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Attività

Leggere il Vangelo di Matteo come testo giudaico del Secondo Tempio
(Prof. Gabriele Boccaccini)
(il testo non è stato rivisto dall'autore)


Secondo giorno Prima lezione

Iniziamo oggi la nostra giornata nella quale mi soffermerò in particolare sul problema del rapporto tra Gesù e i non ebrei, il problema dell'universalismo cristiano.
Vorrei soltanto fare una piccola premessa, nel senso che molto spesso nella teologia cristiana abbiamo teso a mettere in contrapposizione l'universalismo e il particolarismo. Il cristianesimo è una  religione universale, l'ebraismo è una religione particolare. Sottintendendo con questo che una religione universalistica è una religione superiore. Per onestà, non sempre le cose vanno in questa maniera qui, perché una religione che accoglie tutti nei suoi membri può essere molto intollerante, e una religione che accoglie soltanto membri di una etnia può essere molto tollerante.
Mi spiego, non per fare paragoni irriverenti, ma il fondamentalismo islamico, per es., è un bellissimo esempio di religione universalistica estremamente tollerante, accolgono convertiti da tutte le etnie, da tutte le razze, da tutti i paesi, al quale uniscono, poi, un odio viscerale per chi non è parte del gruppo.
Quindi una religione che accoglie tutti non necessariamente è una religione tollerante, e una religione che accoglie soltanto, per via etnica o famigliare, i membri di una etnia o i membri di una serie di famiglie per nascita, per es., può avere una teologia di estrema tolleranza rispetto a chi non appartiene a quel gruppo. Cioè io posso pensare che la mia religione è riservata a una cerchia ben definita di persone per diritto ereditario, per dire, e poi avere l'idea che le persone che non appartengono al mio gruppo possono essere salvate, o hanno un'altra relazione con Dio che permette loro di raggiungere la salvezza indipendentemente dal fare parte del gruppo.
Quindi io volevo semplicemente raccomandare, quando usiamo categorie universalismo e particolarismo, di stare un po' attenti. Perché non necessariamente, ripeto, l'accogliere tutti, l'essere aperto a tutti… E anche il cristianesimo, la storia del cristianesimo lo dimostra. Nella storia del cristianesimo noi abbiamo avuto delle tradizioni cristiane fortemente accoglienti e poi fortemente intolleranti nei confronti di chi non aveva ricevuto il battesimo, per es. L'universalità dell'appartenenza non si traduce necessariamente in una visione universalistica della salvezza.
Magari vorrei che ci riflettessimo un pochino su questo, perché tante volte io leggo certi libri su Paolo,  per es., in cui si dice: Paolo finalmente ha rotto il particolarismo ebraico, aprendo… Sì, da un certo punto di vista è vero, Paolo ha questa accentuazione nell'apertura ai gentili e nell'accoglienza ai gentili. Ma non bisogna dimenticare che molti degli ebrei che noi diciamo particolaristi sono più aperti ad ammettere la salvezza dei gentili non ebrei di quanti seguaci di Paolo lo siano stati nell'ammettere la salvezza di chi non ha ricevuto il battesimo.
Quindi, diciamo, questa è una premessa importante nel momento in cui discutiamo del problema dell'universalità.
Io oggi mi volevo soffermare essenzialmente, secondo il programma… Vorrei proprio cominciare oggi, ieri abbiamo fatto più delle premesse generali, vorrei entrare proprio subito in merito ai testi e al famoso testo del cap. 15,24: Non sono stato inviato che alle pecore perdute della casa di Israele. È un versetto che viene ripetuto anche nel Vangelo di Matteo. Ed è un versetto che ha sempre creato problemi. Perché non è riportato in altre fonti e contraddice quello che poi sarà la prassi della Chiesa.
La missione della Chiesa non è stata vista, perlomeno nel periodo successivo alla morte di Gesù, nei decenni successivi alla morte di Gesù, perlomeno gradualmente, lo vedremo… Oggi non è un discorso così, poi, immediato. Comunque la conclusione di un certo processo sarà che il cristianesimo intende la propria missione come una missione rivolta a tutte le genti, non limitata alla casa di Israele.
Volevo far notare, comunque, che in questo versetto, Non sono stato inviato che alle pecore perdute della casa di Israele, noi normalmente ci si ferma alla limitazione etnica. Si prende questo testo, ci colpisce il fatto e si discute del fatto se la missione di Gesù fosse riservata a Israele, o ai gentili, o li comprendesse entrambi.
In realtà questo versetto implica due limitazioni, non una. Perché non si parla soltanto: sono stato inviato alla casa di Israele; si dice: sono stato inviato alle pecore perdute della casa di Israele. Quindi c'è una doppia limitazione. La missione di Gesù è soltanto, secondo questo versetto, per i peccatori della casa di Israele, nemmeno per tutti gli ebrei. Cioè questo versetto non dice: io sono venuto per gli ebrei e non per i gentili. Dice: io sono venuto soltanto per i peccatori ebrei, per le pecore perdute della casa di Israele. Questo implica che Gesù non è venuto per i giusti di Israele, e non è venuto in generale per i gentili. Quindi c'è una doppia limitazione.
Alla prima limitazione, che è venuto solo per i peccatori, io spero di avere già risposto ieri. È vero. Ricordate, questo discorso è confermato. Perché quando si dice che il figlio dell'uomo è venuto… Quelli che stanno bene, lo dice anche Marco e poi gli altri Evangelisti lo ripetono, si dice: quelli che stanno bene non hanno bisogno del dottore, ma quelli che sono malati, sono venuto a chiamare non i giusti, ma i peccatori. La visione di Gesù come figlio dell'uomo che ricerca i peccatori per offrire loro una seconda opportunità di salvezza implica che la missione di Gesù non è una missione per tutti, ma è una missione per i peccatori, o, come dice il Vangelo, per i molti.
