità divine a un qualcosa di materiale, chi presta culto a una statua, a una montagna, a un animale. Notate che non c'è nessuna disposizione che dice che dobbiamo credere in Dio. Questo è lasciato al nostro libero arbitrio, però Dio possiamo riconoscerlo o non riconoscerlo, ma l'importante è che non facciamo dell'idolatria. La seconda è il divieto di bestemmiare il nome di Dio, puoi non riconoscere Dio, sono fatti tuoi, ma comunque devi rispettare il suo nome. La terza è il divieto di omicidio. La quarta è il divieto di incesto: con questo termine si intendono tutte le unioni sessuali che sono proibite, ad esempio, le unioni tra consanguinei, l'unione con una persona già sposata, le unioni omosessuali, le unioni con gli animali. La quinta è il divieto di furto. La sesta è il divieto di cibarsi della carne di un animale che non sia stato preventivamente ucciso. Perché questo? Perché pare che fosse prassi diffusa di qualche volta consumare carni di animali non ammazzati, per questioni di praticità e non per crudeltà. Cioè, allorché una famiglia trovava un bisonte e riuscivano ad ammazzarlo, si accorgevano che o mangiavano quella carne rapidamente o andava a male, e quindi non lo ammazzavano ma se ne mangiavano un pezzo alla volta, finché la bestia sopravviveva. Quando parlo di queste cose, la gente mi guarda inorridita, ma per inorridirci dovremmo guardare cosa succede oggi nei vari macelli, dove succedono delle porcherie indicibili nei confronti dell'uomo e non per considerazioni utilitaristiche, semplicemente per crudeltà o per guadagno, mentre per i nostri progenitori antichi che vivevano sulle palafitte, non era questione di crudeltà, ma di sopravvivenza. Comunque, all'umanità viene chiesto di non cibarsi di un animale non ucciso, da questo, poi, si può ampliare: vuoi dire avere un certo rispetto nei confronti della natura. La natura può essere utilizzata dall'uomo, però con dei criteri: noi non siamo i padroni della natura, dobbiamo servirci della natura ma con delle limitazioni di carattere morale. L'ultima disposizione è in positivo: l'obbligo per ogni società di istituire dei tribunali che provvedano a giudicare. Cioè si tratta praticamente del divieto di farsi giustizia da soli. Una società se vuoi sopravvivere deve avere un qualcuno, un corpus di persone che siano qualificate a giudicare fra gli uomini. Se un gruppo umano mette in pratica queste sette cose, dal punto di vista ebraico si tratta di persone perfettamente a posto



Ultima cosa che volevo dire, è questa: vi ho detto, all'inizio delle mie parole, Noè come simbolo positivo: fa tutte le cose bene, si occupa degli animali, era giusto, era integro, c'è qualcuno che dice: - In realtà, qualche piccolo difettuccio ce l'aveva. E si va a scandagliare il testo. Potete accettare o non accettare, l'importante è che rileggiate il testo. Quando è cominciato il diluvio, Dio ordina a Noè di entrare nell'arca, ma a un certo punto il testo soggiunge che Noè entrò nell'arca a causa delle acque del diluvio. Ma Dio gli ha detto di entrare prima ancora che arrivasse il diluvio, lui, invece ci entra quando è cominciato a piovere, quindi qualcuno dice: Questo aveva dei dubbi. Se era veramente così fedele alla Parola di Dio, quando gli ha detto: - Entra. Doveva entrare. Invece, dalla lettura attenta del testo sembra risultare che lui ci è entrato quando l'acqua gli arrivava alle ginocchia; ha aspettato l'ultimo momento. Forse aveva dei dubbi, nella sua grande fede in Dio. È umano questo, no?