Voi sapete che c'è tutta una discussione se anche nella preghiera si debba tradurre, appunto, che ha versato il suo sangue per i molti o per tutti. Secondo me uno dei problemi di questa traduzione è che noi non riusciamo più a capire qual era il significato originale, qual era il contesto originale in cui questa frase si sviluppa. Quindi per noi dire Gesù è venuto per molti, ma non per tutti, sembra che Gesù escluda qualcuno. Mentre la traduzione dovrebbe essere: è venuto per i molti, cioè per i peccatori.
Marco: Il figlio dell'uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti. Chi sono questi molti? Questi molti sono: il figlio dell'uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per i peccatori. Matteo dirà: il figlio dell'uomo venne non per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto - anche lui - per i molti, per i peccatori.
Non è un semitismo, come molto spesso leggo. Cioè che noi cerchiamo le soluzioni facili a problemi complessi. Nelle Bibbie tante volte c'è una nota a piè di pagina che dice: sì, dice molti, ma in realtà voleva dire tutti, perché è un semitismo che significa per tutti. In realtà di questo semitismo non ho mai sentito parlare. Comunque non c'è. Qui si parla dei molti. Bisogna capire chi sono questi molti. Mt 26,28 dirà: Questo è il sangue del patto che è stato versato per molti per il perdono dei peccati. Di nuovo: per molti.
Chi sono gli altri, chi sono gli esclusi? Sono i sani, quelli che non hanno bisogno. Quindi la traduzione è: Questo è il sangue del patto che è stato versato per i peccatori per il perdono dei loro peccati. Questo è il senso.
È un significato, poi, che viene contestato, guardate, fin dalle origini. Perché, vedete, questa dizione è nei Vangeli sinottici. Già alla metà del II secolo, nella prima metà del II secolo, dopo l'esperienza di Paolo, quando viene scritta la lettera a Timoteo, la prima lettera a Timoteo, si cominceranno ad avere problemi. E infatti già nella prima lettera a Tm, 2,6 si legge: C'è un Dio, che è anche l'unico mediatore tra Dio e l'umanità, Gesù Cristo, lui stesso umano, che ha dato se stesso come riscatto per tutti, come fu attestato al tempo stabilito.
Come vedete, questa discussione non è una discussione di oggi, è una discussione che nasce già allora, quindi vuol dire che qualcosa è successo tra il momento in cui i primi Evangelisti scrivono e il momento in cui, poi, la lettera a Timoteo è scritta, che è dopo l'esperienza paolina e dopo il Vangelo di Giovanni, a conclusione, diciamo, di un secolo di esperienza cristiana.
Io ho cercato di spiegarvi la volta scorsa che la visione di Gesù, la visione messianica del figlio dell'uomo interpreta la venuta di Gesù in chiave apocalittica. I tempi della fine sono giunti, nel giudizio finale i giusti saranno salvati, i peccatori saranno condannati. Ma poiché nella prospettiva apocalittica il male è visto non soltanto come il frutto di una libera scelta dell'uomo, ma è visto anche come risultato di una azione maligna, una corruzione del creato dalla quale si deve essere salvati, liberati, e poiché gli ultimi tempi sono visti come il tempo in cui il male trionfa sulla terra e in cui il numero dei peccatori è maggiore - infatti sono i molti, non i pochi, i pochi sono i giusti, sono rimasti solo pochi, i molti sono corrotti - allora l'idea che comincia a emergere nella tradizione apocalittica, prima nel libro delle parabole, poi nella predicazione di Giovanni Battista, e quindi nella predicazione di Gesù, è che Dio non può rimanere insensibile a quel problema.
Nell'imminenza degli ultimi tempi manda il suo figlio, il Messia, il figlio dell'uomo, il giudice, colui che sarà il giudice dei tempi escatologici, con il compito di perdonare i peccati, di andare alla ricerca delle pecore perdute - questo è quello che questo versetto vuol dire - per offrire loro una possibilità di grazia. E questo in virtù della misericordia divina, che non può essere così insensibile e crudele di fronte al destino di perdizione dei molti.
Quindi il figlio dell'uomo non viene per tutti, il figlio dell'uomo viene per chi ne ha bisogno. Coloro che sono sani non hanno bisogno del figlio dell'uomo. Il problema dei primi cristiani non sono quelli che ce la fanno, sono quelli che non ce la fanno, quelli che sono rimasti indietro. È questo il problema: i poveri, i peccatori. Per questo Gesù, il figlio dell'uomo, passa il tempo con le prostitute e i pubblicani, e si unisce ai peccatori, ricerca per le strade di Israele coloro che sono malati.
E i miracoli di Gesù non sono una manifestazione della potenza di Dio, i miracoli di Dio. Altrimenti avrebbe potuto fare di meglio. Se uno vuol fare un miracolo per convincere le persone, almeno poteva farlo bello grosso, invece di lasciarci tutti a domandarci cosa fossero. I miracoli di Gesù sono una manifestazione in opere di questa attenzione del figlio dell'uomo per i malati, per coloro che sono preda del male.
Ricordatevi anche, come ho detto l'altra volta, che per gli antichi ebrei non c'è differenza tra malattia e peccato. Soprattutto nella visone apocalittica il peccato è una forma di malattia. Quindi il figlio dell'uomo che guarisce i malati è il figlio dell'uomo che perdona i peccatori, quindi mostra la misericordia di Dio verso i peccatori, verso i malati. Questa è l'insistenza.
Lo so che questo, detto ora, suona un pochino… Siamo tanto abituati a questa immagine del cristianesimo, Gesù che è morto per tutti, ma non è quello che ci viene detto nei sinottici. Nei sinottici ci viene detto che Gesù muore per molti, per i peccatori. Questo è l'obiettivo della missione di Gesù.
Il problema, però, comincia subito. Questo dono di perdono dei peccati - il perdono pei peccati è l'elemento centrale delle origini cristiane - è un dono che viene dato soltanto ai peccatori della casa di Israele o è dato anche ai peccatori in generale, inclusi i gentili? Questa è una domanda. Questo versetto dice: Io sono venuto per i malati, per le pecore perdute della casa di Israele, quindi limita questo dono. In fondo non ci dovrebbe essere nulla di male. Dio ha un rapporto privilegiato con il proprio popolo, e in fondo non ci sarebbe nulla di male l'idea di dire: alla fine dei tempi il popolo fedele è stato ricompensato con uno speciale dono che riguarda le proprie pecore perdute.
Ripeto, è un versetto che fa problema, che ha sempre fatto problema, e proprio per questo è un detto di Gesù che tutti gli studiosi ritengono sostanzialmente autentico. Perché non ci sarebbe nessun interesse da parte della Chiesa, e nemmeno di Matteo, di creare questo detto, creare questa difficoltà. Dal momento stesso che anche Matteo, lo vedremo, alla fine del suo Vangelo cerca di superare la difficoltà di questo versetto dicendo… Il comandamento di predicare alle genti, di estendere questo dono di salvezza si è sviluppato gradualmente nella vita di Gesù, lo vedremo, e poi si esplicita con  il Gesù risorto. Le ultime parole di Gesù risorto saranno quelle di estendere questo dono a tutte le genti. Quindi diciamo, nell'economia del Vangelo di Matteo, la difficoltà di questo versetto è superata proprio in un'ottica in cui si parte dalla casa di Israele, ma il Gesù risorto, nel suo ultimo messaggio invita i propri discepoli a estendere questo dono non solo ai peccatori della casa di Israele, non solo alle pecore perdute della casa di Israele, ma anche alle pecore perdute tra i gentili.
La mia domanda è questa. Prima di tornare a Matteo vi inviterei a riflettere un attimo su che probabilità ci sono che questo versetto rifletta l'esperienza stessa di Gesù. In altre parole, vediamo che cosa i Vangeli ci dicono riguardo ai rapporti tra Gesù e i gentili. Cioè invece di dare per scontata l'esperienza della Chiesa che predica tutto, vediamo cosa si ricordava dell'esperienza di Gesù con i gentili.
E se voi andate a leggere le fonti evangeliche si scopre che c'è veramente poco. Per un movimento che poi costruirà tutta la sua fortuna investendo sui gentili, se voi andate a recuperare i passi che possono essere fondamento di questa apertura ai gentili trovate molto poco. E c'è anche meno di quello che normalmente si pensa.
Prima di tutto, una cosa che colpisce immediatamente nelle storie di Gesù, che riguardano Gesù, sono che le storie di Gesù si volgono tutte in ambito ebraico. Normalmente Gesù parla ai villaggi della Galilea. L'immagine della Galilea che voi avete dai Vangeli, se voi non conosceste la storia o se non conosceste l'antica Galilea, voi pensate la Galilea essenzialmente come a una provincia rurale fatta di villaggi agricoli e di pescatori. Gesù parla ai pescatori, parla ai pastori, agli agricoltori, queste sono le sue parabole.
I luoghi menzionati nel Vangelo sono piccolissimi borghi, di poche centinaia di persone, Cafarnao, Magdala, Cana, altre piccole città, borghi, Nazareth... Sono questi piccoli borghi della Galilea. Voi non riuscite a capire, non avete nessun riferimento al fatto che in Galilea esistevano delle grandi città. Se andate in Palestina a Nazareth - Nazareth ora è grandina - vedete davanti a Nazareth le rovine di una grande città ellenistica, che fra l'altro era in espansione proprio al tempo di Gesù, che è Sepphoris, o Zippora. È una grande città ellenistica, dove vivono ebrei, ma anche una larga popolazione di gentili. È impossibile che Gesù non sia mai stato in questa città, o non la conoscesse. Sarebbe come una persona cresciuta in un casolare qui nella tenuta di Villa Pallavicini e non conoscesse l'esistenza di Bologna.
Tra l'altro per i villaggi ebrei dell'area la loro economia gravitava sulle città. Tutto quello che veniva prodotto nei villaggi ebrei era venduto, poi, i prodotti della terra o degli animali venivano venduti nella città - la città non produceva questi elementi. Anche la mano d'opera molto spesso veniva dai borghi. Se Gesù era un falegname, suo padre era un falegname, avranno lavorato a Sepphoris. Non è che poi ci fosse tanto lavoro da fare in un piccolo borgo agricolo. Un artigiano lavora nelle imprese di costruzione della città. Quindi se Gesù era un falegname, o un artigiano, o impiegato nelle attività di costruzione è molto probabile che anche come bambino, poi, abbia lavorato a Sepphoris. La cosa che colpisce molto è che non c'è nessun riferimento a Seppohris. Voi non sapete nemmeno della sua esistenza.
Voi sapete dell'esistenza di Tiberiade, un'altra città a pochi chilometri da Nazareth, la capitale della Galilea, soltanto perché in qualche occasione il mare di Galilea è chiamato il mare di Tiberiade. Ma, di nuovo, non c'è nessun riferimento a Tiberiade. Gesù apparentemente non ci va mai.
Non  soltanto questo. La Galilea è al confine con la Decapoli, la terra delle dieci città, la lega delle dieci città elleniste. E ancora, a pochi chilometri di distanza sorgono due grandi, grandissime città ellenistiche. Una è a sud del lago di Galilea, Beit She'an, o Scythopolis, di cui ancora oggi si possono vedere le imponenti rovine. Fra l'altro è una delle città dove ci sono le rovine più imponenti ellenistiche, con tanto di templi pagani, che c'erano anche a Tiberiade e a Seppohris.