Ma un'altra considerazione con la quale vorrei concludere: si fa un paragone nella nostra tradizione tra Noè e altri personaggi che si son trovati in condizioni analoghe. Noè si trova nella situazione che gli viene comunicato che l'umanità sta per essere distrutta, e che lui può essere salvato mediante la costruzione di una struttura in cui trovare rifugio. Noè obbedisce alla volontà di Dio, però quando Dio gli ha detto: - Io mi accingo a distruggere tutta l'umanità, lui non ha detto niente. Non così si è comportato Abramo: quando Dio si rivolge ad Abramo e gli dice che sta per distruggere Sodoma e Gomorra a causa dei loro peccati, Abramo interviene e si mette quasi a litigare con Dio, usando anche espressioni molto forti. Almeno i giusti li devi salvare! Solo quando Dio gli dice che non ci sono 10 persone giuste, Abramo non sa più cosa dire. La fase successiva è quella di Mosè. Dopo il peccato del vitello d'oro, Dio si rivolge a Mosè comunicandogli la sua decisione di far fuori tutto il popolo e di far nascere un altro popolo da lui e dai suoi figli. Mosè risponde: No, o tutti salvi, o tutti morti. Anche io e i miei figli facciamo parte di questo popolo e non vogliamo fuoriuscire dalla sorte della nostra gente; se sono colpevoli loro, siamo colpevoli anche noi. Mosè dunque interviene per i peccatori e non per i giusti. Vedete, Noè era giusto per le sue generazioni, ma se fosse vissuto ai tempi di Mosè, avrebbe fatto una ben meschina figura.
Solo due parole sull'arcobaleno, come regalo di Dio all'umanità,
come simbolo della promessa di Dio di non distruggere più l'umanità mediante il diluvio. Tenete conto del fatto che dopo l'episodio del diluvio probabilmente gli uomini tutte le volte che vedevano piovere si spaventavano , allora Dio interviene e dice: - No, state tranquilli, che Io con il diluvio non farò più fuori l'umanità. Magari utilizzerò altri mezzi, ma il diluvio no. C'è questa promessa di Dio accompagnata dall'arcobaleno, quindi, quando vediamo l'arcobaleno, noi ci ricordiamo della promessa di Dio all'umanità.
La visione che abbiamo noi ebrei dell'arcobaleno, è che l'arcobaleno sia un elemento negativo perché ci ricorda che noi saremmo degni di distruzione. Se l'umanità fosse pacificata e si comportasse per bene, l'arcobaleno non avrebbe bisogno di comparire. Ancora, secondo la nostra tradizione, è previsto che, quando noi vediamo l'arcobaleno dobbiamo recitare una benedizione che dice: Benedetto sei Tu, Eterno, Re dell'universo, che prometti e mantieni. Però dobbiamo recitare questa benedizione dando uno sguardo molto fuggevole al l'arcobaleno e poi cercare di guardarlo il meno possibile. L'arcobaleno non si può guardare perché è una manifestazione della luce divina, e noi non abbiamo diritto di guardare direttamente la luce divina, ma anche per un altro motivo: la presenza del l'arcobaleno è dimostrazione che nel mondo non c'è nemmeno un essere umano degno di salvezza come è stato Noè, perché se ci fosse almeno un personaggio in condizioni morali di salvare l'umanità, essa non avrebbe bisogno del l'arcobaleno e della promessa di Dio.
Ritorno un attimo sul fatto che Noè avesse piantato una vigna.
Secondo un raccontino provocatorio, in realtà non l'ha inventata Noè la vigna, ma quella vigna era speciale, miracolosa, nel senso che per caso Noè avrebbe trovato un piccolissimo tralcio di vite che galleggiava nell'acqua e che era un rimasuglio di una vite che proveniva dal giardino dell'Eden, che era stato, anch'esso inondato. Quindi, era una vigna piantata direttamente da Dio. Miracolosamente, questa vigna nello stesso giorno in cui era stata piantata, è cresciuta, germogliata, e ha dato i frutti, e in quello stesso giorno, Noè si è ubriacato.


Torna ai contenuti | Torna al menu