A ovest, sul lago di Tiberiade, il lago di Tiberiade è dominato da un'altra grande città che si chiama Hyppos. Ora non molti la vanno a vedere, ancora oggi in Israele, perché si trova sulle alture del Golan, e non è uno tra i posti più sicuri. È proprio al confine, si cammina ora letteralmente sui reticolati di filo spinato, se si vuole andare a vedere queste bellissime di città ellenistica, che è proprio sulla collina. Gesù a Cafarnao vedeva Hyppos. Cioè la città ellenistica con i suoi templi confinava - il lago di Tiberiade, 2/3, diciamo così, erano nella provincia di Galilea, l'altro terzo, invece, era nella Decapoli. E la città che dominava il lago di Tiberiade dalla parte della Decapoli era Hyppos, grande città ellenistica, con templi, e tutto quello che era legato alla architettura e alla cultura e alla religione ellenistica.
Poco lontano ci sono le città di Gerasa, di Gadara, due altre città. Questi sono tutti luoghi turistici. Oggi purtroppo in alcune di esse è molto difficile recarsi, e magari le abbiamo sentite nelle cronache delle distruzioni delle opere artistiche, il teatro di Gerasa, ecc., che sono andate distrutte
E, diciamo, queste città sono a non molta distanza… Ma anche di queste non abbiamo nessun riferimento se non nel fatto che Gesù si reca a un certo punto nel territorio dei geraseni o nel territorio di Gadara. Cioè tutto quello che noi abbiamo è una conoscenza indiretta dai Vangeli. Se noi avessimo soltanto i Vangeli, se non ci fossero [ricerche] archeologiche, non ci fossero resoconti storici, ecc., noi di tutto questo non sapremmo nulla.
Allora noi prima di tutto dobbiamo confrontarci con questo problema, di un Gesù che vive in una terra dove i gentili non sono una presenza lontana ed estranea, ma esistono e sono raggiungibili molto facilmente, ma un Gesù che sceglie - perché non si può pensare ad altro - che sceglie di evitare i luoghi abitati dai gentili.
Se poi noi andiamo a guardare gli episodi in cui Gesù è messo in contatto con i gentili si riducono a tre. In tutta la tradizione evangelica, nella tradizione sinottica si riducono sostanzialmente a tre episodi. Lascio da parte il Vangelo di Giovanni perché essendo il Vangelo di Giovanni scritto alla fine del I secolo, poi si parlerà anche dell'incontro di Gesù con la samaritana, ecc. Ma mi riferisco soprattutto a tutta la tradizione più antica, la tradizione sinottica ha soltanto essenzialmente tre storie in cui Gesù si trova in contatto coi gentili.
La prima è la storia della guarigione di un indemoniato nel territorio dei geraseni, in cui si parla di Gesù che si spinge al confine della zona ebraica, perché incontra dei gentili spostandosi al confine. Tenete presente comunque che nelle zone "gentili" esistevano ebrei che vivevano anche lì, quindi non necessariamente il fatto che Gesù si muove in una terra a prevalenza gentile significa che si muova a incontrare i gentili. Perché nella Decapoli ci abitano molti ebrei, come abitano anche a Sepphoris o abitano nelle città ellenistiche, o a nord, nella zona della Fenicia.
Il secondo episodio è collocato, invece nella zona a ovest, quando Gesù si spinge al confine con la Fenicia, con l'incontro con la donna sirofenicia, come  viene definita, senz'altro una gentile, e poi l'episodio della guarigione del figlio del centurione.
Quindi, diciamo, di tutti i racconti… Questo già in sé è abbastanza sorprendente. Perché per una tradizione come quella cristiana che, ripeto, si sviluppa essenzialmente dalla fine del I secolo, ma già con Paolo, gioca tutte le sue carte nella predicazione ai gentili, è abbastanza sorprendente che questa tradizione non riuscisse a preservare, riguardo a Gesù, un numero maggiore di episodi. E questo è già indicativo, vuol dire che non li aveva. Gli unici che riesce a recuperare sono tre, e tutti e tre sono estremamente problematici.
Il primo episodio è quello famoso di Gesù che si spinge dall'altro lato del mare di Galilea e va nel paese dei geraseni. In questo senso Gesù esce dalla terra, esce anche politicamente, perché la Decapoli è autonoma rispetto alla Galilea. Gesù vive in una terra, la Galilea che nel suo tempo è retta da Erode Antipa, quindi un re ebreo discendente di Erode che governa nella Galilea e nella Perea, nella Transgiordania. Quindi praticamente Gesù vive in un regno ebraico retto da un re ebreo, dove vivono in due o tre città enclaves anche di popolazione non ebrea, ma sostanzialmente la maggioranza della popolazione vive in villaggi dove sono tutti ebrei: Cafarnao, Nazareth.
Gesù si spinge al confine, entra nel territorio della Decapoli, va dall'altro lato del lago, nel paese dei geraseni. Se volete prendere la geografia del lago siamo proprio sotto la città di Hyppos, la quale città, fra l'altro, non viene menzionata, ci dice semplicemente che si muove sul territorio dei geraseni. Dopodiché lì incontra un uomo che esce dalle tombe, dal cimitero con uno spirito immondo. Vive in un cimitero perché non poteva essere costretto, ecc. Questo è il racconto di Marco, perché poi vedremo anche in Matteo la situazione è un po' diversa. Ma ora sto parlando non tanto di Matteo, sto parlando di come questo testo è preservato. Matteo ne dà, vi dirò perché, una versione ridotta dell'episodio. Ma questo è Mc 5,1-20.
Secondo lo schema usuale lo spirito impuro quando vede Gesù dice: Che cosa hai a che fare con me, Gesù, figlio dell'Altissimo? Ricordatevi, gli spiriti maligni sanno chi è Gesù, perché sanno chi è il figlio dell'uomo, questo è il punto di vista del Vangelo. Quindi gli chiedono di non tormentarli. E Gesù dice: Esci da quest'uomo, tu, spirito impuro. E Gesù poi dice: Chi è il tuo nome? E la risposta è: Il mio nome è legione perché siamo molti. Dopodiché questo spirito viene tolto, viene fatto entrare nell'orda dei maiali i quali vanno poi nel lago, ecc.
La conclusione di questo evento è abbastanza complicata perché per ragioni che noi non capiamo bene, se non conoscendo quello che vi dirò, la gente è spaventata e prega Gesù di andarsene via il prima possibile. Diciamo, è una specie di veloce arrivo nel paese dei geraseni e una fuga immediata.
Cosa è successo? Prima di tutto: il mio nome è legione, noi non ci facciamo tanto caso, perché siamo molti. Legione è il nome dell'unità di base dell'esercito romano. Il problema qui non è tanto un esorcismo individuale. Gesù passa fuori dei confini del regno di Israele, perché lui vive in una terra, in un regno ebraico, passa nella Decapoli, dove invece è retta dalle genti. Chi trova? Lo spirito dominante che infesta la terra chi è? La legione romana. Guardate che letto da un punto di vista di un romano del tempo è un evento abbastanza offensivo, considerata la reputazione che l'esercito romano aveva.
In pratica il significato del testo è che Gesù trova che questa terra è infestata da uno spirito impuro, e questo spirito è la presenza romana. Dove simbolicamente Gesù esorcizza la terra liberandola dallo spirito impuro e quindi compiendo un atto che anticipa la fine dei tempi quando l'oppressione delle genti su Israele sarà tolta e Israele sarà di nuovo libero dall'oppressione delle genti. Perché, come vedete, questa non è una storia di Gesù che va a predicare ai gentili. Addirittura questa è una storia originalmente fortemente antigentile. Il senso della storia è che Gesù trova questa terra infestata e che quindi la libera da quella che è la presenza del [male].
Ricordatevi che per la tradizione apocalittica il male si esprime non soltanto attraverso la sofferenza individuale, la malattia individuale o il peccato individuale, ma anche attraverso l'oppressione dei potenti di questo mondo riguardo ai poveri, non soltanto nel mondo, ma anche in Israele. E si esprime anche attraverso l'oppressione dei regni della terra su Israele. Quindi l'avvento del regno di Dio prefigura il tempo in cui la redenzione dei poveri, la redenzione della terra di Israele, la redenzione dei peccatori sarà compiuta. Quindi è un atto dimostrativo compiuto da Gesù in un raid fugace nella terra dei gentili per dimostrare che è venuto il tempo in cui questa terra sarà liberata dall'essere infestata dal demone dei romani, essenzialmente.
Il riferimento più diretto è alla profezia di Zaccaria, 13,2, in cui si dice: In quel giorno, dice il Signore degli eserciti, io toglierò via i nomi degli idoli dalla terra così che non saranno più ricordati, e rimuoverò da quella terra i loro profeti e lo spirito impuro. Cioè alla fine dei tempi io rimuoverò l'idolatria e rimuoverò la presenza dello spirito impuro dalla terra. Quindi questa terra che è stata resa impura dalla presenza idolatra e dall'oppressione dei romani, quindi l'occupazione romana, verrà liberata. E quindi Gesù è venuto a proclamare la liberazione di Israele dall'oppressione romana, come conseguenza dell'instaurazione del regno di Dio. Perché il regno di Dio significa anche questo.
Dunque, togliamo questo episodio, perché questo episodio, purtroppo, non ci serve, non è un episodio che ci dice che Gesù va dall'altra parte con l'intenzione di annunciare il perdono di Dio. Tra l'altro la persona a cui viene tolto lo spirito non è un pagano, non è un gentile. È simbolicamente la terra, dalla quale viene rimossa la legione che la occupa.
Quindi gli episodi si riducono ora a due. Vediamo per sottrazione anche gli altri. Andiamo prima di tutto a vedere quello che è l'episodio della guarigione del servo del centurione. La guarigione del servo del centurione è raccontata in tre Vangeli: Matteo, Luca, che probabilmente la riprendono dalla fonte Q, cioè dalla fonte comune, e poi il Vangelo di Giovanni. Questo è uno dei pochi casi in cui abbiamo un episodio che è riportato non soltanto nei sinottici, ma anche nella tradizione giovannea. Il riferimento è a Mt 8,5-13, in Lc 7,1-10 e poi in Gv 4,46-54.
Cominciamo dalla versione di Matteo. Matteo dice che quando Gesù è entrato a Cafarnao un centurione venne a lui, lo chiamò e gli disse: Signore, il mio servo, o il mio figlio… Qui bisogna fare un pochino di questioni linguistiche. Il termine che indica servo o figlio sono lo stesso nella tradizione greca, quindi possono essere intercambiabili. Diciamo che è il servo. Signore il mio servo è a casa paralizzato e soffre terribilmente. E gli disse Gesù: Verrò e lo curerò. E il centurione rispose: Signore, io non sono degno che tu venga a casa, ma di' soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Perché anch'io sono un uomo di autorità e i soldati vengono a me. E io dico a uno: Vai, ed egli va, e dico a un altro: Vieni, ed egli viene, e dico al mio schiavo: Fa questo, e lo schiavo lo fa. Quando Gesù udì questo fu sbalordito, e disse a quelli che lo seguivano: Veramente vi dico, in nessun altro in Israele ho trovato una tale fede. E vi dico: Molti verranno dall'est e dall'ovest e mangeranno con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli. Mentre gli eredi del regno saranno gettati nelle tenebre dove piangeranno e soffriranno, digrigneranno i denti. E al centurione Gesù disse: Vai, e sia fatto secondo la tua fede. E il servitore fu guarito in quell'ora.
Allora, in Matteo voi avete un testo che chiaramente parla di un pagano, un centurione, parla di Gesù che è ben disposto a guarire il servo, persino a venire nella sua casa, e, terzo, Matteo ne fa il fondamento, questo molto significativamente, di quello che succederà. Cioè Gesù approfitta di questo evento per dire che succederà che dall'ovest e dall'est verranno e si uniranno alla casa di Israele.
Quindi qui abbiamo un bel testo che ci parla di Gesù che ha un rapporto positivo con i gentili. Il problema nasce quando si guardano le versioni o quando si esamina il testo più attentamente. Ci sono dei problemi grossi in questo testo.
Prima di tutto, che ci faceva un centurione a Cafarnao? Cafarnao ha una grossa, come si vede dal punto di vista archeologico, ha una grossa evoluzione dal periodo di Gesù al periodo di Matteo. Al periodo di Matteo Cafarnao è cresciuta, perché Cafarnao è diventato un luogo di rifugio di molte persone anche dalla Giudea che durante la guerra giudaica si sono trasferite in Galilea. È diventata una città importante, è il luogo dove risiedono soldati romani. Ricordatevi, Matteo scrive dopo la guerra giudaica, la Galilea è un accampamento, è il luogo dove i romani tengono le proprie guarnigioni. Quindi la presenza di un centurione romano nel periodo di Matteo ha perfettamente senso.
Il problema è che non ha alcun senso al tempo di Gesù, perché prima di tutto non ci sono truppe romane in Galilea al tempo di Gesù. Che il centurione romano avesse una villa a Cafarnao è una cosa praticamente impossibile: che ci va a fare un  centurione romano? Il centurione, certo, non starà a Cafarnao, starà a Sepphoris, starà a Cesarea, starà a Scythopolis. Dunque non sta certo in un villaggio, in un piccolo villaggio ebraico. Poi ci sono anche dei problemi molto pratici. In che lingua parlano? Il centurione romano parla con Gesù in greco? Non abbiamo molti esempi di Gesù che possa comunicare in greco così facilmente. E Gesù è così disponibile, tranquillo nel confrontarsi direttamente con il centurione, senza bisogno di interprete, addirittura volendo andare a casa sua? Molto strano.
Ricordatevi degli Atti degli Apostoli, quanti problemi ci sono per Pietro per entrare nella casa del centurione Cornelio. E fra l'altro in quell'occasione Pietro avrebbe potuto benissimo dire: ma non vi ricordate quello che Gesù ha fatto a Cafarnao quando l'ha incontrato il centurione, come lui disse subito che sarebbe entrato a casa sua? Invece di dover spiegare che ha ricevuto un sogno durante la notte, una rivelazione speciale che gli permetteva di entrare nella casa del centurione Cornelio. E la comunità è inizialmente così sconvolta che il racconto negli Atti degli Apostoli è ripetuto due volte. Una volta è il racconto di Pietro, la seconda volta è Pietro che si giustifica di fronte alla comunità che lo rimprovera e gli dice: Ma come? Sei andato a casa del centurione? E allora lui deve ripetere di nuovo il racconto. Poteva dire: Ma non vi ricordate di quello che è successo a suo tempo?
Vediamo Luca. Ricordate che Luca ha la stessa fonte di Matteo. Ma Luca vive nella diaspora, conosce meglio quali sono le relazioni fra ebrei e non ebrei nella diaspora. E si rende conto di alcune difficoltà della storia, e cambia i particolari della storia per renderla più verosimile. Secondo Luca, dunque, Gesù ha finito di parlare. Entrò a Cafarnao. Un centurione aveva uno schiavo che amava molto e che era malato, vicino a morire. Quando udì di Gesù, guardate qui la differenza, il centurione mandò alcuni anziani ebrei a parlare con lui. Gesù non parla direttamente. Fra l'altro ricordatevi di una cosa. Anche dal punto di vista dell'etichetta sociale un centurione non parlerebbe mai a un contadino. È anche una questione un po' di dignità, di status, una situazione dove la divisione  tra le classi sociali è molto netta.
Allora c'è il problema della lingua e c'è il problema dello status sociale. Luca ne è ben consapevole, e allora cosa fa? Dice che il centurione domandò ad alcuni anziani ebrei coi quali era in contatto di domandargli qualcosa. Questo arrivano a Gesù, e questi intercedettero per il centurione dicendo: Merita che tu lo aiuti, perché egli ama il nostro popolo, perché ha costruito la sinagoga per noi. Allora, ma lo vedremo meglio nella seconda parte della giornata, Luca trasforma il centurione in una persona che è già legata alla comunità ebraica e in un timorato di Dio. Vedremo poi chi sono questi timorati di Dio. Cioè in un gentile, in un non ebreo che però è già convertito alla fede monoteistica di Israele ed è già parte di una comunità giudaico ellenistica, cioè è già parte della religione di Israele come gentile. E questo lo vedremo ora subito stamani.
Noi pensiamo sempre che il cristianesimo sia la prima forma di giudaismo che si apre ai gentili. Scopriamo che i gentili erano parte della religione ebraica da molto tempo. La novità non è che i cristiani predicano ai gentili, c'erano gli ebrei che predicavano ai gentili, c'erano già gentili che erano parte della religione di Israele, c'erano già comunità ebraico-gentili, che sono queste comunità che si chiamano giudaico-ellenistiche.
Luca per rendere plausibile l'incontro dice che il centurione era un membro di una comunità giudaico-ellenistica, un timorato di Dio, una persona che credeva nel Dio di Israele, che aveva accettato il monoteismo e che era un benemerito della comunità e che addirittura aveva dato i soldi per la sinagoga. Cosa che noi sappiamo che avveniva nelle comunità giudaico-ellenistiche, dove noi abbiamo iscrizioni che esaltano il gentile, o addirittura donne gentili che hanno finanziato, la costruzione di sinagoghe ebraiche nella diaspora.
Gesù allora va da lui e quando non era lontano da casa il centurione mandò amici. Di nuovo, manda delle persone a lui dicendo: Non preoccuparti, non entrare, perché non sono degno che tu venga sotto la mia casa, perciò per questo non sono venuto io stesso, ma di' soltanto una parola e il mio servo sarà salvato. Perché io sono un uomo, ecc. Quando Gesù udì tutte queste cose fu sbalordito e disse alle folle intorno a lui: Vi dico nemmeno in Israele ho trovato una fede così grande. E quando il centurione tornò nella sua casa trovò che il suo schiavo era salvato.
Come vedete, Luca rende la storia più verosimile, però la colloca anche in un ambiente che non esisteva a Cafarnao, perché a Cafarnao, sì, oggi noi vediamo le rovine di una sinagoga giudaico-ellenistica, ma che non esisteva al tempo di Gesù. Quindi in qualche maniera gli Evangelisti trasferiscono nel racconto quella che è la loro esperienza di vita, ma che è diversa da quella che era la situazione al tempo di Gesù.
I problemi si complicano ancora di più quando voi leggete il Vangelo di Giovanni, Gv 4,46-54. Si dice che Gesù venne a Cana in Galilea dove aveva cambiato l'acqua in vino. E si dice che ora lì c'era un ufficiale regio, un funzionario regio, il cui figlio era malato a Cafarnao. Quando lui udì che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea venne e lo pregò di venire e di guarire il suo figlio, perché era sul punto di morte. E Gesù disse: A meno che voi non vedete segni e miracoli voi non credete. L'ufficiale disse a lui: Signore, vieni prima che il mio bambino muoia. E Gesù disse a lui: Va, e il tuo figlio vivrà. L'uomo credette nella parola che Gesù aveva detto e tornò a casa. Mentre stava andando a casa i suoi schiavi lo incontrarono e gli dissero che il suo figlio era vivo. E il padre si rese conto che quello era stato esattamente il momento in cui Gesù gli aveva detto: Tuo figlio vivrà. E così credette con tutta la sua casa. E questo è il secondo segno che Gesù fece venendo dalla Giudea in Galilea.
Dunque, questo è uno di quei casi in cui dal punto di vista storico la lezione di Giovanni sembra essere più vicina alla narrazione originale. Si parla di un ufficiale e del suo figlio. Naturalmente l'ufficiale, siamo al tempo di Gesù, l'ufficiale, funzionario regio, non è un pagano, è un gentile. È un funzionario di re Erode Antipa. Quindi è un ebreo. Il quale chiede a Gesù la guarigione, implora Gesù della guarigione del suo figlio, la quale gli viene accordata secondo quelle modalità che poi nella storia successiva vengono applicate al centurione.
Cosa è successo allora? È successo allora che questa storia che originariamente era una storia che riguardava la guarigione del figlio di un funzionario ebreo fu poi utilizzata da Matteo e Luca, che erano alla disperata ricerca di un evento che potesse in qualche maniera legare Gesù ai gentili. Anche perché secondo la loro esperienza il funzionario regio del loro tempo era un ufficiale romano, non  era più un ebreo funzionario di re Erode Antipa.
Quindi la guarigione del figlio del centurione, del servo del centurione è secondaria rispetto alla tradizione, è una interpretazione del testo, di un miracolo, di un evento che è avvenuto e che riguardava originariamente Gesù e un ebreo. Non è una storia che riguarda Gesù e i gentili. Soltanto secondariamente viene trasformata in un evento che riguarda Gesù e i gentili.
Vi avevo detto che ci sono tre eventi. Ora siamo a meno 2. Rimane uno. Ne rimane uno che è ugualmente problematico, ma forse più corrispondente all'esperienza di Gesù, che è l'episodio della donna cananaica. Episodio famoso. È riportato in Marco e Matteo, non viene riportato in Luca o in Giovanni, anche perché per Luca è un evento che crea troppi problemi, perché Gesù non ha una reazione molto positiva, all'inizio, nei confronti di questa donna.
Ricordate la storia. Gesù va nella regione di Tiro, quindi si spinge, di nuovo, al confine con la terra gentile, entra in una casa e non voleva che nessuno sapesse che fosse là. Ma la notizia si diffonde. E tra le persone che vengono, si presume che le persone che venivano fossero ebrei, viene una donna la cui bambina era affetta da uno spirito impuro. E si prostrò ai suoi piedi. Ora, la donna era gentile. Questo caso qui viene detto esplicitamente, verrà ripetuto anche in Matteo, che era gentile, di origine sirofenicia.  E la donna pregò Gesù di rimuovere il demonio dalla figlia. E Gesù risponde in una maniera che non è molto gentile, però che corrisponde esattamente a quello che Matteo dice: Lascia che i figli siano sfamati prima, perché non è giusto prendere il cibo destinato ai figli e gettarlo ai cani.
Non è una risposta molto gentile, perché si ribadisce che questo cibo, questo dono, che poi si riferisce sempre alla guarigione dall'effetto del peccato - vi ricordate, è la stessa cosa dal punto di vista dei testi evangelici - che questo dono di misericordia è riservato ai figli. E quindi non deve essere gettato ai cani. E qui c'è questo termine, cane, che viene rivolto ai gentili, che non è molto bello. Qualche volta si cerca di addolcirlo traducendo cagnolini, come quasi che Gesù si rivolga in maniera affettuosa. Qui è un termine molto duro, perché si contrappone a figli. La donna non si lascia scuotere da questo, e dice: Signore, sì, ma anche i cani sotto la tavola mangiano delle briciole del cibo destinato ai figli. E Gesù disse allora: Per aver detto questo tu puoi andare, il demone ha lasciato la tua figlia. Così ella andò a casa e trovò la figlia che giaceva sul letto e il demone era andato via. Cioè la figlia era guarita.
Ricordatevi che tutte le malattie vengono attribuite alla presenza di un demone. Il fatto che la figlia fosse agonizzante, o fosse in una situazione di agonia, e poi invece si risveglia da questa situazione riprendendo il controllo di sé, ecco, è, dal punto di vista dello scrittore, la manifestazione che il demone della febbre ha lasciato, e quindi il delirio ha lasciato la bambina, e la bambina ha ripreso possesso delle sue capacità, non è più in delirio. Voi avete [presente], una persona con la febbre molto alta parla a vanvera, quindi sembra più che sia posseduta da qualche forza interna che la scuote, che la tormenta.
Dunque, questo testo è un altro di quei testi che ha molte probabilità di essere "autentico", perlomeno molto vicino. La tradizione non ha interessi a preservarlo o a crearlo, tanto che Luca lo rimuoverà del tutto. Perché Luca, che parla a una comunità nella quale i gentili sono una comunità giudaico-ellenistica, cristiano-ellenistica, nella quale i gentili sono la maggioranza, preferisce togliere questa storia, che è una storia che poteva suonare offensiva al lettore. E quindi non affronta il discorso.
Ovviamente qual è il punto? Gesù da un lato ribadisce il dono: Io non sono venuto che per le pecore perdute della casa di Israele. Quindi, diciamo, questo testo conferma il fatto che per Gesù la sua missione è essenzialmente una missione per la casa di Israele. Però viene presentato come una eccezione che conferma la regola. Questa donna ha una forza d'animo, una fede tale che riesce a imporre, a superare anche le remore, fra l'altro anche con una risposta molto intelligente: sì, sarò anche un cane, però persino i cani mangiano, godono… Ovviamente i cani che mangiano le briciole del banchetto non denotano una situazione di parità, diciamo così, e anche denotano una situazione di eccezionalità.
Però, diciamo, questo passo rimane molto importante perché probabilmente è uno di quei passi, poi, che permettono alla tradizione cristiana di poter sviluppare un discorso e di allargare il discorso del dono del perdono dei peccati dai peccatori di Israele ai peccatori, o ai malati, tra i gentili.
Io mi fermerei qui per l'intervallo, perché mi pare… Ora non ho parlato esplicitamente di Matteo, ho parlato di quello che noi possiamo sapere dal punto di vista del Gesù storico. E la conclusione è che nella esperienza del Gesù storico noi non abbiamo, i primi cristiani non avevano episodi che mettessero Gesù in relazione con i gentili, se non questo episodio, che è estremamente problematico, della donna sirofenicia. Che sia problematico lo vedete subito. Vi ho detto prima, Luca lo elimina. La Didachè, che è scritta anch'essa alla fine del I secolo, anche questa lo elimina, cioè ne fa riferimento, ma la Didachè dice: Non permettete a nessuno di mangiare o bere l'Eucarestia, eccetto per quelli che sono stati battezzati nel nome del Signore. Perché il Signore ha parlato di questo dicendo: Non date le cose sante ai cani.
Dunque, voi vedete, la Didachè cosa fa? Riprende la parola di Gesù, si riferisce evidentemente a questo episodio, non date le cose sante ai cani, non si devono dare le cose sante ai cani. Però non parla più della distinzione fra ebrei e gentili, parla del fatto che all'Eucarestia sono ammesse soltanto le persone battezzate. Quindi crea un altro tipo di divisione, non più ebrei e gentili, ma crea una divisione battezzati-non battezzati, relativa comunque alla sola Eucarestia. Non sta parlando della salvezza, non sta parlando del perdono dei peccati, sta parlando del banchetto eucaristico, che deve essere riservato soltanto a coloro che hanno ricevuto il battesimo.
Voi sapete che nella tradizione cristiana addirittura chi non era battezzato non poteva entrare nell'area riservata al banchetto eucaristico, mentre la predicazione era aperta a tutti. Anche nelle chiese antiche - non so se avete visto, siete stati a S. Ambrogio a Milano. La chiesa ha un grandissimo atrio che è altrettanto grande, se non più grande della chiesa stessa. Perché è nell'atrio che la predicazione viene fatta a coloro che sono battezzati e a coloro che non sono battezzati, a coloro che si preparano al battesimo e anche ai curiosi che vogliono ascoltare il messaggio.
Dopodiché il battistero è costruito al centro, al passaggio tra la corte esterna e la chiesa interna. Perché si può entrare dentro soltanto attraverso il battesimo. Quindi nel momento in cui si finiva la predicazione le persone che non erano battezzate erano lasciate libere, la cerimonia era finita per loro, erano lasciate libere nell'atrio, mentre le persone battezzate entravano nel presbiterio, anche perché l'Eucarestia, il banchetto eucaristico era percepito come un banchetto di comunione con gli angeli nel cielo, un momento in cui si viveva il banchetto celeste. Quindi soltanto le persone battezzate erano ammesse a questo momento.
Ma come vedete, la Didachè già alla fine del I secolo trasferisce questo episodio, questo detto di Gesù che le cose sante non devono essere date ai cani a una serie di problemi che non hanno nulla a che vedere con il contesto originale in cui queste parole sono state pronunciate. Perché nel contesto originale dell'episodio della sirofenicia, della donna sirofenicia, il problema era se il dono del perdono dei peccati e di guarigione era riservato soltanto ai figli o poteva essere inteso anche al di fuori dei peccatori della casa di Israele. E la risposta era: non è esteso, però, in questa situazione, questa donna ha mostrato…, come eccezione è dato.
Ma voi vedete che anche l'episodio della Didachè è testimone della difficoltà, poi, della comunità cristiana, ad avere i conti con questa parola di Gesù, se non omettendola o trasferendola ad una situazione completamente diversa, in cui viene meno il significato originale.
Comunque tenete presente questi elementi, poi, questi elementi del battesimo, del banchetto eucaristico riservato soltanto ai battezzati, ecc., e la domanda di fondo. Perché in fondo questo testo di Gesù suscita nei discepoli di Gesù la domanda di nuovo: se e in che misura il dono, la missione del figlio dell'uomo sia o meno estesa o estendibile nei confronti dei non ebrei. La posizione del Gesù storico, di fatto, è che Gesù si limita a predicare ai peccatori della casa di Israele, con l'unica possibile eccezione di questo episodio, che però conferma la regola, di una eccezione che è limitata a una situazione particolare.


 
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